Recensione a cura di Roberto Orsi
Seconda Guerra Mondiale. Beatrice Simonetti si inserisce nel filone dei romanzi storici ambientati in questo tragico periodo della nostra Storia contemporanea, con il suo secondo romanzo storico targato Delrai edizioni “Il cielo d’acciaio”. In questo romanzo il lettore ritrova alcuni personaggi di cui ha già fatto conoscenza nel precedente “Il fiume di nessuno”, pubblicato nel 2021 con la stessa casa editrice.
La scena si apre sulla Germania nazista, agli albori degli anni ’30, dove Adolf Hitler è salito al potere con il partito nazionalsocialista pronto a rivoluzionare le logiche politiche e riportare la Germania allo splendore di un tempo dopo essere stata ridimensionata alla fine della Prima Guerra Mondiale. Il popolo tedesco sente la necessità di rinascere e l’azione propagandistica del partito crea la figura di un leader carismatico che riesce, in breve tempo, a ottenere un potere incredibile. Hitler venne dipinto “a volte come un soldato pronto all’azione, altre volte come un padre e, infine, persino come un messia giunto a riscattare il destino della Germania.”
Grazie alle parate, ai discorsi pubblici e alla diffusione delle idee nazionalsocialiste. Dal 1933 Adolf Hitler, diventato cancelliere, assume il ruolo di capo della Nazione e personifica la Germania stessa e tutto il popolo tedesco. Un riscatto collettivo che porterà, nel giro di pochi anni, a una dittatura senza precedenti con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e la deportazione di milioni di ebrei.
Le pagine del romanzo si aprono sulla città di Berlino dove ci vengono presentati, capitolo dopo capitolo, i principali protagonisti delle vicende.
Benjamin Handler, già incontrato nel primo capitolo della serie, è un artista affermato della capitale tedesca. Reduce dal Primo conflitto mondiale, è un uomo che ben presto scopre di non condividere pienamente gli ideali che muovono il Fuhrer, al contrario del figlio Johannes, nazista della gioventù Hitleriana, fortemente propenso a intraprendere la carriera militare e diventare aviatore dell’esercito. Con loro, il figlio minore Yannick, un giovane ragazzo di gran cuore che, nonostante le leggi razziali, non esita a stringere rapporti di amicizia e aiutare famiglie di ebrei.
Famiglie come quella dei Nowak, per esempio: Miroslaw è un reduce della Prima Guerra Mondiale, oggi proprietario di un negozio di cappelli in città, spostato con Gesine, attrice al teatro di Berlino, da cui ha avuto due figlie Kathe ed Elde.
O come la famiglia Ebert, vicini di casa degli Handler da diversi anni. Tra le due famiglie un legame molto stretto, coltivato nel corso del tempo, minato improvvisamente dalla delazione che colpisce gli Ebert: ricostruendo il loro albero genealogico si scoprono discendenze ebree. Una minaccia non da poco sulla famiglia che, da un momento all’altro, si trova nel mirino delle persecuzioni razziali. L’amicizia che lega Johannes Handler e Wolfgang Ebert si trova, di punto in bianco, a un bivio con il rischio di doverla interrompere per sempre.
“Stava chiedendo ai due ragazzini di non essere più amici e non riusciva a dare loro neppure una spiegazione valida per attribuire un senso a quel sacrificio. Semplicemente, non potevano; non potevano più scherzare tra loro e non potevano neppure permettersi di comportarsi come due dodicenni innamorati della vita.”
Tra le famiglie di forte stampo nazista troviamo i Reinke: Hermann è il giovane rampollo di famiglia, di grandi aspettative e un futuro già scritto tra i gerarchi militari nazisti. Il suo è un convincimento profondo, alimentato da un ego smisurato e una cattiveria d’animo che lo rende capace di azioni efferate e criminali.
I destini di queste famiglie si incroceranno in più riprese lungo tutta la narrazione del romanzo. L’autrice sceglie di raccontare le loro vicende alternando, capitolo per capitolo, il punto di vista dei protagonisti. Le loro storie si inseguono su binari prima paralleli poi intersecanti. Attraverso il sapiente utilizzo dello strumento del flashback il lettore ricostruisce le dinamiche tra le famiglie e i vari protagonisti del romanzo. Un escamotage letterario che consente di svelare i rapporti tra i personaggi attraverso passaggi mirati.
“Il cielo d’acciaio” è un racconto di guerra e di orrore, in primis. La grande ricerca storica alla base della stesura risulta chiara nelle tante scene sui campi di battaglia e nei cieli che li sovrastano. L’utilizzo di terminologia tecnica per armi e mezzi, come carri armati e velivoli, accentua la capacità dell’autrice di ricreare le atmosfere di guerra.
