Recensione a cura di Patrizia Di Cecio
Uscito quest’anno per i tipi delle edizioni Marlin, il romanzo di Liliana Bellone “Il mistero di Puccini” vuole affrontare gli ultimi due anni di vita di Michele, fratello minore del più famoso Giacomo Puccini, compositore lirico noto a livello internazionale e tra i più conosciuti della musica operistica italiana.
Ben poco si sa della vita di Michele, ultimo dei nove figli di Albina Magi e Michele Puccini di cui porta il nome per il fatto di essere nato poco tempo dopo la morte improvvisa del padre. Di certo si sa che nell’ottobre 1889 si imbarcò da Genova per il Sud America probabilmente in seguito a dissidi con il fratello Giacomo, con cui aveva condiviso alcuni anni della sua vita a Milano.
Di questo periodo l’autrice racconta all’interno del romanzo alcuni aspetti sotto forma di flashback, di lettere, di pensieri, di sogni da parte di Michele in un dialogo a distanza con Giacomo. Dalla base storica, dunque, si dipana una storia che porta il lettore all’interno del più classico dei romanzi di appendice di stampo primo novecentesco, in cui si intrecciamo la solitudine dell’emigrato alla ricerca del successo che ricorda con nostalgia la sua Lucca; l’innamoramento adultero, anche se non consumato, con la bellissima moglie dell’uomo politico che gli mise a disposizione casa e lavoro nella remota provincia di Jujuy (fatto anche questo storicamente accertato); l’amore concupiscente e focoso con l’altrettanto bella domestica creola; la sfida a duello — per la difesa dell’onore — del Senatore e della di lui moglie; la fuga tra le montagne dove la sua amante si sacrifica per salvargli la vita, prima di nuovo a Buenos Aires poi per mare fino in Brasile presso un amico, a Rio de Janeiro, dove Michele si ammalò di febbre gialla e morì nel 1891, con tanto di delirio febbrile come nella miglior tradizione da feuilleton.
Fin qui la semplice trama del romanzo, che si legge anche piacevolmente, ma non colpisce certo il lettore per la profondità delle vicende narrate, per l’indagine psicologica sul carattere dei personaggi, che avrebbe meritato di più per non scadere a livello di trama da telenovela, come in effetti rischia.
Inoltre, la fantasia di Liliana Bellone si scatena oltre misura, a parere mio, nell’immaginare trame che coinvolgono le opere di Giacomo (tutte eccetto Le Villi e Edgar composte successivamente alla morte di Michele) come se questi si fosse ispirato ai ricordi degli anni vissuti con il fratello e alla sua morte “misteriosa” (sic) nell’immaginare le sue eroine; queste in realtà — lo attestano anni di studi musicologici — erano il frutto della sua ossessione per le donne come figura dell’eroe negativo, essendo cresciuto in un ambiente quasi esclusivamente femminile.
E questo a cominciare dal nome di fantasia dato alla moglie del Senatore — Fidelia — come una delle protagoniste dell’Edgar, mentre quello dell’altra, la zingara con cui questi fugge, viene mutato in America; ma la fuga drammatica rimane. Queste elucubrazioni vengono messe in bocca a Giovanni Campassi, figlio del ranchero amico del Senatore, anche loro italiani emigrati dall’Italia e antenati {nella realtà) della stessa Bellone, che li utilizza anche in altri suoi romanzi.
In conclusione, il romanzo non mantiene ciò che il titolo promette, in quanto non esiste alcun mistero da svelare; e difatti, nel corso della narrazione non se ne parla mai se non alla fine, rispetto alla morte improvvisa di Michele. Che di misterioso non ha nulla.
Link cartaceo: Il mistero di Puccini
Trama
Questo romanzo affronta un aspetto poco noto della grande famiglia Puccini: la breve esperienza umana e lavorativa di Michele – fratello minore di Giacomo – che, dopo anni di studio nel Conservatorio di Milano, nel 1889 decise di emigrare oltreoceano in cerca della propria identità e di un suo personale riconoscimento in campo musicale e visse a San Salvador de Jujuy insegnando musica e italiano. Muovendosi tra Italia e Argentina, in un periodo caratterizzato dalla forte immigrazione europea e dal grande sviluppo economico della nazione ispano-americana, tra serate a teatro, concerti, passeggiate in carrozza, duelli d’onore e fughe rocambolesche, il romanzo propone quadri della sua infanzia in Toscana; analizza il profondo legame con il fratello Giacomo; descrive gli incontri struggenti con le due protagoniste, Fidelia e America, causa del conflitto interiore del giovane lucchese, scisso tra amore fisico e amore ideale come tutti gli eroi romantici. Inoltre, intreccia e compara i temi e i personaggi dei libretti delle più belle opere di Giacomo Puccini con la storia di passione, dolore e fatalità di Michele, affidando proprio al grande compositore, inquadrato nel suo trionfante soggiorno a Buenos Aires tra giugno e agosto del 1905, il compito immaginario di elaborare ipotesi sulla prematura morte del fratello, avvenuta nel 1891 a Rio de Janeiro.