Viaggio nella storia

Historic Travel Reporter – Navigando sul Burchiello

Prosegue il nostro viaggio estivo alla scoperta degli angoli più belli e storici della nostra penisola, presentati direttamente dai nostri lettori! Oggi navighiamo sul Burchiello… pronti? Andiamo!

Articolo a cura di Anna Cancellieri

La Riviera del Brenta è un emozionante percorso fluviale che unisce Padova alla laguna di Venezia. È anche la via che permetteva ai viaggiatori del passato di raggiungere dalla terraferma la città dei Dogi.

Il segmento più recente di questa linea d’acqua è il canale Piovego, scavato nel 1209 per agevolare gli scambi commerciali tra le due città. Si distingue sulle mappe per la sua rigorosa linea diritta, in contrasto con l’andamento sinuoso del fiume naturale, antico ramo del Brenta.

Benché arricchita dai commerci con l’Oriente, Venezia non era autosufficiente: gran parte dei beni alimentari di prima necessità veniva importata dalla terraferma, motivo per cui il traffico fluviale sulla linea Padova-Venezia era incessante. Le imbarcazioni seguivano la corrente con l’aiuto di remi o pertiche, mentre in risalita venivano trainate da cavalli o buoi lungo la via alzaia che costeggiava una delle sponde. In mare aperto le più attrezzate issavano gli alberi e scioglievano le vele.

Una delle imbarcazioni più comuni era il burchio, con una lunghezza che poteva arrivare fino a 35 metri.

Come si può immaginare nel bacino di San Marco l’affollarsi delle barche da carico si sommava a quello delle galee da guerra e delle navi tonde per la mercatura e il trasporto passeggeri: una confusione tremenda!

Quando la Serenissima cominciò ad allargare i suoi domini in terraferma, molti patrizi facoltosi acquistarono lungo la Riviera del Brenta vaste tenute destinate alle attività agricole, con costruzioni che man mano divennero sempre più eleganti e lussuose, ideali come residenze estive.

Per gente così altolocata e schizzinosa non era decoroso viaggiare sulle rustiche imbarcazioni da carico… ed ecco nascere il Burchiello, la versione elegante del burchio, con una spaziosa cabina rivestita di broccati, specchi e legni pregiati, in cui oltre a ogni comodità erano offerti musica e intrattenimenti.

Con il moltiplicarsi delle ville, in una specie di gara a chi poteva esibire dimore sempre più splendide e ornate di delizie, comincia anche una stagione di feste e divertimenti sfrenati, su cui Goldoni ironizza nella commedia Le smanie per la villeggiatura. I veneziani portano lungo i fiume il loro amore per l’eleganza e la leggerezza, ma anche per la stravaganza e l’eccesso.

“Le rive da una e dall’altra parte di questo fiume sono tutte piene di palagi e le deliziose habitazioni de’ Nobili, e più opulenti cittadini, con Horti, Giardini, e ben popolati Villaggi, a segno tale, che chi naviga sopra di esso rassembra andare a diporto in mezzo ad una Città per il corso di 16 miglia che formano quasi un continuato Borgo, il quale unisce la Metropoli di quello Stato colla Città di Padova.”  (Vincenzo Coronelli, 1697)

Soppresso durante la dominazione di Napoleone, il Burchiello torna a nuova vita in epoca moderna, con finalità squisitamente turistiche.

Oggi è una motonave dotata di ogni comfort e un ponte scoperto per godersi al meglio il placido percorso lungo il fiume. A ogni ansa si aprono scorci di siepi fiorite, salici prostrati sull’acqua, giardini curatissimi da cui fanno capolino le facciate di infinite ville, ognuna con la sua personalità e il suo fascino. Il dislivello di 10 metri fra Padova e la laguna viene superato con dolcezza grazie a quattro chiuse. Numerosi ponti girevoli e un ponte levatoio lasciano il passo all’approssimarsi del battello.

Tappe obbligate: le visite a tre ville magnifiche.

La più grandiosa è senza dubbio Villa Pisani a Stra, tanto che viene chiamata la Versailles del Veneto. Alvise Pisani volle farne un’autocelebrazione che aveva anche finalità politiche, infatti prima che fosse completata fu eletto Doge.

Impossibile descrivere la bellezza delle sue 100 e più stanze e dei suoi sterminati giardini. Mi soffermo solo sul padiglione del caffè, posizionato su una collinetta artificiale che faceva da ghiacciaia. Una lastra forata nel pavimento della Coffee Hause lasciava passare aria fresca anche d’estate!

La mia preferita comunque resta villa Widmann, un piccolo gioiello raffinato, con deliziose ricercatezze che sbucano qua e là, incredibili lampadari in vetro di Murano e un giardino in cui andare a caccia di angolini romantici.

A Dolo c’è un antico mulino che ho potuto vedere per puro caso. È l’ultimo sopravvissuto di una gloriosa schiera. Adoro i mulini, perché sono il simbolo di un periodo storico in cui quasi tutte le manifatture andavano a energia pulita: l’energia idraulica!

L’ultima sosta è a Mira, per visitare la palladiana villa Foscari detta La Malcontenta. La superba struttura neoclassica è sopraelevata rispetto al manto erboso e ha un aspetto maestoso anche se realizzata con materiali poveri, mattoni e intonaco, nel tipico stile del celebre architetto. Gli spazi interni sono essenziali, ampi e luminosi, arredati con semplicità.

Perché Malcontenta? Lo strano nome deriva forse dalla parola malcontenuta, riferito all’acqua, perché in prossimità della foce le acque non avevano argini definiti come oggi, si mescolavano a quelle salmastre della laguna e formavano aree paludose in cui era difficile districarsi, con conseguenti allagamenti delle superfici a livello.

Saliamo sul battello per l’ultima volta. A Fusina il canale si apre sulla laguna e la navigazione procede fra due file di piloni che emergono da un mare increspato e azzurro. Il sole declina a occidente e lontano all’orizzonte, inondato da una luce dorata, si intravede un profilo confuso di torri, cupole, campanili…

Venezia.

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