Recensione a cura di Ivana Tomasetti
Finita la lettura resta una specie di “scuotimento”, dentro di noi è vissuta un’altra persona; le sue passioni, le sue manchevolezze, la sua determinazione ci hanno accompagnato al di sopra di noi stessi mentre viviamo la nostra tranquilla esperienza quotidiana. Questo romanzo arriva da un amore per la musica oltre a quello per la scrittura. Possiamo comprenderlo dalla copertina, ancora prima di leggere. Emblematica la frase che si trova in fondo al libro, come se il termine delle cose arrivasse a completare la loro bellezza prima di dirci addio.
“Ho pensato di scrivere L’orfana di Venezia perché l’origine di alcuni dei brani musicali più famosi al mondo è diversa da quella che conosciamo, ed è legata a centinaia di donne dimenticate. Mi auguro che il romanzo vi incoraggi a chiedervi: che altro ci sarà da scoprire? Quali geni sono tuttora incompresi? La storia continua a stimolare l’immaginazione. Continua a esser scritta.”
Una storia di donne, dimenticate e lasciate in secondo piano dalla storia, scritta da uomini. La protagonista è realmente vissuta e la sua vita è stata ricostruita anche in altre opere letterarie. Il romanzo è un riscatto, il desiderio di essere ricordata. L’orfana è meno tale di quello che si crede, piena di capacità e forza, al limite dell’impossibile. Chi non vorrebbe essere come lei? Nella sua lotta verso il riconoscimento delle sue capacità, sbaraglia le avversarie perché è la più brava, quella che salta i pasti pur di fare pratica; queste sue scelte però la lasceranno sola. Si può vivere senza un’amicizia, senza un amore? Di questo si accorge tardi, ma sarà ancora in tempo, perché qualcuno l’aiuterà.
La storia si dipana nel suo sviluppo logico passando dai vari personaggi che comprendono, oltre alla protagonista, anche il maestro (Vivaldi) dal difficile carattere, che non ammette di essere surclassato dall’allieva, le compagne dell’Ospedale della Pietà, come Agata, dalla fine tragica, Paulina, Chiara. Ognuna con il proprio destino davanti, accomunate dall’amore per la musica e per la facilità con cui l’apprendono. Lo sfavillio dei concerti, il loro sacrificio per le prove assillanti e l’aspirazione alla perfezione ne fanno lavoratrici che nascondono le loro fatiche come quando, schiacciato un dito tra la porta, Anna Maria sopporta il dolore lancinante pur di partecipare al concerto. Il violino è il suo strumento, ma sa suonare anche strumenti a fiato. Di lei sappiamo una cosa particolare che può dirsi a ragione un escamotage dell’autrice. Come descrivere la musica sulle pagine di un romanzo, scritto di parole? Anna Maria “vede” i colori della melodia, le note sono rosee, gialle, guizzano nella sua mente come nuvole a sfumature di colore. Per questo meraviglia tutti perché non ha bisogno di spartito, ricorda il pezzo come se lo vedesse scritto. In tal modo anche il lettore riesce a entrare nei dettagli delle armonie e del ritmo, quelli che la musicista vive attraverso i sensi.
«Suona un brano dolce, scaturito dal profondo, dove tutto è morbido e ovattato. Un fluire di sfumature color miele e oro, frammiste a nero, grigio e bianco smagliante, luminoso. Ed è questa la nota che tiene. La tiene a lungo, sempre più a lungo, finché il braccio glielo permette, finché non le cade l’arco, finché il respiro non si muta in singulto, in un pianto sconnesso».
