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La liberazione del gigante – Louis De Wohl

Recensione a cura di Roberto Orsi

“Non possiamo conoscere Dio scorgendone l’essenza, ma solo in base al tessuto dell’universo. Dio ci ha posto davanti agli occhi la somma delle creature, affinché Lo riconosciamo in esse: l’universo, infatti, è col suo ordine quasi un ritratto e ha una debole somiglianza con la natura divina che ne è modello e archetipo”

Louis De Wohl è l’autore che racconta la vita dei santi. “La liberazione del gigante” è un romanzo sul meraviglioso personaggio di San Tomaso d’Aquino. Annoverato tra i Dottori della Chiesa, Tomaso fu frate Domenicano, uno dei principali pilastri della teologia e filosofia cattolica.

Il personaggio di San Tomaso D’Aquino

Tomaso ebbe il grande merito di avvicinare la dottrina della Chiesa alla filosofia classica e a personaggi del calibro di Platone e Aristotele. Si tratta, senza ombra di dubbio, di uno dei più grandi filosofi della storia della Chiesa Cattolica.  Un uomo che scrisse testi su qualunque argomento, una vita trascorsa a studiare il pensiero dei grandi uomini del passato, dell’essenza del divino e del dogma della Chiesa sulla fede in Dio.

La grande abilità di Tomaso fu quella di avvicinare forse più di altri, soprattutto nel suo tempo, la ragione e la fede. La capacità di non metterle su piani diversi e di non consentire all’una di escludere l’altra. La possibilità di farle convivere in un unico pensiero, in cui l’una sopperisce alle mancanze dell’altra. La filosofia non danneggia la dottrina e la parola di Dio: Tomaso d’Aquino ebbe la grande capacità di metterla invece a servizio di Dio. “Ciò che è dimostrato dalla ragione non lede la rivelazione a patto che sia davvero dimostrato”.

Il romanzo

L’autore parte dalla vita di San Tomaso, fin dai primi anni di vita, nell’abbazia benedettina di Montecassino dove viene salvato da un attacco imperiale, grazie all’intervento del cavaliere inglese Piers Rudde, al servizio della casata dei D’Aquino.

All’Università di Napoli, Tomaso entra in contatto con il nuovo ordine mendicante dei Domenicani, fondato solo pochi anni prima. Il suo desiderio, fin da subito, è quello di entrare nell’Ordine e dedicare la sua intera esistenza alla Fede e al messaggio primordiale della Chiesa. Gli studi del giovane Tomaso lo portano a viaggiare per l’Europa, spostandosi prima a Roma e poi a Parigi. Tomaso studia tutti i testi filosofici classici, incontra il pensiero dei grandi uomini del passato, forma un suo modo di interpretare la realtà e affascina con la sua dialettica profonda ma allo stesso comprensibile da chiunque.

“Che cosa è Dio? Feci per la prima volta quella domanda quand’ero ancora bambino, e da allora Dio continua a rispondere ininterrottamente. Egli è Colui che è ed è tre persone e tuttavia un solo Dio  e tutto ciò che ha detto di sé quando venne su questa terra.”

Come sottolineano Francesco Ventorino e Sergio Cristaldi nella loro introduzione al romanzo, Tomaso ebbe una vita piuttosto sedentaria, dedita allo studio e alla fede, sicuramente non un’esistenza avventurosa come potrebbe essere quella di un cavaliere crociato del XIII secolo.

La chanson de geste

Ecco che l’espediente narrativo ideato da Louis De Wohl gli consente di movimentare il racconto, renderlo accattivante senza perdere troppo di vista il messaggio principale. Affianca, quindi, al personaggio di Tomaso D’Aquino, la vita del cavaliere Piers e del suo scudiero Robin. L’inglese, al servizio della famiglia di Tomaso, è perdutamente innamorato di una delle sorelle del domenicano: Teodora.

Un sentimento che sboccia fin dal primo incontro e, come nel migliore dei cavalieri della chanson de geste e dei grandi poemi epici cavallereschi, vive nell’antro più segreto del cuore di Piers, impossibile da portare alla luce del giorno. Il cavaliere incarna i più grandi valori del tema medievale: il senso dell’onore, del rispetto, l’elevazione della donna amata e la necessità di servirla in qualunque modo pur di poterne entrare nelle grazie.

