Narrativa recensioni

Recensore per un giorno – La fabbrica dei destini invisibili di Cécile Baudin

Recensione a cura di Eliana Corrado

Quanto mi è piaciuto questo libro! Non è perfetto, ha qualche linea di dejavù ma chi dice che per piacere una lettura deve essere perfetta? Mi ha avvinta, coinvolta, istruita, mi ha fatto desiderare di arrivare a sera per tornare a rileggerlo… vi pare poco?
Se avete voglia di capire le motivazioni di questo mio gradimento, continuate a leggere.
Entriamo nel libro.

Tempo: Ultimo decennio dell’Ottocento
Luogo: Francia
Ambito di azione: fabbrica di seta dove lavorano anche dei bambini, ma poiché la legge da un po’ lo vieta, si fa finta che le bambine siano lì per imparare soltanto; due orfanotrofi; una “industria di ghiaccio”. E tanti viaggi tra questi tre posti.
Personaggi: una ispettrice del lavoro e il suo capo; una suora; il proprietario della seteria Perrin, con tanto di moglie e figli; una ragazza scomparsa 20 anni prima e… due cadaveri!
Storia: tanta, interessante, magnificamente ricostruita: dalle leggi sul lavoro minorile al sistema di produzione della seta e quello del ghiaccio, al ruolo degli orfanotrofi e dei convitti. Insomma, tanta roba bella.

Addentriamoci nella narrazione

“Mi chiamo Claude Tardy. Sono un’ispettrice del lavoro e vi sarei grata se mi permetteste di accedere ai locali della vostra azienda sartoriale.”

A fine 800, dunque, esistevano già donne che andavano a ispezionare luoghi di lavoro (almeno in Francia). E io che pensavo che all’epoca quello fosse un ruolo solo maschile… ma no, ecco che subito, vengo in parte smentita

“In quanto donne, non abbiamo accesso a tutti gli stabilimenti dove ci sono macchinari o uomini. Questo ci lascia solo le piccole fabbriche sartoriali, quelle in cui assemblano i pettini o i laboratori a conduzione familiare… questo genere di cose. Il mio capo sognava assistenti che sbrigassero il lavoro al posto suo, dato che è piuttosto anziano, stanco e probabilmente annoiato dalle ispezioni. Non potendo servirsi di me come avrebbe voluto, deve continuare a lavorare.”

E questo spiega perché Claude, agevolata anche dal suo stesso nome che si può declinare anche al maschile, la vediamo comparire, vestita da uomo, su luoghi dove non dovrebbe esserci, come la seteria Perrin in cui è stato rinvenuto un cadavere, sospeso da terra attraverso un complesso fili di seta-oro. Il primo morto.

E il secondo morto?
Non siate impazienti, con calma ci arriviamo! Anche perché prima di arrivare all’altro cadavere dobbiamo occuparci di una suora che cerca una ragazza scomparsa un bel po’ di anni fa, uscita dal convitto della fabbrica perché diretta a sposarsi, di cui non ha più saputo nulla (perché non l’ha cercata? Perché non si è più fatta viva?) e che ora rivede negli occhi di una bambina nuova arrivata nel convitto. Come è possibile? Perché la suora cerca così affannosamente quella giovane?
E le somiglianze non sono finite qui, perché anche il secondo morto – avete visto che ci siamo arrivati –  che è sigillato in un sarcofago di ghiaccio, a vederlo bene è impressionante quanto somigli al primo morto, quello appeso nella seteria, così tanto somigliante che… sembra quasi sia lo stesso. Possibile?

Nulla fa pensare che i due episodi siano legati, tutto invece lascia credere che si sia trattato in entrambi i casi di suicidio, ma le circostanze sono alquante strane. E trattandosi di “morti sul lavoro”, l’ispettore Claude e il suo capo Edgar sono i più titolati all’indagine.

“qualcosa lega quelle storie. Non un filo diretto, no; ma una trama intricata, complessa come una tela di ragno”

E la trama è in effetti parecchio intricata, fatta di fili di seta fragili ma resistenti alle prove del tempo, tessuta da personaggi ambigui, misteriosi, con un carico di colpe sulle spalle da vergognarsi.
Ma se di base il libro è un thriller (assai ben fatto e costruito), nella sostanza è molto altro: è la Storia delle fabbriche, di una seteria, delle leggi sul lavoro, minorile e femminile in particolare, e di come aggirarle, di vite fantasma (e di fantasmi anche) di chi si approfitta e di chi è costretto a subire.

