Recensione a cura di Sabrina Poggi
Alternando un capitolo ambientato ai nostri tempi e uno ambientato nel XVI secolo, il romanzo dà voce a personaggi femminili, apparentemente lontanissimi, ma le cui vicende finiscono per incontrarsi e intrecciarsi.
Britta, geografa che ha abbandonato la carriera universitaria per dedicarsi alla famiglia, si è da poco trasferita in una bella casa con giardino alla periferia di Amburgo, in una zona caratterizzata dalla presenza di canali. Tutto sembra perfetto, ma presto inizia a rendersi conto che il sogno appena coronato è in realtà quello di suo marito, mentre lei non riesce ad ambientarsi nel quartiere e nemmeno nella propria casa, che trova fredda e inospitale. Si sente inoltre sopraffatta dalle incombenze quotidiane, con il marito sempre assente e concentrato solo sul lavoro e i figli preadolescenti che le danno filo da torcere.
L’unica attività che sembra darle pace sono le passeggiate lungo l’argine, immersa nella natura ancora selvaggia pur se a breve distanza dalla città.
“C’erano dei luoghi e dei paesaggi che le suscitavano così tante domande da spingerla a raccogliere informazioni in modo maniacale, prendendo libri e mettendo insieme frammenti di informazioni finché il passato non le balzava davanti come un video accelerato. Il lavoro, la gioia, i sacrifici, la sofferenza, la tenacia di coloro che erano vissuti lì.”
Proprio in una di queste escursioni, si imbatte in una via intitolata ad una non meglio identificata Abelke Bleken. Incuriosita dal nome, inizia ad effettuare ricerche, prima sul web e poi con l’aiuto di una studiosa locale, per scoprire che Abelke fu una delle vittime della caccia alle streghe negli ultimi anni del Cinquecento.
Mentre continua a cercare informazioni sulla donna del passato, Britta deve decidersi ad affrontare i suoi problemi familiari, fino a compiere i primi passi per riprendere in mano la propria vita.
Nella storia che scorre parallela, scopriamo che Abelke era una donna sola, forte ed indipendente, in grado di gestire con profitto una grande fattoria. Ma questo fatto suscita l’invidia dei suoi concittadini e il malumore nei suoi confronti cresce, fino a raggiungere il culmine dopo una disastrosa alluvione che spazza via gli argini. Paradossalmente, la donna, che era stata così previdente da salvare buona parte dei suoi possedimenti, è tuttavia obbligata dalla legge a ripristinare il tratto di argine danneggiato nei suoi terreni, impresa impossibile senza un aiuto esterno, che le viene negato. Caduta in povertà, è costretta a cedere la sua fattoria per andare a fare la bracciante.
“Volevano vedere se avrebbe pianto o gridato. Invece Abelke si limitò a rimanere ferma, il volto inespressivo, senza mostrare alcuna emozione ai presenti.”
Presso il suo padrone, trova altri poveri sbandati e cade nella tentazione di partecipare con questi ad una sorta di rito, maledicendo chi l’ha ridotta in quello stato. Ma chi già la invidiava, non si lascia sfuggire l’occasione di rovinarla definitivamente: accusata di stregoneria e condannata al rogo, dovrà aspettare secoli per essere riabilitata, proprio grazie agli studi di Britta e della sua amica, che si occupa di dare un nome e una dignità a tante donne dimenticate dalla storia.
L’alternanza dei capitoli ambientati nel passato e nel presente mantiene alta l’attenzione del lettore. Nella parte contemporanea c’è un maggiore approfondimento psicologico dei personaggi, mentre nella parte ambientata nel XVI secolo c’è più attenzione per la vita quotidiana e la società dell’epoca.
Ho apprezzato anche le descrizioni del paesaggio, in cui ci si ritrova immersi, camminando lungo l’argine in compagnia di Britta e Abelke.
“Se mi trattate come una strega, allora voglio essere una strega.”
PRO
Due belle figure di donne, pur se profondamente differenti, per una storia che coinvolge il lettore
CONTRO
I personaggi del passato sono più stereotipati rispetto a quelli del presente, ma questo non limita il piacere della lettura
Trama
Amburgo, oggi. Ochsenwerder, quartiere periferico a sud della città, somiglia al paradiso nell’estate in cui Britta Stoever lo visita per la prima volta: le erbe aromatiche spandono i loro profumi e i fiori occhieggiano dalle serre. Ma quando vi si trasferisce con la famiglia, mesi dopo, il paradiso sembra aver perso tutto il suo fascino: i campi vuoti e bui, le canne del fiume rinsecchite. La solitudine in cui Britta si ritrova, la solitudine dell’argine e della nebbia, dell’Elba e delle gru dagli occhi gialli, la stringe in una morsa e fa eco a quella che sente nascere dentro di sé. Eppure, da ex geografa, Britta è abituata al silenzio del paesaggio in cui si celano le storie, e quando in una delle sue camminate si imbatte in un cartello che porta il nome di una donna, la sua curiosità si ridesta. Quella che incontra, tuttavia, è una storia di invidie, di pregiudizi, di persecuzione. E di fuoco.
Amburgo, 1570. La terra lambita dall’Elba è una palude che solo il costante intervento dell’uomo riesce a contenere. Abelke Bleken, unica figlia di un ricco fattore, gestisce i suoi possedimenti con saggezza. È bella, dicono alcuni. È arrogante, dicono altri: tutta quella terra è troppa per lei sola. E il giorno in cui, grazie all’attento ascolto della natura, Abelke prevede l’arrivo di una tremenda inondazione – che causerà danni incommensurabili – la voce che nel villaggio si diffonde su di lei è soltanto una: strega. Basta poco perché l’invidia e il desiderio rendano le accuse concrete, condannandola al processo, alla tortura, al rogo.
Ispirato a una vicenda reale, La palude delle streghe è un romanzo lirico e crudo insieme, che mescola incanto e ricerca storica per raccontare l’ingiustizia che, travalicando epoche e confini, unisce oggi come ieri i destini delle donne.