La trama non manca di colpi di scena e viaggia con un ritmo suo proprio rendendo intrigante la lettura. Anche il rapporto con il maestro, nonostante la differenza di età, lascia intendere speciali “non-detti” che stuzzicano la curiosità del lettore e mantengono alta l’attenzione. Ogni personaggio ha la sua funzione precisa dentro un quadro corale che descrive il destino della donna nella Venezia di fine Seicento, conosciamo la via per il riscatto delle piccole orfane: strumenti, non solo musicali, nelle mani di un maestro che ha necessità della loro bravura per ottenere il successo personale. Le autorità si pavoneggiano all’ascolto dei concerti che rendono Venezia una città da ammirare. Le piccole figlie del coro della Pietà restano schiacciate da questo meccanismo più grande e forte e alla fine, con il crollo delle illusioni, soccombono, ritrovando il loro destino di femmine in un mondo maschile. Di sfondo l’affascinante e nebbiosa Venezia dei canali e delle gondole, dei dipinti del Canaletto e del passaggio di Casanova e di Tartini, ma anche circondata da quell’acqua limacciosa dove i neonati indesiderati vengono gettati ad annegare.
Conosciamo la scala a bovolo dove le ragazze fanno su e giù dentro l’orfanotrofio, il refettorio, le camere e … il tetto dove le musiciste si trovano a sognare, come sorelle. Ecco l’affetto tra le amiche che possiedono solo loro stesse e che restano unite, sarà questo legame che la vita spezzerà in modi diversi. Conosciamo l’interiorità di Anna Maria, tra egoismo, invidie, determinazione e se non sempre possiamo condividerne le scelte non possiamo che giustificarle e stare dalla parte di Anna Maria, rivestendola della nostra empatia.
«Il compositore è un traduttore, dà alle persone accesso a ciò che non possono esprimere, a ciò che forse neanche conoscono. È un ponte tra il suono e l’emozione, tra gli esseri umani e Dio.»
La narrazione si avvale di uno stile scorrevole e di frasi incisive, talora singultanti, che spesso fanno scorrere velocemente i fatti narrati. L’uso del tempo presente e della terza persona rendono più vive le situazioni, con emozionante immediatezza. Per converso qualche descrizione, specie nella prima parte, risulta lenta.
La novità del romanzo sta proprio nella storia di queste musiciste orfane di cui pochi conoscono l’esistenza e che il grande musicista ha sfruttato a proprio conto. Probabilmente non nei termini descritti dal racconto però, un fondo di verità c’è senz’altro: una storia che ogni donna dovrebbe leggere e fare propria, seguendo un filo che porta a riflettere e che ha agganci con il mondo contemporaneo.
Harriet Constable, giornalista, scrittrice, documentarista inglese, vive a Londra; questo è il suo romanzo di esordio. Suona il flauto e il pianoforte.
PRO
L’argomento che fa emergere storie nascoste di donne; una scrittura fluida e la descrizione dei suoni attraverso i colori.
CONTRO
Qualche descrizione ridondante che rende lenta la narrazione.
Trama
La storia dimenticata di Anna Maria della Pietà, la più grande virtuosa del suo tempo, l’allieva di Vivaldi che incantava col suo violino, un emozionante viaggio nella Venezia del ‘700.
Venezia, 1700. una musica dolce e lieve si diffonde tra le calli. qualcuno suona un violino con grazia e maestria… è da un po’ che Antonio Vivaldi, il prete rosso, insegna presso l’ospedale della pietà, uno dei grandi orfanotrofi femminili della città, dove bambine e ragazze senza famiglia vengono istradate alla musica. una su tutte dimostra un talento straordinario: Anna Maria della Pietà. l’archetto, tra le sue mani, si muove con un virtuosismo che incanta il maestro stesso. Ma Anna Maria sa che non basta il talento: la storia la scrivono gli uomini, e della sua musica, dello straordinario e non facile rapporto che si creò tra il grande Vivaldi e l’allieva fin troppo brillante, dall’ambizione divorante di una donna fuori dal comune, non è rimasta traccia; così come dello straordinario retroscena della nascita delle quattro stagioni. questo romanzo ricostruisce per la prima volta l’intera vicenda, restituendo ad Anna Maria il suo posto nella storia della musica.