Narrativa recensioni

Giotto coraggio – Paolo Casadio

Recensione a cura di Mara Altomare

Ci sono alcuni oggetti che dalle pagine di questo romanzo sembrano uscire fuori per restarci tra le mani, perché racchiudono l’anima del libro, dei suoi protagonisti e delle loro piccole storie, svelate all’interno della “grande storia”.

La più emozionante tra queste storie è quella di un amore tra una madre e un figlio che si scelgono: Giotto, piccolo orfano romagnolo di dieci anni, e Andrea, giovane dottoressa, che si uniscono realizzando la loro famiglia non tradizionale, in un momento storico, gli anni ’40, e in un luogo, il lago di Garda, non qualsiasi, teatro della nascita della Repubblica di Salò, l’occupazione nazifascista e le tante forme di resistenza.

“Era restato solo per quattro anni fino al giugno di quell’estate del ’43, quando nel sanatorio sul mare aveva incontrato Andrea Zanardelli e non si era più sentito solo. Il sentimento era stato immediato, forte e reciproco”.

Andrea dedica la sua vita agli altri, attraverso una grande storia di coraggio, dove coraggio è sinonimo di “scelta”. Basti pensare al fatto che sceglie, negli anni ’40, da donna, di essere un medico. Coraggio che è fedeltà al suo giuramento di curare ogni paziente senza discriminazione, una professione che è una vocazione: per lei l’ospedale è una chiesa. Coraggio che è l’abbraccio a Giotto, una maternità, anche qui, per “scelta”.

Giotto è una carezza. E’ un bambino solo, che cerca una famiglia e una casa, che rincorre la “normalità” che ha perso, e lo fa con ironia, meraviglia di fronte a un gelato, tenerezza nei confronti di un gatto, curiosità quando scopre il cinema. Il suo dialetto romagnolo colora i dialoghi e si intreccia con i numerosi dialetti e lingue che abitano romanzo: l’italiano, il bresciano, il piemontese, il tedesco, il francese, che trasmettono un’esperienza di lettura affascinante, anche se complessa.

“Mi sono spatacato! Fare il cinema è bellissimo! Adesso ti insegno!”

Andrea racconta a Giotto del Garda, della grande casa sulla riviera, della camera che sarebbe diventata sua, delle gite in barca che avrebbero fatto, gli promette di adottarlo. Questione di tempo… di documenti. “Devi aspettare, avere fiducia”.

E allora dalle pagine del libro esce una cravatta, viola, la “gravatta”, come la chiama Giotto pensando sia la parola giusta, la gravatta che desiderava tanto, per non sentirsi un orfano. La gravatta indossata con fierezza per lo scatto della foto del suo primo documento di identità. Un momento che per lui segna il tempo in modo che da lì ci sarà un “prima” e un “dopo”.

«Giotto Zanardelli: quando saremo a casa, prenderai lezioni di italiano» sorrise Andrea. E Giotto, a sentirsi battezzato di nome e cognome, un cognome nuovo che significava famiglia, ebbe un brivido profondo che gli serpeggiò tra schiena e collo, ma non lo disse.

Andrea e Giotto sono anche i nostri accompagnatori per un’occasione di viaggio in una pagina di storia importante, di guerra e resistenza, descritta con una precisione e cura che testimonia il profondo lavoro di ricerca dell’autore e anche la sua familiarità con i luoghi descritti. Un romanzo storico in piena regola, dove la trama è arricchita dai tanti dettagli reali. L’esperienza della repubblica di Salò e la meno nota vicenda della cronaca del trasferimento delle attività FIAT nelle gallerie gardesane. E poi figure come Rudolf Rahn, ambasciatore presso il governo della Repubblica Sociale Italiana, come il console tedesco Moellhausen, oppure Herbert Kappler e lo stesso Mussolini, che si interfacciano e dialogano con i protagonisti. Pagine in cui la realtà storica e le emozioni si fondono con una maestria tale che anche il romanzo non perde mai la sua credibilità, regalandoci momenti suggestivi.

Come l’incontro tra la dottoressa, Andrea, e lo stesso Mussolini: Andrea, descritta fisicamente come una donna di altezza spiccata, non ha mai visto il duce. O meglio, lo ha visto nei cinegiornali Luce, quelli che proiettano prima degli spettacoli al cinema, dove Mussolini svetta su tutti per statura.

“Pareva quasi gigantesco, e ora se lo trovava davanti”
“Il duce era basso”.
S’accorse di dominare Mussolini calando lo sguardo per osservarlo in volto. Un metro e sessantacinque, forse sessantasette. Infagottato nel pastrano grigio da caporale della milizia, a fianco del massiccio Rahn pareva ancor più piccino.

