CI RIVEDREMO A FILIPPI! È una delle tante espressioni che abbiamo usato ma che si sta perdendo.
Si tratta di una minaccia che allude, in tono serio o anche scherzoso, a una futura resa dei conti o anche a una vendetta. Ci arriva dalla storia romana e da uno scrittore greco, Plutarco. Costui racconta che Bruto, l’assassino di Giulio Cesare, ossessionato dai sensi di colpa per il delitto commesso, una notte ebbe un incubo. Vide in sogno una sorta di fantasma che gli ripeteva “CI RIVEDREMO A FILIPPI!”.
Il significato della minaccia gli fu chiaro quando, due anni dopo l’uccisione di Cesare, Bruto, in fuga da Roma e dall’Italia, si trovò a combattere, con le truppe rimastegli fedeli, contro l’esercito romano, guidato da Antonio e Ottaviano, proprio a Filippi, città della Macedonia. Bruto, sconfitto, si uccise. La vicenda venne ripresa, molti secoli dopo da William Shakespeare nella tragedia Giulio Cesare. Il drammaturgo inglese, al contrario di Plutarco che aveva lasciato senza nome il fantasma-incubo di Bruto, lo identifica proprio nello stesso Giulio Cesare, mosso da spirito di vendetta nei confronti di chi lo aveva tradito e ucciso. Shakespeare nel suo dramma lo fa apparire in sogno la notte prima della battaglia finale: “CI RIVEDREMO A FILIPPI!”. “E là ti rivedrò!” fu la risposta di Bruto.