Narrativa recensioni

Il mietitore di angeli – Roberto Genovesi

Recensione a cura di Mara Altomare

Un romanzo che corre veloce senza mai inciampare: l’ultima parola è sempre la sua, fino alle pagine finali, che si percorrono con grande slancio e voglia crescente di saperne sempre di più… sobbalzando con il libro tra le mani e lasciandosi trascinare dai colpi di scena, dalle atmosfere, dal carisma dei suoi protagonisti e da una città, Roma, che ancora una volta si fa leggere e scoprire e non finisce mai di coinvolgerci… perché stavolta non ci troviamo nella Roma dei monumenti imponenti e grandiosi, dell’antichità o dei fasti, bensì nella Roma quotidiana, vissuta, quella dei quartieri popolari con i tram, le biciclette, le prime automobili, le palazzine modeste con la portinaia chiacchierona all’ingresso, ma anche la Roma delle ville prestigiose come quella sull’Appia… dove tutto ha inizio.  

Soprattutto, ed ecco perché solo Roma poteva ambientare questo thriller, ci muoviamo in quella parte di Roma sotterranea, nascosta, misteriosa, fredda, tra labirinti e luoghi segreti che offrono rifugio ma disorientano, salvezza e trappola allo stesso tempo.
Poi ci viene raccontata una Roma storica, quella sotto i riflettori, quella di Mussolini, una città che deve rispecchiare l’immagine di una nazione integerrima, dove non devono esistere crimini o furti, a costo di insabbiare delitti, anche estremi.

Ed è da un episodio della cronaca nera romana che, con grande abilità, l’autore recupera un fatto reale per trasformarlo nel pilastro di un impianto narrativo decisamente interessante, lasciando al romanzo tutta la credibilità per viaggiare poi sulle sue gambe.

Questo l’antefatto: Gino Girolimoni (1889 – 1961) passò disgraziatamente alla storia, accusato, ingiustamente, di essere il Mostro di Roma: un pedofilo autore dello stupro di sette bambine e dell’omicidio di cinque di esse, alla fine degli anni venti. Nonostante l’assenza di prove, fu vittima di una campagna mediatica che lo indicò come sicuro colpevole, su pressione del regime fascista che voleva mettersi in luce come garante dell’ordine. Fu successivamente scagionato, ma ne ebbe comunque la vita sconvolta dal clamore mediatico del caso, una campagna giornalistica che generò effetti perversi sull’opinione pubblica. Tanto che a Roma il suo cognome è diventato sinonimo di pedofilo o depravato.

Altro evento storico che apre con approfondimenti accurati il romanzo: 1938, anno della visita del Führer nella Capitale, un clima di grande fermento per il sodalizio italo-tedesco. E’ proprio durante i preparativi ufficiali dell’incontro, che una misteriosa sparizione rischia di far tremare la credibilità del Regime: in una ricca villa sull’Appia Antica, sparisce la figlia del padrone di casa, il gerarca Cucchi.

Dopo anni si riaffaccia l’ombra del mostro di Roma e a questo punto due particolari poliziotti si attivano per scovarlo e impedire, prima che sia troppo tardi, una nuova serie di macabri delitti, sotto l’incalzante lotta per il potere.

“Un fazzoletto. Di seta. Bianca. E capì chiaramente che quella sarebbe stata una lunga, lunghissima notte. Forse la più lunga della sua vita. Perché il maniaco che dieci anni prima aveva rapito e ucciso tutte quelle bambine sembrava essersi risvegliato dal suo lungo sonno.”

Eccoli, i veri protagonisti di questo romanzo…

Il commissario Toscanini, apparentemente un semplice, non particolarmente geniale, ma di sicuro testardo e perseverante, con una profonda umiltà nel riconoscere i propri errori.

Con lui il vicecommissario Mascolo, si può dire il suo alter ego. È il collaboratore di Toscanini nello svolgimento delle indagini scientifiche, abilissimo professionista esperto di autopsie e rilievi post mortem. In verità si può pensare a loro come a due facce della stessa medaglia, si compensano con diversi punti di vista, in molti passi si nota l’intuito con cui comunicano e si trovano. Legati da un forte rapporto di amicizia e stima, ci divertono con le loro argomentazioni sulla cucina pugliese, con l’ironia dei loro dialoghi, ci coinvolgono emotivamente anche per le loro simili problematiche familiari e personali: il primo alle prese con l’invalidità del figlio Geremia, che da padre vive con un pesante senso di colpa; il secondo per il disagio della propria condizione di salute non facile, oltre che per la perdita di una figlia in tenera età.

