Narrativa recensioni

Il compratore di anime morte – Stefano D’Arrigo

Recensione a cura di Roberto Orsi

“Scusate Eccellenza, perché vi interessa sapere quante anime mi sono morte dopo l’ultimo censimento?”

È questo il pensiero fisso e la domanda che più spesso viene posta al protagonista di questo romanzo, dai tanti personaggi che ne incrociano la strada. Un compratore di anime morte, di nomi, messi in una lista, nero su bianco, su carta bollata.

“Il compratore di anime morte” di Stefano D’Arrigo (1919-1992) è la riscrittura e rivisitazione de “Le anime morte” di Nikolaj Gogol’. Siriana Sgavicchia si è occupata di questa nuova edizione del gennaio 2024 per i tipi di Rizzoli. Un libro che colpisce fin dalla copertina pregna di immagini particolari, senza senso o nesso logico, in una visione onirica dell’essere umano e dell’umanità stessa.

Ma partiamo dal principio.

Cirillo Docore è un giovane, abbandonato fin dalla tenera età, nella cosiddetta ruota degli esposti dell’Ospizio dei trovatelli della Nunziata, nel cuore della città di Napoli. Il romanzo si apre all’alba del 24 dicembre 1859. Napoli, così come tutto il su della penisola, è sotto il dominio della dinastia borbonica. Dopo Ferdinando II sul trono siede Francesco II l’ultimo Re del Regno delle Due Sicilie salito al trono solo pochi mesi prima dell’inizio di questa avventura.

Cirillo è un trovatello “inadottato”, mai scelto da alcuna famiglia giunta all’Ospizio per adottare un figlio. Porta ormai i baffi, si è fatto grande, eppure ancora anela ad avere una vera famiglia in cui trovare e ricambiare l’amore che non è mai riuscito ad avere e donare.

“Cirillo Docore, s’è già capito, spasima per questa “cosa” che lui ignora e che il destino gli ha negato: la famiglia. Spasima per un padre, per una madre, dei fratelli, dei cugini, per una famiglia e per la parentela della famiglia. Spasima, anche per una moglie, per dei figli. Così in un Reame, come quello borbonico dove una famiglia è già di troppo, Cirillo se ne muore per avere due famiglie: quella di suo padre e la sua.”

Data la sua età Cirillo assume il compito di assistente archivista all’Istituto della Real Beneficenza: nato come un organo di amministrazione dei possedimenti donati da generosi benefattori all’Albergo dei Povero o all’Ospizio dei Trovatelli della Nunziata, in seguito divenne un vero e proprio istituto di Credito Fondiario con concessione di prestiti e ipoteche su proprietà fondiarie. Qualcosa di corrotto e facilmente influenzabile dai venti politici e le convenienze di facciata, manipolato dai potenti di turno del governo.

Lavorando alla trascrizione di alcuni contratti stipulati presso l’Istituto della Real Beneficenza, Cirillo scopre che il governo è pronto a versare somme importanti ai proprietari terrieri in difficoltà e pieni di debiti, per i terreni di loro proprietà e per ogni bracciante e contadino registrato in vita alla data dell’ultimo censimento, fosse questo anche vecchio di alcuni anni. Ciò significa che spesso vengono elargite somme di denaro per persone che in realtà sono già decedute, sono “anime morte”, appunto. Cirillo è un ragazzo sveglio e capace di intuire in pochissimo tempo una possibilità molto allettante per le sue finanze.

La Vigilia di Natale, inoltre, porta a Cirillo una grandissima novità: considerato un “figlio della Madonna” perché abbandonato a indicibili sofferenze all’Ospizio dei Trovatelli, al ragazzo viene attribuita da tutti la capacità di suggerire i numeri vincenti per l’estrazione del Lotto. Anche in questo caso, ricorrendo a una furbesca astuzia, Cirillo viene adottato dal Principe Dellotto, così chiamato per la sua insana passione verso il gioco d’azzardo che lo ha ridotto sul lastrico, il quale vede nel trovatello la sua gallina dalle uova d’oro. La condizione sociale di Cirillo cambia nel giro di pochi giorni: si trasforma in un solo colpo nel Principe di Margellina.

Così, tornando alla sua idea legata alle anime morte, Docore si avvia in un viaggio avventuroso in Sicilia, per mettere a compimento il suo diabolico piano e cambiare definitivamente vita, arricchirsi e vivere da vero Principe.

“Cirillo evitò accuratamente di parlare di sé, dicendo che gli sembrava una bestemmia parlare di sé dinanzi a tutti illustri uomini di merito, mentre lui che era? Un povero Principe, ultimo rampollo di una grande famiglia andata in rovina: un povero Principe senza principato, sventurato, infelice, che aveva avuto l’idea di spendere gli ultimi scudi che gli restavano viaggiando per il bel Reame in cerca di un luogo dove trovare pace e qualche amico.”