Senza esprimere giudizi, è bastato all’autore immortalare uno sguardo per illuminare la dignità della resistenza, “il coraggio di fare ciò in cui si crede e affrontare ciò che spaventa”.

Il coraggio di Giotto è anche quello di seguire un sogno e c’è un momento in cui dal romanzo, tra i vari oggetti, salta fuori una “pizza”, una custodia per pellicole cinematografiche. Perché questo è il sogno di Giotto, diventare un regista! Un pretesto ben sfruttato per disseminare tantissimi omaggi e riferimenti al cinema di cui il romanzo è pieno, fin dalla copertina, ma soprattutto per mettere in luce la capacità del bambino di raccontare la sua vita, anche nel dramma, ridendo e sperando, e facendo ridere e sperare.

“Quando sarò grande farò anch’io un cinema così e lo chiamerò ‘la vita è bella’ “
“Non puoi, lo hanno già usato”
“Ma il mio sarà più bello!”
“Allora chiamalo “La vita più bella!”

Giotto non permette alla guerra di spegnere i suoi desideri e di impedirgli di sognare un futuro, di annientare la purezza e l’ironia, ma non mancano momenti di forte commozione e dolore, se ne trovano nei passi dedicati allo specchio: un altro oggetto che esce dalle pagine e trasforma questo romanzo in una lettura da portare nel cuore. Giotto guarda la sua immagine riflessa e si osserva, si vede brutto: “le rotule sporgenti, le braccia secche, dai gomiti appuntiti, il tronco patito, abiti larghi che aggiungono infelicità” … ma, guardando meglio, l’oggetto gli restituisce l’immagine di ricordi e persone importanti della sua infanzia, lontani ma sempre vivi, che dalla sua fantasia si fanno realtà tangibile e che riescono a far sentire la loro voce sussurrando dallo specchio: “Giotto, Coraggio!”

E poi tra i tanti protagonisti ce n’è uno che merita particolare attenzione, perché potrebbe sembrare una cornice, ma è proprio il cuore del romanzo:

“Vedrai di notte quant’è bello il Garda. Si vedono le luci di Torri, e quando c’è la luna l’acqua rispecchia d’argento. C’è sempre la brezza che viene dallo Spino, e l’aria sa di montagna”

Il lago, con i suoi colori, scorci e panorami, gli uliveti, le palme e i cipressi, gli odori e le atmosfere, le sue residenze; “e quell’aria inzuppata nell’acqua come un biscotto, quell’inerzia di tranquilla vita turistica” dentro cui si immergono la guerra e il dolore, ma che rimanda riflessa un’immagine capovolta di pace.

Il lago è un altro specchio che riflette speranza.  

“Restò sorpresa dal vedere sentinelle tedesche di picchetto davanti alle più illustri residenze. Non sembravano presenze inquietanti: discutevano tra loro, ridevano, fumavano rilassati, prendevano fotografie come se avessero già assorbito l’inoffensivo clima del lago e vi si adeguassero.
Come se fossero turisti, ma con i vestiti sbagliati.”


PRO

La varietà di dialetti e lingue: può immergere totalmente il lettore nel contesto, per un’esperienza autentica e illuminante su come la riviera gardesana in quegli anni sia stata punto d’incontro di diverse culture.

CONTRO

La varietà di dialetti e lingue: può creare distanza dal lettore più lontano da quella realtà geografica, per il quale la lettura potrebbe risultare un’esperienza meno immediata e più faticosa.

Link cartaceo: Giotto coraggio
Link ebook: Giotto coraggio

Trama

Giotto, orfano di 10 anni originario della Romagna, e Andrea, giovane dottoressa, si sono scelti e, nel caos anche legislativo della guerra, Andrea riesce a portare il bambino con sé e di fatto ad adottarlo. Rientrati sul Lago di Garda, dove vivono i genitori della donna, Andrea e Giotto trovano la casa di famiglia requisita, e devono vincere le diffidenze del paese e dei parenti verso una genitorialità non canonica. Attorno nasce la Repubblica di Salò, e l’occupazione nazifascista si insinua in ogni aspetto della quotidianità. Dichiarata zona ospedaliera, la riviera è in apparenza tranquilla, ma la Resistenza è attiva, e Andrea utilizza la propria posizione professionale per aiutare i partigiani, raccogliendo informazioni riservate mentre lavora presso un ospedale militare tedesco e come medico aziendale per un’officina aeronautica. Un romanzo appassionante in cui alla tragicità della guerra fa da contraltare la simpatia esuberante di Giotto e l’amore tra una madre e un figlio, una storia avvincente sulla Seconda Guerra Mondiale e la lotta partigiana di una giovane donna.

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