Recensione a cura di Roberto Orsi
E se proponessimo Ludovico Ariosto come “investigatore”? Non saremmo poi tanto lontani dalla realtà: forse non tutti sanno che l’autore dell’opera “Orlando Furioso” ricoprì il ruolo di Commissario Ducale della Garfagnana da febbraio del 1522 al mese di giugno del 1525.
Inviato da Alfonso I d’Este, duca di Ferrara, Ludovico ha il suo quartier generale a Castelnuovo, nella Fortezza oggi chiamata Rocca Ariostesca, precisamente nella torre di mezzogiorno da dove è possibile ammirare il paesaggio sottostante. La zona della Garfagnana, uscita stremata da lunghe contese tra Lucchesi e Fiorentini (alleati del papa), si presenta particolarmente afflitta quando il poeta assume l’incarico di commissario. Per tenere l’ordine e fare eseguire i suoi comandi, Ludovico ha a disposizione un manipolo di birri e balestrieri.
“Il suo beneamato duca aveva stabilito di privarlo dello stipendio da cortigiano, sul quale ormai contava da molto tempo, costringendolo ad accettare, pena il suo sostentamento, l’ingrato incarico di Commissario Ducale in Garfagnana, una piccola Provincia a Nord della potente Lucca. Niente andava come doveva… il fato sembrava burlarsi di lui”
I mezzi a disposizione sono insufficienti per la vigorosa operazione di ripristino della legge che deve essere svolta in una terra infestata dai briganti. Mentre Ludovico svolge una dura azione di repressione verso le bande organizzate, il duca di Ferrara si mostra più conciliante e arrendevole, creando spesso grandi problemi al poeta, come risulta dai carteggi tra i due.
Lettere a cui l’autrice Lida Coltelli si è ispirata per la stesura di questa serie di tre romanzi pubblicati da TraLeRighe editore. “Et in bona gratia”, la prima indagine del commissario Ludovico Ariosto, “Il calzare della sposa” e “Lo sentore delle streghe”.
Dal carteggio pervenuto fino ai giorni nostri, si evince lo scoramento e la frustrazione dell’Ariosto nell’amministrare la giustizia in un territorio complicato come quello della Garfagnana. Oltre alla tremenda mancanza della compagna Alessandra, rimasta in quel di Ferrara.
“Mia adorata Alessandra, questo forzato esilio il cor mi spezza. Men d’un mese è trascorso dallo mio giunger in questo tristo loco e già mi sento uno condannato alla galera. Soffocami il pensier… che quivi costretto sarò per uno tempo indefinito, mentre lo dolce tuo viso, apparmi sorridente in tutti li sogni miei…”
Le lamentele da parte dei cittadini vessati dalle scorrerie delle bande di briganti, o in seguito a una diatriba per un appezzamento di terreno, così come le piccole ruberie ai commercianti di paese, sono all’ordine del giorno per il Commissario ducale. Se non bastassero le beghe cittadine, dopo pochi giorni dal suo insediamento, l’autrice inserisce un giallo di fantasia: in questo primo episodio un mastro orafo viene trovato impiccato all’interno del suo laboratorio.
Subito risulta chiaro all’occhio dell’Ariosto, coadiuvato dal “Baricello” (o Bargello) cittadino, che l’orafo non si è intenzionalmente tolto la vita. Alcuni segni di strangolamento indirizzano le indagini verso una morte violenta in cui i sospettati sono ben più di uno.
La pista dell’indagine apre a diverse opzioni che coinvolgono personaggi del paese più o meno in vista. Un semplice ladrocinio finito in tragedia? Un regolamento di conti amorosi? Anche il movente politico, con le fazioni dei francesi (appoggiati dal Duca d’Este) e quella degli italiani (caldeggiati dal pontefice e dai Medici fiorentini), non è da escludere. Diverse famiglie della Garfagnana, potrebbero essere coinvolte, così come bande di briganti che infestano la terra toscana.
“Lui, un poeta, un sognatore… costretto suo malgrado a tornar coi piedi ben ancorati a terra, inchiodato a quell’ordinaria e squallida quotidianità dal suo ostinato eccesso di zelo. V’era stato un omicidio e lui non riusciva a venirne a capo.”
Ariosto conduce l’indagine con sapiente maestria e la grande capacità analitica dei dettagli e delle sfumature nei vari interrogatori. Protetto nella sua Rocca di Castelnuovo, gestisce la situazione con forte autocontrollo e una punta di ironia.
Il Baricello Jacopo si manifesta prontamente come un braccio destro di grande arguzia e intelletto. Incline al fascino femminile, la liaison con la servetta dell’Ariosto, Velia, appare ben presto più di una semplice infatuazione. La ragazza, giovane e procace, quanto astuta e cinica, sa il fatto suo e risponde per le rime al Baricello che frequenta la Rocca.
La Garfagnana del XVI secolo rivive tra le pagine dei romanzi di Lida Coltelli che dà grande sfoggio di padronanza linguistica e narrativa. La scelta stilistica per i dialoghi tra i personaggi se da un lato può rallentare la lettura, almeno all’inizio, dall’altro regala una musicalità antica alla lettura. L’utilizzo di termini vetusti e di forme dialettali arcaiche rendono la lettura perfettamente calata nel contesto storico di riferimento.