L’avventura di Cirillo, raccontata da D’Arrigo in questo romanzo inedito, assume i contorni ben definiti di una piece teatrale o cinematografica. Siriana Sgavicchia ha regalato ai lettori la trascrizione di un dattiloscritto, con correzioni autografe a margine, conservato presso l’Archivio Bonsanti di Firenze. Come spiega la stessa Sgavicchia nella interessantissima postfazione al termine del romanzo, sul romanzo “Il compratore di anime morte” aleggia anche una patina di mistero, non essendo mai stato pubblicato e non avendo la certezza di una data di prima scrittura da parte dell’autore.

Il testo sembra essere un adattamento teatrale del racconto originale di Gogol’. L’assenza della divisione in capitoli, la scrittura lineare e senza interruzioni se non tra una scena e l’altra, i dialoghi preponderanti rispetto alle scene di movimento e azione, gli incisivi e particolari passaggi satirici, sono elementi che contraddistinguono questo tipo di narrazione che sembra risalire, grazie agli indizi letterari raccolti, all’immediato secondo dopoguerra. Un testo rimasto poi sepolto nei cassetti dello scrittore e probabilmente riproposto ma mai pubblicato, dopo il più famoso “Horcynus Ocra” del 1975.

“Le condizioni dell’agricoltura e dei proprietari terrieri erano pessime sotto Ferdinando II, sotto suo figlio sono diventate insostenibili, e preludono allo sfacelo e alla rovina del Regno. Di tali condizioni la Real Beneficenza è lo specchio fedele, perché essa di quello sfacelo e di quella rovina ha fatto la sua potenza e la sua ricchezza.”

“Il compratore di anime morte” è una novella risorgimentale in cui gli spunti di interesse sono molteplici. Il riscatto sociale di un personaggio sfortunato che grazie al suo ingegno e la sua intraprendenza ha la forza di cambiare vita, o almeno provarci. La condizione del sud della penisola durante il Regno Borbonico giunto ormai in quella fase calante che lo vedrà soccombere di lì a poco con la discesa dei Mille di Garibaldi e la successiva Unità d’Italia. Le rivolte dei picciotti, dei contadini, degli “scaldati”, contro un ordine costituito che ormai è inviso al popolo e la conseguente caduta rovina della nobiltà e degli ideali che l’hanno rappresentata per secoli.

D’Arrigo, all’indomani della caduta del fascismo e della proclamazione della Repubblica, ambienta la sua Storia in quel Risorgimento che sembra avvicinare la condizione siciliana e del sud Italia, pur essendo passati più di ottant’anni. Una sorta di denuncia sociale, una similitudine sulle condizioni di vita e di governo che sembrano non essere cambiati troppo quasi a un secolo di distanza.

Un romanzo picaresco in cui il protagonista Cirillo è un ragazzo intraprendente e senza scrupolo, una furba canaglia, che non esita a ricorrere all’inganno per i propri scopi. Una narrazione che dona un intrattenimento meraviglioso ai lettori subito immersi, quasi senza accorgersene, in un’avventura che racchiude il fascino del Don Chisciotte, le atmosfere de “I Vicerè” di De Roberto, la sagacia del “Conte di Montecristo” e la pragmaticità della letteratura russa impreziosita dalla tradizione italiana.

Pro

Un racconto d’altri tempi che sa trasformarsi da romanzo d’avventura a romanzo di denuncia. Tantissimi spunti di intrattenimento come di approfondimento storico. La riscoperta di un romanzo inedito che può essere facilmente adattabile a una rappresentazione teatrale o cinematografica

Contro

Nulla da segnalare  

Trama

Rimasto nascosto finora tra le carte del Gabinetto Vieusseux di Firenze, Il compratore di anime morte di Stefano D’Arrigo è un viaggio inedito e spassoso tra la Napoli e la Sicilia di metà Ottocento, che mescola i toni della commedia e del romanzo picaresco. È la storia di Cirillo, orfano della Madonna, che superati i trent’anni di età non ha ancora perso la speranza di farsi finalmente adottare. La sua esistenza ordinaria di scrivano per il Regno delle Due Sicilie si ribalta una mattina per uno scherzo di rione, quando di bocca in bocca passa la notizia che il ragazzo nel sonno indovina i numeri buoni del lotto. Il principe Don Ettorino di Margellina, che ai botteghini si è giocato il palazzo e la fortuna di famiglia, decide di prenderlo come figlio seduta stante. Cirillo non si tira indietro, e ha un’intuizione geniale per risollevare le finanze della nuova famiglia. Intende vendere allo Stato le terre e le “anime” che ci lavorano, perché approfittando di una legge mal scritta i morti possono fruttare esattamente quanto i vivi. Con questo piano si imbarca verso la Sicilia dove, a pochi giorni dall’arrivo di Garibaldi, trova ad attenderlo, oltre a molte anime morte da vendere a peso d’oro al Re, anche un inaspettato amore. Ispirandosi a Le anime morte di Nikolaj Gogol’, Stefano D’Arrigo ci consegna una preziosa opera postuma in cui brillano tutta la vena satirica e la ricchezza linguistica che lo hanno reso un grande autore del Novecento.

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