Recensione a cura di Serena Colombo
Si dice che leggere è un po’ come viaggiare, e leggere romanzi storici è un viaggio ulteriore, nello spazio ma anche nel tempo. Il romanzo di Lisa See, edito da Longanesi nel febbraio scorso, è la conferma ulteriore di questa affermazione. Un viaggio per il quale si parte leggeri, e si torna arricchiti di conoscenze, di sentimenti, di cultura. Tanto è brava la scrittrice a ricostruire il mondo, la storia, i costumi della Cina del XV secolo.
Ispirato dalla vita straordinaria della prima donna medico cinese, Tan Yunxian (che significa Virtù reale), di questo personaggio ne conosciamo la vita, la caparbietà, gli insegnamenti e la formazione ricevuti, ma anche il suo profondo altruismo soprattutto verso le altre donne. E questo nonostante sia cresciuta in un’epoca in cui Confucio predicava che non serve istruire le donne il cui valore risiede solo nell’uomo a cui vanno in spose e alla generazione di una stirpe
“Bestie o donne, siamo proprietà di un uomo. Noi donne esistiamo per dargli eredi e nutrirlo, vestirlo, dargli diletto. Non dimenticarlo mai.”
Eppure Yunxian, la cui famiglia si è occupata di medicina per generazioni, viene istruita dalla nonna paterna alle basi della medicina cinese, e a un particolare ramo di essa, quella femminile
«Non è consuetudine insegnare la medicina ereditaria a una figlia, che alla fine si sposerà e porterà con sé la sua conoscenza. La medicina di tuo nonno è diversa. Quella puoi impararla da un libro, da chiunque.
«Tuo nonno ha proposto di insegnarti la sua medicina. Io sono di un’altra idea. Tua madre è morta perché nessun medico di sesso maschile ha potuto visitarla o curarla adeguatamente.
«Io sono disposta a insegnarti la mia. I dottori, maschi o femmine, la chiamano fuke, ’medicina per le donne’. Sei interessata?»
E qui risiede la prima nota interessante del romanzo: una cultura medica e curativa, quella cinese, che il lettore segue con attenzione, con raccapriccio a volte, con sgomento altre, ma con la sete di conoscenza senza la pesantezza didattico-accademico.
Yunxan impara a curare le donne (ma non solo, poi) e per diventare medico deve sfidare i divieti della suocera alla quale la giovane trova il suo modo di ribellarsi, determinata a non lasciarsi intimidire
Posso sopravvivere alla maggior parte di queste ferite, ma non rinuncerò a ciò che sono, anche se questo dovesse significare nascondere le mie azioni e praticare la medicina in segreto.
E sempre in segreto, Yunxan coltiva l’amicizia con una giovane levatrice, Meiling (nell’Oriente di quel tempo, una levatrice era altro da un medico, poiché il contatto col sangue – inevitabile in una partoriente – era considerato inquinante).
«Viviamo in un mondo di contraddizioni. Le levatrici hanno una cattiva reputazione, mentre i medici sono rispettati. Le levatrici possono arricchirsi, mentre i medici possono acquistare fama…»
«Non mi state dicendo niente che non sappia già.»
«Quello che sto dicendo è che, secondo la mia esperienza, non è questione di scegliere tra una cosa o l’altra. Possono coesistere.»
Il rapporto tra le due diviene sempre più stretto, ma poiché appartenenti a due ranghi sociali del tutto diversi, è un rapporto da troncare in tutti i modi.
E il romanzo si fa qui una storia di solidarietà tra donne, di reciproco aiuto, di amicizia, nonostante gli intrighi di palazzo, le gabbie maschili e culturali dentro le quali vengono “recluse” e nonostante la Giustizia che entra a determinare la vita di Meiling e il suo allontanamento, colorando di giallo questo libro che si legge con una tranquilla avidità (e l’ossimoro ci sta tutto!), nonostante molte parti di esso facciano male – la pratica della fasciatura dei piedi è e resta qualcosa di aberrante ogni volta che la si legge – ma che servono a far entrare ancora di più in una cultura molto lontana da noi occidentali, nella quale persistono ancora oggi certe credenze, alcuni rimedi – Molte delle ricette elencate da Tan nel suo libro sono usate ancora oggi nella medicina tradizionale cinese e si basano su tradizioni vecchie più di duemila anni, informa la See nella nota conclusiva.
La See si dimostra ancora una volta una narratrice squisita, sempre molto attenta alla ricostruzione storica che è curatissima, ricca di particolari che rendono affascinante il romanzo senza mai strabordare o diventare pedanti. Un romanzo che abbraccia la Storia – quella della dinastia Ming, in particolare – la medicina, le leggi (alcune davvero medioevali e crudeli), la condizione delle concubine nel rapporto con le mogli e le altre donne, i costumi di un periodo storico di per sé oscuro (per definizione, tale è il Medioevo) eppure colorato dai fiori che adornano le dimore, dagli abiti, dai ricami delle scarpe che segnano i passaggi di età delle donne in una Cina in cui essere donna era forse ancor più difficile della nostra Europa.
Una Cina che, tuttavia, ha plasmato una donna la cui storia doveva essere raccontata. Perché essere la prima donna medico a quell’epoca e in Oriente, è un fatto non da poco.
A colpire, poi, tra le altre cose, è la scrittura: posata, musicale, “colorata”, piena di sfumature; una scrittura di cui godere con gli occhi e con la mente, che si fa immagine e trasporta nella scena, nei luoghi, nella Storia.
Di grande interesse e degno di nota il racconto della scrittrice, a fine libro, della genesi del libro: dalla nascita dell’idea al reperimento e consultazione dei testi (incluso quello di Tan Yuxan), alle fonti bibliografiche per l’attenta ricostruzione storica, fino a tracciare la linea di confine tra verità, fatti e personaggi storici e finzione.
Pro
Sarebbe troppo lungo elencarli tutti
Contro
Niente da rilevare
Citazione preferita
La distanza mette alla prova la forza di un cavallo; il tempo rivela il cuore di una persona.
Cartaceo: Lady Tan e il circolo dei fiori di loto
Ebook: Lady Tan e il circolo dei fiori di loto
Trama
Cina, XV secolo. Secondo Confucio «una donna istruita è una donna senza valore», ma Tan Yunxian non è d’accordo. Rimasta senza la madre, fin da bambina le vengono insegnati dai nonni i pilastri della medicina cinese, i Quattro Esami – guardare, chiedere e ascoltare, annusare e toccare, sentire il polso –, un approccio che un medico uomo non può mai mettere in atto con una paziente donna perché la tradizione lo vieta, giudicandolo sconveniente. E così ci sono donne che devono curare altre donne, come Meiling, promettente levatrice che conosce la consistenza dei corpi e la viscosità del sangue: per lei toccare è prassi quotidiana, mentre per un medico è riprovevole. Yunxian e Meiling si scambiano nozioni e rimedi, diventano amiche e giurano che condivideranno gioie e battaglie. «Niente fango, niente loto», si dicono: dalle avversità può sbocciare la bellezza. Ma poi Yunxian è costretta a sposarsi e tutto quello che ha costruito sembra franare. Tutto quello che ha imparato sembra dover essere dimenticato, ora che è una moglie. Ma il suo desiderio di curare, di aiutare donne e ragazze di ogni ceto sociale è più forte persino della tradizione, alla quale si ribella. Con l’aiuto di Meiling, Yunxian si spingerà così dove nessuna donna cinese era mai arrivata, contribuendo in modo indelebile al progresso della medicina.