Non mancano scene forti ambientate nei lager nazisti, con sevizie e torture perpetrate ai danni dei prigionieri ebrei. Situazioni che, nonostante siano già state trattate e lette in tanti romanzi, non smettono mai di stupire per la crudeltà che manifestano.
Beatrice Simonetti, però, è brava nel saper bilanciare l’orrore e la bellezza. Perché “Il cielo d’acciaio” non è solo un romanzo di guerra e sulla guerra, è un libro che racconta dei sentimenti dell’uomo, delle sue paure, dei suoi sogni e delle aspirazioni di ragazzi che si trovarono improvvisamente il mondo capovolto. Le certezze in cui avevano creduto e con le quali erano cresciuti, sgretolate sotto i colpi di un indirizzo politico che non guardava più in faccia nessuno: se volevi sopravvivere eri spesso costretto a voltare le spalle a coloro con cui avevi mangiato allo stesso tavolo fino al giorno prima.
“Prima andavo bene, piacevo agli altri studenti e agli inquilini del palazzo, mentre adesso, nel giro di qualche settimana, lo stesso ragazzo che riempivano di complimenti si è trasformato in un essere ripugnante”
Nelle situazioni estreme come queste, come quelle raccontate nelle 650 pagine del romanzo, è l’amore che sottende alle azioni dei protagonisti. L’amore inteso in tutte le sue sfaccettature: quello tra moglie e marito sempre pronti a sostenersi nelle difficoltà, o quello per i propri figli per i quali si è disposti a sacrificare la propria sicurezza o, ancora, quello fraterno per un amico di infanzia che in un modo o nell’altro non si abbandona mai.
“Il partito li aveva ridotti a una moltitudine di pezzi spigolosi e poco adatti a generare qualcosa di buono, ma loro ce l’avevano fatta comunque, a discapito delle sevizie e dei trattamenti impietosi, e in un modo o nell’altro la vita li aveva fatti rincontrare”.
Il lettore assiste all’evoluzione dei personaggi e al cambiamento, certe volte radicale, dei loro pensieri e del loro approccio nei confronti del conflitto, della vita e, purtroppo, della morte. Beatrice Simonetti inserisce nella narrazione temi delicati, affrontati senza mai scadere nella banalità ma riportando sempre il tutto in un contesto difficile come quello sociopolitico che caratterizzò l’intera Europa nella metà del XX secolo. Discriminazione, emarginazione, disparità e trattamenti al limite dell’umano: temi che, pur vivendo in un’epoca completamente diversa rispetto a quella del romanzo, risultano tremendamente attuali in una società che ancora non ha imparato completamente dagli errori commessi.
Pro
Il modo in cui vengono trattati i temi della guerra, la capacità di tenere alto il ritmo narrativo anche con un numero di pagine molto elevato; la possibilità di leggere il libro senza difficoltà anche senza aver letto il primo della serie.
Contro
Anche se non si tratta di un “contro” vero e proprio: alcune scene sono molto crude e dirette e possono urtare la sensibilità di alcune categorie di lettori.
Alcuni termini ripetuti un po’ troppo spesso nelle descrizioni delle scene e delle ambientazioni.
Trama
Miroslaw Nowak è un reduce della Grande Guerra. Il primo conflitto mondiale gli ha portato via molte cose oltre alla gamba sinistra, ma non la voglia di vivere. Ormai felicemente sposato, ha un negozio di copricapi a Friedrichshain, nonostante la popolazione locale lo eviti per via delle origini ebraiche. Un giorno, Yannick, un ragazzino di buona famiglia dal viso sfregiato, decide di sfidare la sorte ed entrare nella bottega per acquistare un cappello da donare alla madre. Da quel momento, i due entrano subito in sintonia. Miroslaw riesce a fare breccia nell’animo del ragazzino che inizia a frequentare la gioviale famiglia Nowak.
Quattro anni dopo, Johannes Händler sogna a occhi aperti di diventare un aviatore della Luftwaffe e condivide le proprie ambizioni con Wolfgang Ebert, l’amico di sempre. Quella carriera gli è però preclusa, a causa dell’ostilità del padre nei confronti del partito nazionalsocialista. È Hermann Reinke, un gerarca nazista interessato alle questioni della famiglia Händler, a insistere per piegarla agli ideali del Terzo Reich, e Johannes dovrà pagare a caro prezzo il costo delle proprie aspirazioni. La strada che gli si aprirà davanti sarà più impervia del previsto.
Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale sovvertirà gli equilibri mondiali e le vite di Miroslaw, Johannes ed Hermann si incroceranno come nessuno dei tre immaginava.