Gli orfanotrofi, gli ospizi e gli altri luoghi di carità sono esclusi dalle norme alle quali si appellano gli ispettori, in particolare dai testi del 1874 e del 1892. Edgar e Claude ne sono consapevoli, tanto più che questo comporta una reale difficoltà nell’applicazione delle leggi sulla protezione dell’infanzia: molti istituti di beneficenza non esitano, col pretesto di una formazione professionale, a impiegare bambini di età inferiore agli otto anni, e in condizioni appena migliori di quelle riscontrate nei laboratori e nelle fabbriche. Alcune industrie si lamentano addirittura di questa concorrenza sleale che non rispetta né gli orari di lavoro né i limiti di età loro imposti. Ma il legislatore si rifiuta d’intraprendere qualsiasi azione contro queste istituzioni indispensabili per l’equilibrio sociale nel suo complesso. Almeno un bambino su dieci viene abbandonato. Senza queste case di accoglienza, decine di neonati morirebbero per strada. Di conseguenza, si tende a chiudere un occhio”

Di storie vecchie come il mondo, di ieri ma che ritroviamo anche ancora oggi.
Di innocenza reale e da paravento.
Di donne che devono battersi (che strano, vero?) perché venga riconosciuto il loro valore e il loro lavoro.
Di uomini che non sempre si lasciano imbrigliare nei pregiudizi, spesso più lungimiranti di quanto la Storia li dipinga.

Questo significa essere donna: non avere scelta. Voi che siete in confidenza con Dio, come spiegate la sorte che ci riserva?»
La suora sorride. «Credete davvero che gli uomini abbiano più scelta di noi solo perché sembrano avere meno impedimenti? Credete davvero che, avendo più strade davanti, siano per questo più felici o più forti? Se vostro padre avesse avuto un figlio al posto vostro, a quel ragazzo sarebbe stata data comunque una vita e una soltanto. Il modello del padre, la gestione dell’azienda, un matrimonio d’interesse con una donna benestante… No, credo che Dio abbia stabilito un percorso per ciascuno di noi, uomo o donna. Ed è illusorio immaginare che alcuni siano più liberi di altri.»

Il libro si legge con molto piacere ed è ricco di sfumature e particolari, dettagliato nelle ricostruzioni storiche, verosimile nello svolgersi delle vicende, intrigante nei personaggi ben scandagliati.
Il finale, e devo parlare di doppio finale – capirete leggendo il libro – è uno spiazzante, l’altro intuibile. E forse è questo l’unico piccolissimo neo a questo libro. Ma ciò non toglie che le chicche contenute sono tante, la storia bella, i paesaggi freschi e nitidi.
Avventuratevi in questa “Fabbrica dei destini invisibili”: vi garantisco una storia affascinante, misteriosa e interessante.

Trama

Due morti apparentemente inspiegabili. Una seteria in cui niente è come sembra. Una donna alla ricerca della verità. Una figura incappucciata esce dalla casa in cui una donna sta esalando l’ultimo respiro. Quindi si allontana nella notte, portando con sé due bambini appena nati… Ventun anni dopo. Le sirene delle seterie scandiscono la vita dell’Ain, una delle tante regioni che hanno cambiato volto dopo la Rivoluzione industriale. Eppure, fuori dei ritmi regimentati della fabbrica – che grazie alle nuove leggi sul lavoro garantisce salari migliori e orari più umani –, ci sono ancora centinaia di donne che vengono sfruttate nelle soffitte delle case, dove si fila sino a tarda ora alla luce incerta di una candela. È proprio per difendere i diritti di queste giovani invisibili se Claude Tardy è diventata ispettrice del lavoro. Una professione nuova e ancora tutta maschile, al punto che, per poterla svolgere, spesso Claude è costretta a indossare vestiti da uomo. Come la fredda sera di dicembre del 1893 in cui viene chiamata a indagare sulla morte sospetta di un operaio, trovato impiccato agli stessi fili metallici su cui si spezzava la schiena durante il giorno. E la faccenda si complica tre mesi dopo, quando dalle acque di un lago emerge il cadavere di un altro operaio. Due morti che non avrebbero nulla in comune, se non fosse che le vittime si somigliano come gocce d’acqua e sembrano in qualche modo legate a un convitto di religiose, dove le giovani operaie delle seterie sono ospitate fino al giorno del matrimonio. Ed è qui che la strada di Claude incrocia quella di suor Placide, che da mesi aspetta notizie di una ragazza scomparsa all’improvviso. A poco a poco, le due donne si rendono conto che le loro ricerche sono collegate e che solo unendo le forze potranno fare luce su una brutale realtà sommersa che coinvolge uomini potenti e pericolosi. Una realtà che in troppi hanno sempre finto di non vedere, per paura o per avidità… Ci sono fili che legano passato e presente, verità che sfuggono come seta.

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