Le descrizioni della terra toscana, con le sue campagne, le foreste, i paesini in cui tutti sanno tutto di tutti (“o almeno ne sanno una loro versione” cit.), le bettole e le osterie dove si bighellona tirando tardi o tirando dadi, le fiere di paese con i mercanti che giungono da ogni dove per proporre la propria mercanzia alla cittadinanza, confermano il grande studio, da parte dell’autrice, della sua terra di origine.
Le indagini raccontate da Lida Coltelli hanno un qualcosa di fresco e accattivante: tra le pagine non manca una certa dose di umorismo di stampo picaresco. Un romanzo per chi ama le indagini serrate senza pause o tirate di fiato, con capitoli brevi e cambi di scena repentini.
Anche le indagini del secondo e del terzo romanzo mantengono un ritmo incalzante, una capacità di tenere incollato il lettore attraverso una narrazione che ammalia e affascina. Le vicende dei protagonisti e dell’intero paese di Castelnuovo proseguono con rimandi a una e all’altra storia.
Pro
Ottima capacità di scrittura; i tanti riferimenti alla Storia del tempo, dalla misurazione delle ore del giorno, alle tecniche di coltivazione, alle usanze di paese; i dialoghi scritti con linguaggio cinquecentesco
Contro
Gli stessi dialoghi che, almeno all’inizio, possono rallentare la lettura, ma che rimangono chiaramente comprensibili.
Trama
Febbraio 1522. Il Commissario estense Ludovico Ariosto dopo un estenuante viaggio, arriva a Castelnuovo Garfagnana e si trova costretto, fin da subito, a districarsi tra i complicati equilibri di una terra di difficile governo, selvaggia e infestata dai briganti. A pochi giorni dal suo arrivo, un orafo viene trovato impiccato. Suicidio o delitto? Si propende per la seconda ipotesi. Ma chi può essere stato? Un ladro? Un familiare? Un bandito? Magari il famigerato Moro del Sillico? Ludovico si avvale dell’aiuto di Jacopo, il Baricello del luogo, che diventa il suo più fidato collaboratore, i “suoi occhi” e le “sue orecchie”. E con lui, anzi, per mezzo di lui, analizza indizi, formula ipotesi, sonda l’animo umano, indaga… sempre con la segreta speranza di cogliere in fallo gli odiati antagonisti e porre fine ai loschi intrighi dei suoi potenti concittadini. Ma non sempre la verità si trova dove la si cerca.
Trama
Aprile 1522. Fiera di Pasqua. Ludovico Ariosto è Commissario Estense in Garfagnana. Tra i banchi del mercato e il caleidoscopio colorato delle merci esposte, riluce il bellissimo volto di Evelina, una splendida fanciulla promessa in sposa ad un facoltoso ragazzo del luogo. Anche se Ludovico appare piuttosto insofferente nello svolgere le sue nuove mansioni e si sente stretto nella morsa dei suo infausto destino, Castelnuovo è in fermento, gli affari dei mercanti vanno a gonfie vele, i briganti sembrano essere stranamente tranquilli… ma la pace dura poco. La giovane sposa scompare a pochi giorni dal matrimonio. Di lei si trova solo un calzare, nei pressi del Ponte del Borso. Si sarà gettata nel torrente? O L’avranno uccisa? Il corpo non si trova e, strada facendo, le indagini prendono forme inaspettate, si affacciano nuove ipotesi che si diramano tra i loschi intrighi delle due avverse fazioni. Affondano nel fango della malvivenza endemica, dentro cui sguazzano i banditi più derelitti, all’ombra dei banditi più titolati. Ariosto, nel suo inconsueto ruolo di Commissario, è chiamato a districare questa “nodosa” matassa e, come al solito, si avvale dell’aiuto di Jacopo il baricello del luogo, ormai divenuto il suo collaboratore più fidato. Ne verrà a capo? In un contesto dove anche le pulci hanno la tosse non è così scontato!
Trama
Estate 1522. Ariosto, dopo l’odiato incarico di Commissario in Garfagnana, rientra a Ferrara per le sue prime, sospirate, vacanze. Lì ritrova i suoi affetti, le sue amicizie, l’amata Alessandra. Torna finalmente a respirare l’aria della sua amata città. Ma qualcosa altera il sereno trascorrere degli eventi. Tre omicidi, passati quasi sotto silenzio, turbano il Priore Beccaria e lo costringono, suo malgrado, a coinvolgere gli inquisitori della Santa Sede, già impegnati nei processi di Mirandola. Al suo ritorno a Castelnuovo, Ludovico ritrova ad attenderlo le solite grane. Liti, rapimenti, ruberie, zotici indisciplinati, banditi pericolosi, dispacci inevasi… ma non solo. Qualcosa sconvolge i nuovi sudditi del Duca Alfonso. Un’ulteriore sciagura, dalle sembianze maligne di un morbo e dai contorni ben più sinistri di quelli di un gatto nero.