“Finiremo entrambi nei guai”

“Lo siamo già, da quando abbiamo deciso di fare i poliziotti”

“Domani al laboratorio, di buonora, ti faccio entrare dal cancello secondario. Metti la parrucca bionda per non farti riconoscere.”

“Metterò anche le calze a rete e i tacchi, se è per questo”

“Bravo fratello, così ti voglio”

Il forte senso di paternità, l’istinto protettivo, la paura della morte, in una parola la loro anima, è ciò che ci fa sentire più vicini a loro. Entrambi si dedicano con cura alla ricerca metodica e scientifica della giustizia, ma lo fanno con un cuore spezzato; non si può che stare dalla loro parte: nella missione di salvare quei bambini vittime del mostro, forse vorrebbero risolvere i drammi personali dei propri figli e magari alleviare un po’ del loro dolore.

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“Un poliziotto sa bene che sono i casi che scelgono l’investigatore che dovrà risolverli, e non il contrario. Il legame tra un poliziotto e il suo caso è indissolubile. Fino alla fine. La bambina aveva quasi l’età di suo figlio e forse era ancora lì fuori, da qualche parte. Aveva promesso a sua madre che gliel’avrebbe riportata.”

Si coglie poi uno stile capace di accendere, con i suoi scenari inquietanti, tutti i sensi del lettore: la vista, l’udito, l’olfatto sono continuamente sollecitati dalla descrizione di luoghi macabri, freddi, bui; i dettagli raccapriccianti scatenano ribrezzo, si percepiscono gli odori, si percepisce il silenzio che genera orrore.

“Il loro olfatto percepiva l’incombenza della morte ancora prima che lo facessero i loro sguardi terrorizzati, sentivano l’odore del sangue che proveniva da luoghi lontani. Ogni nuovo rumore poteva rappresentare un segnale che preannunciava la fine. Quel luogo era il mattatoio del maniaco che stavano cercando.”

Un libro in continuo movimento che accompagna il lettore con velocità, in un avvicendarsi di capitoli che con grande creatività viaggiano da un posto all’altro di Roma e dal presente al passato, dalla narrazione all’evocazione di immagini reali, verso un finale spiazzante.

Ma in questa velocità è un libro che trova il tempo anche per fermarsi e farci fermare su domande importanti e attuali, restituendoci, se vogliamo, i luoghi descritti come metafore del nostro mondo di oggi…

C’è ancora qualcuno che ha il coraggio di andare a scavare in profondità al di sotto di una realtà pulita e brillante? C’è ancora la giusta attenzione per i bambini di fronte all’orrore intorno a loro?

Un romanzo che continua a parlare anche dopo averlo finito.

PRO

Intreccio perfetto e credibile tra finzione e realtà

CONTRO

Per lettori con lo stomaco forte

TRAMA

Capodanno 1938. Il gotha della società fascista si è riunito in una villa sull’Appia Antica per festeggiare la notizia del prossimo arrivo a Roma di Adolf Hitler in visita ufficiale. Nel corso della serata, però, sparisce la figlia undicenne del padrone di casa, il potente gerarca Cucchi, a cui Mussolini ha affidato da poco la supervisione del cerimoniale per la visita del Führer. Giunto sul posto per indagare, il commissario della Mobile Marcello Toscanini riconosce subito la firma del rapitore: un fazzoletto di seta bianca. La stessa firma che dieci anni prima aveva sconvolto le notti degli inquirenti in una celebre vicenda finita per lungo tempo su tutti i giornali. Lo spettro di Girolimoni torna ad aleggiare su una Roma che si prepara ad accogliere il leader del nazismo e che non può permettere a un delitto irrisolto di minare la sua credibilità internazionale. Per questo, quando le piccole vittime cominciano a susseguirsi a ritmo inquietante, Mussolini decide di far scendere in campo l’OVRA, il suo temutissimo servizio segreto. Tra agenti deviati che cercano di attentare alla vita di Hitler e le pressioni di Mussolini che vuole approfittare del caso per liberarsi di tutti gli oppositori politici, Toscanini, ormai esautorato dall’incarico, è l’unica persona a cui interessi davvero la sorte dei bambini rapiti e per salvarli è disposto a tutto… Un fazzoletto di seta per ogni anima innocente uccisa, un filo rosso sangue che unisce passato e presente, un’indagine destinata a scuotere la Roma fascista fin dalle fondamenta.

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