Narrativa recensioni

Delitto all’ora del tè – Catherine Coles

Recensione a cura di Ivana Tomasetti

La leggerezza e il sorriso fanno capolino dalle pagine di questo giallo. Siamo in pieno genere cozy, detective dilettanti che svolgono indagini accurate, polizia poco efficiente, ironia e narrazione in punta di penna. La trama vede la protagonista, Martha Miller, alle prese con un misterioso omicidio e sappiamo delle sue capacità, perché ha già risolto un caso precedente, che ci viene raccontato in un breve feedback, una specie di “Signora in Giallo” di cui conserva l’eleganza e la simpatia con il lettore.

“Alice Warren, era collassata mentre stava per iniziare le valutazioni. Era emerso che era stata avvelenata e, poiché l’ultima cosa che aveva bevuto era il mio gin alle prugne fatto in casa, mi ero adoperata per riabilitare il mio nome e la reputazione del mio liquore.”

Colpi di scena, ragionamenti e supposizioni che portano verso una direzione e poi in un’altra, apparenze che alla resa dei fatti si sciolgono rivelando la loro inaffidabilità: tutto concorre a mantenere vivo l’interesse del lettore, che è aiutato a seguire il filo degli avvenimenti anche attraverso l’elenco dei personaggi elencati all’inizio del romanzo.

La voce narrante è interna, parla al passato e in prima persona ed è lo spunto per conoscere gli intimi pensieri della protagonista, legata da un’amicizia particolare con il vicario che l’aiuta nelle indagini. Il loro rapporto costituisce una delle narrazioni del libro: delicato e innocente, resta senza una vera risposta fino alla fine, come misteriosa rimane la vicenda relativa al padre di Luke a cui si accenna, ma di cui non sappiamo nulla.

Personaggi quindi che si rivelano per quel tanto che desiderano, senza essere troppo invadenti, lasciando la sospensione nel lettore che cerca risposte… senza trovarle del tutto, e si vede costretto a usare la sua immaginazione. Un altro filone che resta sospeso, oltre a quello principale che riguarda l’assassino, è quello relativo alle supposizioni di chi sia il padre naturale di Janet. Attraverso le azioni della protagonista conosciamo anche lo schema in base al quale la scrittrice ha composto il puzzle relativo al giallo.

Martha descrive se stessa in opposizione alla sorella, quanto lei è timida e introversa, così Ruby è sicura di sé, il ritratto di una donna moderna. Altro personaggio vivace e dai tratti femministi è Annie, l’organizzatrice della sagra paesana che fa da sfondo agli omicidi. Personaggi intriganti sono gli amici del vicario che hanno adottato Janet in vicende poco chiare nelle quali è coinvolta la vera madre; da amici diventano sospettati, incrinando il loro rapporto con l’amico Luke. Se la protagonista sembra essere la voce narrante, la vicenda non potrebbe essere raccontata senza il personaggio di Helen, il cui comportamento viene descritto in modo ambivalente dai diversi testimoni, che raccontano le loro verità, rivestite di menzogne, facendo evolvere la vicenda.

“Ci stai dicendo che Helen non era il genere di ragazza che si spingeva troppo oltre? L’impressione che ci è stata data al riguardo è che fosse esattamente quel genere di ragazza».

«Chi ve l’ha descritta così non la conosceva come me». A questo punto Kenneth gonfiò il petto. «In realtà era molto dolce».

«Ci è stato detto anche questo». Mi accigliai. «È quasi come se esistessero due versioni della stessa persona».”

Non mancano le due amiche pettegole che vogliono sapere i fatti degli altri, la governante che sa la verità, il dottore che sembra essere ricattato. “Sembra” perché ciò che appare viene poi smentito.

