Recensione a cura di Antonio Tenisci
Chi lo scrive il destino di un uomo?
Senza la fortuna non si combina niente… Sono le parole che affermava spesso l’uomo Angelo Rizzoli. Difficile che la sua vita sia davvero stata segnata solo dalla fortuna, soprattutto negli anni dell’adolescenza e della gioventù. Eppure il capostipite del colosso dell’editoria è davvero un personaggio fuori dal comune. La sua vita come un romanzo avventuroso, a volte terribile e incerto, altre segnato dall’amore e dalla fame di arrivare dove mai nessuno era riuscito.
Chiara Bianchi ha osato, non certo allo stesso modo delle scelte ben più importanti che ha dovuto prendere Angelo Rizzoli nella vita, ma di sicuro ha avuto il coraggio e la bravura di affrontare la storia di uno dei personaggi più rilevanti che hanno contribuito a cambiare l’Italia. Uno dei mostri sacri di quell’editoria che amiamo.
Non una fiction, dunque, ma il racconto in prima persona di un’esistenza sempre al massimo che dalla stampa di semplici volantini è arrivata addirittura all’Oscar Felliniano. Il romanzo scopre al grande pubblico la vita e le opere di Angelo Rizzoli e si sviluppa proprio come la pellicola di un film, magari in bianco e nero.
Angelo Rizzoli ragazzino era per tutti Angiulìn. Caparbio, figlio della miseria e di una Milano che continuava a cadere e rialzarsi a cavallo delle due grandi guerre. All’età di 8 anni è accettato nell’orfanotrofio milanese dei Martinitt perché la madre Giuditta non riesce più a occuparsi di lui. Qualche anno dopo perde tragicamente una delle due sorelle che ha solo 12 anni e ciò lo segna per tutta la vita.
“Una pesante porta di legno si apre sulla camerata che ospita sessanta posti letto. Ogni branda di metallo bianco sbeccato ha un materasso ripiegato su se stesso. L’odore è nauseabondo. L’uomo si dirige verso gli alti finestroni che danno sul cortile interno e annuncia il divieto di aprirli. È pericoloso. Il corpicino di Angelo è attraversato da un brivido di freddo. L’aria è umida, puzza di scarpe, il riscaldamento non c’è.
L’uomo gentile inizia a dividere i ragazzini in gruppi da quindici. Li sposta prendendoli per la nuca, agganciandoli da una spalla, come fossero pedine degli scacchi.
Sarà lui a occuparsi di loro, risolverà i conflitti, darà punizioni, li osserverà e, qualche volta, li loderà.”
Da quel momento tenta il lavoro dell’orefice, ma ha le mani troppo tozze per riuscire, e poi si innamora per la prima volta, ma non di una donna, ma del suono e dell’odore di inchiostro delle macchine tipografiche. Angelo Rizzoli apprende il mestiere, ma lui non è fatto per avere padroni.
Acquista la prima macchina tipografica senza avere modo di pagarla, si reca alla stazione centrale di Milano con un carretto sgangherato. A metà strada il carro cede di schianto sotto il peso del ferro e a lui non resta che spingerlo fino alla bottega dall’altra parte della città.
Attraversa gli anni delle due guerre, costruisce ciò che poi le bombe raderanno al suolo, ma non si abbatte. Si rialza con il coraggio e l’incoscienza di un uomo senza paura.
“Una fiumana di gente sta raggiungendo a piedi piazzale Loreto. Le strade sono impraticabili. La città è stata liberata da qualche giorno. Angelo, Andrea e Mimmo risalgono la corrente, si muovono in direzione contraria alla massa, riescono a fatica a raggiungere lo stabilimento.
Anche nei corridoi c’è fermento, un operaio si accosta al Commenda e in preda all’eccitazione, balbettando, dice: «Mussolini. Il Duce, Kaputt» e fa scorrere il pollice sul collo da sinistra a destra.
Andrea lo raggiunge: «L’hanno appeso a testa in giù».
Angelo resta in silenzio.
«Andiamo a vedere». Mimmo sembra preso dalla frenesia collettiva.
«Restiamo qui» lo redarguisce Angelo.
«Ma ci sarà tutta Milano!»
«Da qui non si muove nessuno. Chiaro?»
«Ma papà, ha ragione Mimmo. Dovremmo…»
«Ignobile!» Alza la voce: «Tornate a lavorare!»
Paonazzo in volto si allontana, lasciando pietrificato Andrea che non si muove da piazza Carlo Erba.”
Angelo Rizzoli è un visionario, prodiga ogni momento della sua vita al lavoro, alla famiglia e agli altri. Un personaggio da scoprire e da prendere ad esempio in un’Italia che non c’è più grazie anche a lui, che ha portando in tutte le case cultura e divertimento. Una storia tra le più appassionanti, perché riferita a un uomo vero, sempre pronto a prendere di petto la propria esistenza.
PRO
Romanzo preciso e carico di emozioni nelle ricostruzioni storiche e nei fatti reali, frutto di una ricerca meticolosa e precisa.
CONTRO
In alcune situazioni gli anni si svolgono veloci, lasciando al lettore poca suspence.
Trama
Milano, fine Ottocento. Quando varca per la prima volta la soglia dell’orfanotrofio, Angelo Rizzoli ha otto anni, indossa un maglione più grande di un paio di misure e delle scarpe da adulto che lo fanno camminare come una papera. Il funzionario che lo registra all’ingresso scrive sulla scheda d’ammissione: ‘Una vita di stenti’. In quel piccolo mondo pieno di regole – e di punizioni – Angelo è felice: povero tra i poveri, impara che per fare strada bisogna compiere sacrifici, correre dei rischi e, soprattutto, credere in se stessi. Prende la licenza elementare e viene impiegato nella bottega di un orafo, ma quel lavoro non fa per lui, come non fa per lui stare sotto un padrone. Poi, quasi per caso, si propone a una tipografia. Inebriato dall’odore di inchiostro, stregato da tutti quei caratteri ordinati nei cassetti dei compositori, trova il suo mestiere. E diventa ogni giorno più bravo, ogni giorno più determinato. Qualche decennio dopo, Angelo è su un volo diretto a Los Angeles. Stringe tra le labbra una sigaretta finta. È il re delle riviste, dei libri, del cinema. Parla alla pari con il Presidente del Consiglio. È circondato da attrici e scrittori, da arrivisti e da nemici. Ha fatto di Ischia un piccolo paradiso. È il patriarca di una famiglia turbolenta, di cui tiene le fila grazie a sua moglie Anna. Il figlio Andrea è diventato il primo presidente di una squadra di calcio ad alzare la Coppa dei Campioni. I suoi nipoti sono gli eredi di un impero che sembra indistruttibile. Intrecciando la parabola dirompente dei Rizzoli con le loro passioni private, sullo sfondo di un’Italia che attraversa due guerre e profondi cambiamenti sociali, Chiara Bianchi ricostruisce il complesso mosaico di una dinastia che ha incarnato le laceranti contraddizioni di un secolo e tutto il suo fascino.