Natale per molti è la festa più bella e sentita dell’anno ed un dolce che non può mancare sulle nostre tavole addobbate a festa è il panettone. Noi di TSD come sempre siamo curiosi e ci piace conoscere le sue origini che si mescolano tra storia e leggenda.
LA STORIA
La vera origine del panettone la possiamo ricercare già nel Medioevo, quando era usanza celebrare il Natale con un pane più ricco di quello quotidiano. Un pane arricchito con miele, uva secca e zucca.
Un primo documento che ci fa pensare al panettone è di Giorgio Valagussa, precettore degli Sforza del 1470 che ci racconta il “rito del ciocco “. In ogni casa la sera di Natale si metteva un grosso ciocco ad ardere nel camino e venivano portati in tavola tre grandi pani, ogni componente della famiglia mangiava una fetta di pane di frumento offerta dal capofamiglia che ne conservava un pezzo per l’anno successivo in segno di buon auspicio. il panettone simboleggiava la ricchezza e l’abbondanza per questo era associato al Natale.
Quel pane era qualcosa di speciale soprattutto per i più poveri, la farina di frumento era un ingrediente pregiato che veniva vietato al popolo durante il resto dell’anno e che poteva essere usato solo dai ricchi. Soltanto nella sera della Vigilia di Natale era concesso a tutti un pezzo di quel pane dolce, chiamato “Pan de Sciori” o “Pan de Ton”, ossia “pane dei signori”, “pane di lusso”, che oltre alla farina di frumento aveva miele, uova e burro.
La prima ricetta ufficiale del panettone risale al 1549 quando un cuoco di Ferrara Cristoforo da Messisbugo scrive in un libro di cucina gli ingredienti di un pane dolce tipico delle zone del Milanese fatto di farina, burro, zucchero, uova, latte e acqua di rose sottolineando l’importanza della buona lievitazione e della forma tonda, mancano i canditi e l’uvetta che troveremo nel 1599 nella lista della spesa per un pranzo natalizio di un registro del Collegio Borromeo di Pavia per preparare “13 pani grossi”.
Dai documenti ufficiali, Francesco Cherubini, nel suo celebre Vocabolario milanese-italiano stampato fra il 1839 e il 1856, riporta “Panaton o Panatton de Natal” e viene descritto come una specie di pane di frumento addobbato con burro, uova, zucchero e uva passerina o sultana preparato per il giorno di Natale. Mentre nel 1853, Giovanni Felice Luraschi introduce il lievito nell’impasto del dolce. Nel 1854, Giovanni Vialardi, cuoco dei regnanti sabaudi, aggiunge i canditi alla ricetta dando origine al panettone moderno.
LE LEGGENDE
La prima leggenda è la più conosciuta, narra che per il grande cenone di Natale organizzato da Ludovico il Moro, l’aiutante cuoco Toni bruciò il dolce che doveva servire come dessert, disperato e dovendo trovare una soluzione prese un panetto di lievito messo da parte per sé, lo impastò aggiungendo tutti gli ingredienti che aveva a disposizione e ne scaturì un dolce buonissimo. Ludovico Sforza decise allora di chiamarlo “Pan di Toni” facendolo diventare il dolce ufficiale del banchetto Natalizio.
Un’altra versione della leggenda narra che lo sguattero di corte fece bruciare il dolce finale contenente uva, burro e uova, ma il cuoco Toni fece servire ugualmente il pane dolce, giustificando la crosta come una particolarità.
Un’altra leggenda racconta che, sempre alla corte degli Sforza, Ughetto degli Atellani, falconiere del duca, si innamorò, corrisposto, di Adalgisa, figlia del panettiere Toni ma i due innamorati furono ostacolati per la differenza sociale. Per trascorrere più tempo con l’amata senza farsi riconoscere, si fece assumere da Toni come garzone. Quando capì che la situazione economica del panettiere era difficile, inventò un dolce che fu realizzato di notte aggiungendo all’impasto del pane degli ingredienti che aveva comprato vendendo dei falchi del duca: zucchero, burro, uova, cedro e uva passa. Il pane speciale che ne verrà fuori diventerà il “Pane di Toni” e sarà così famoso che Ughetto verrà perdonato dal duca per il furto dei falchi e il padre acconsentirà alle nozze con la sua amata.
La terza leggenda vede suor Ughetta, cuoca in un convento poverissimo, mettere insieme pochi ingredienti per creare un dolce che dia sollievo alle consorelle in occasione del Natale. Uova, canditi, uvetta e zucchero si uniscono all’impasto del pane. Prima di infornarlo vi incide sopra una croce benedicendolo. Il risultato è un dolce così buono e bello che i milanesi, per poterne avere un po’, accorreranno al convento facendo generose offerte che risolleveranno le sorti del convento.
CURIOSITÀ
Nelle zone del milanese esistono ancora molte usanze curiose legate al panettone, una di quelle più conosciute è quella di San Biagio. Per seguire questa usanza viene messo da parte una porzione del panettone mangiato a Natale e si tiene fino al 3 febbraio, giorno di San Biagio. Quel giorno il panettone deve essere consumato insieme alla propria famiglia a digiuno. Tutto ciò è un buon augurio contro i mal di gola e i malanni della gola. Ancora oggi i cosiddetti panettoni di San Biagio vengono venduti nei negozi a febbraio e non sono nient’altro che quelli rimasti invenduti a Natale.
Il pandoro è sicuramente più giovane del panettone, infatti nasce il 14 ottobre 1894, quando il pasticciere Domenico Melegatti presentò il brevetto di un dolce natalizio al Ministero di Agricoltura e Commercio del Regno d’Italia.
La ricetta del Pandoro nasce a Verona dove, già prima del brevetto, veniva preparato un dolce natalizio dalla forma a stella a otto punte.