Tra impero e papato

Il romanzo, in questo modo, incrocia le dinamiche della vita di diversi personaggi. A cavallo tra la sesta e la settima crociata, l’autore racconta l’epopea del Vecchio Continente, in quel periodo che vide splendere la stella dello Stupor Mundi Federico II di Svevia. Il rapporto burrascoso tra papato e impero, culminato nella scomunica da parte di Gregorio IX nei confronti di Federico, nel 1228, rimane al centro della narrazione. Potere secolare e potere spirituale, supremazia di uno sull’altro, l’ascesa indipendente di un imperatore che avrebbe dovuto essere braccio armato della Cristianità. Un uomo illuminato come Federico, che ebbe più di un contatto con il mondo orientale e le grandi conoscenze dei maestri arabi, nel campo della matematica, della filosofia e della scienza. Sicuramente un punto di contatto, se vogliamo vedere, tra il pensiero di Tomaso e quello di Federico. Quel punto di contatto tra Chiesa e Stato, tra Fede e Ragione, su cui De Wohl concentra i passaggi più filosofici e riflessivi dell’intero romanzo.

“Per me è pagano, e per giunta ignorante, chiunque non voglia saperne di scienza e progresso: chiunque fa vita contro natura astenendosi dalla dona; chiunque crede in scongiuri magici pronunciati sopra un pezzetto di pane o un sorso di vino o una goccia d’olio, e a ogni domanda indagatrice dell’uomo pensante sa rispondere soltanto con la paralizzante formula “io credo””.

Per Tomaso i filosofi erano gli esseri più perfetti dell’antichità. Questo dava speranza al fatto che la scissione tra fede e ragione non fosse duratura e ci fosse quindi la possibilità di vederle convivere un giorno, senza alcun bisogno di supremazia affermata.

“Bisognava dunque sperare che un giorno la ragione e la rivelazione si staccassero dalla loro unilateralità e che la sintesi di questi due grandi doni di Dio si trovasse in un nuovo ordine delle cose.”

Il libro di De Wohl, partendo dalla vita di Tomaso d’Aquino, si trasforma ben presto in un romanzo medievale che racchiude tanti spunti di riflessione e chiavi di lettura: dal romanzo avventuroso con spedizioni in battaglia, assedi, prigionie e crociate, al racconto ecclesiastico e filosofico con i Concili voluti dal papa e le lezioni all’Università di Napoli e di Parigi dove Tomaso d’Aquino ebbe gli incontri più importanti per la formazione del suo pensiero. Fino al romanzo cavalleresco e sentimentale, nell’accezione più “drammatica” del termine, dove l’amore è sofferto e vive di speranza.

“La sua opera più grande è aver fatto della filosofia un’arma al servizio di Cristo. Non solo gli è riuscita la sintesi fra sapienza aristotelica e sapienza cristiana, ma ha fatto molto di più. Ha impartito alla filosofia stessa il sacramento dello Spirito Santo.”

Pro

Una scrittura interessante e non banale; la capacità di introdurre concetti non semplici in un linguaggio comprensibile senza annoiare il lettore; la capacità di affrontare più generi all’interno dello stesso romanzo così come quella di inserirsi in più registri narrativi mantenendo l’unione con il focus principale.

Contro

Chi si aspetta un resoconto più dettagliato della vita di Tomaso D’Aquino si sorprende in realtà nel leggere un romanzo molto più ampio.

Trama

Tredicesimo secolo. Mentre si prepara la sesta crociata, due uomini attraversano la storia e l’Europa: Piers, coraggioso cavaliere idealista al seguito dell’imperatore Federico II, e il giovane Tomaso che, abbandonando la ricca e influente famiglia, fa voto di povertà ed entra nell’ordine domenicano per intraprendere uno dei più straordinari cammini di fede della cristianità. In una narrazione vivace e appassionante, de Wohl illumina i lati più intensi della figura di san Tommaso d’Aquino e pone la vita del grande frate domenicano al centro di un affresco storico che, intrecciando le vicende dei personaggi con i principali eventi dell’epoca, ripercorre gli anni dei violenti attriti tra impero e papato ed entra nel fuoco del problema da cui è nata la civiltà europea: il rapporto tra fede e ragione.

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