È abile la protagonista nello scavare e costringere alla confessione l’assassino, convocando tutti insieme i sospettati nel momento finale come nei telefilm di Poirot. Personaggi che tentano di sfuggire e si ritrovano impigliati nella rete, che si stringe sempre più, per la soddisfazione del lettore. Da non dimenticare la cagnetta Lizzie. Non è il caso di raccontare il finale (!), ma certo è una sorpresa. Altri personaggi empatici sono coinvolti nella vita di Helen con le loro famiglie, amori veri o presunti in un guazzabuglio di retroscena che smuovono l’intelligenza del lettore e che fanno coronamento alla vicenda.

L’ambiente è quello della campagna inglese, perfetta ricostruzione per un’ironia tutta britannica, i personaggi dei due vicari si adattano all’ambiente della sagra del villaggio a cui Martha è invitata come ospite. Si vede il verde della vegetazione, la cerimonia del tè con i dolcetti, i discorsi dentro la cucina di Annie, lo svolgersi della vita quotidiana.

Il tempo a cui si riferiscono i fatti è il settembre del 1947, capiamo pertanto le remore che investono la protagonista nel suo rapporto con il vicario, lei, il cui marito è uscito di casa e non è più tornato, non può definirsi né vedova, né divorziata. Restiamo anche in sospeso per la descrizione di continui “rossori” di timidezza dei personaggi a confronto con un vago senso di femminismo che viaggia attraverso qualche personaggio femminile.

Lo stile è scorrevole, piacevole da leggere e delicato, con un andamento lineare e un tocco di modernità che va oltre il tempo descritto, sia per il contenuto, sia per l’analisi dell’indagine.

Nonostante si tratti di un genere leggero e senza pretese, dobbiamo riconoscere che propone diversi spunti di riflessione. Viene analizzato con concretezza il punto di vista genitoriale attraverso una domanda quanto mai attuale: quale la vera ragione per cui un genitore desidera adottare un figlio? Il desiderio di maternità o il bene del bambino? Fino a che punto si può spingere un genitore con tale desiderio? Risposte difficili anche al giorno di oggi.

“«No». Luke pronunciò quella singola parola come se fosse un colpo di pistola e io trasalii per la sua furia. «Non hai fatto nulla di tutto questo per il bene di Janet. L’hai fatto per te stesso. Non hai mai pensato a ciò che era meglio per lei, ma solo a ciò che volevate tu e Doris»”.

Un altro punto è quello del ricordo di una morale antica, quando certi comportamenti venivano bollati dallo scandalo, questo giallo ce li fa ricordare.

Un romanzo leggero, fresco, che lascia buonumore.

Catherine Coles, scrittrice di bestseller di romanzi gialli dalla trama divertente e articolata. Vive nello Yorkshire.

PRO

Un taglio leggero e avvincente, ironico, nonostante si parli di morti assassinati. Un buon libro per un’estate sotto l’ombrellone e per esercitare la logica della nostra intelligenza. Perfetto per gli amanti del mystery.

CONTRO

Il numero dei personaggi costringe talvolta a fermare la lettura per consultare l’opportuno elenco.

Non sappiamo come alcune vicende possano avere la loro conclusione. Si attenderà il proseguo.

Trama

1947. Come ringraziamento per la brillante risoluzione del caso precedente, Martha Miller è l’ospite d’onore alla fiera di Winteringham. Stavolta, i suoi unici compiti saranno giudicare i cani più belli in gara al concorso e godersi un buon tè in compagnia dell’affascinante pastore Luke Walker, lontano dai pettegolezzi e da sguardi indiscreti. O almeno, questo è ciò che credeva… Nel bel mezzo della fiera, infatti, la setterina irlandese di Martha, Lizzie, scopre proprio dietro il tendone allestito per il tè il corpo senza vita di una giovane donna. Ma chi può aver ucciso una ragazza così giovane, e perché? A quanto pare, qualcuno nel villaggio ha dei segreti da nascondere… e sembra che Martha e Luke abbiano un altro caso da risolvere. Che le indagini abbiano inizio! Un paesino inglese, una tranquilla fiera di campagna e un misterioso omicidio. Non c’è pace per la nostra Martha Miller. Riuscirà a far luce anche su questo caso grazie al suo spirito d’osservazione?

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