Ilaria Rossetti, classe 1987, originaria di Lodi, ha vissuto, studiato e lavorato a Cardiff e a Londra. Nel 2007 vince il Premio Campiello Giovani con il racconto La leggerezza del rumore (Marsilio, 2007). Tra il 2009 e il 2011 ha pubblicato diversi romanzi con la Giulio Perrone Editore.
Con la sua associazione si occupa di teatro e progettazione culturale nei territori di Lodi e Milano, gestendo anche per qualche anno il Caffè dell’Arti a Lodi, hub culturale con all’attivo oltre centosessanta eventi, dove tra le altre cose era possibile anche gustare uno dei suoi cocktail assassini.
Nel 2019 vince il Premio Neri Pozza con il romanzo Le cose da salvare (Neri Pozza, 2020), presentato al Premio Strega e vincitore di diversi premi letterari.
È docente di narrazione e di scrittura (dal 2022 presso la scuola Holden) e da freelance si occupa di editing e consulenze.
La fabbrica delle ragazze (Bompiani, 2024) è Il suo ultimo romanzo (trovate la recensione qui).
Questo, sommariamente, è ciò che ci racconta di lei la scrittrice stessa sul suo sito web www.ilariarossetticom.wordpress.com
TSD l’ha invitata nello spazio autori per una chiacchierata. Ad accoglierla c’era Serena Colombo che le ha rivolto qualche domanda.
Qual è stata la tua primissima sensazione quando sei venuta a conoscenza della vicenda raccontata nel tuo “La fabbrica delle ragazze”?
Ho sentito subito che era una storia viva, che era materiale vivo. Ho sentito l’onda del passato irrisolto, dimenticato, e tutte le potenzialità narrative che si spalancavano, perché c’era molto da dover riempire con l’immaginazione e l’invenzione. Ho provato fin da subito, per queste vittime, una grandissima tenerezza e un profondo compianto.
Hai adottato una tecnica narrativa particolare, andando a ritroso nel tempo e, solo alla fine, la vicenda della disgrazia e come questa fu politicamente affrontata.
Perché questa scelta?
Perché credo che al di là del cosa raccontiamo nei nostri libri, molto più importante sia il come. Spesso sono lo stile e altri elementi formali della scrittura, come per esempio la struttura, a offrire prospettive e sensibilità di racconto che dicano davvero come lo scrittore o la scrittrice vedono il mondo, che tipo di ragionamento stanno portando avanti. E secondo me, anche nel caso de La fabbrica delle ragazze, il lettore andava un po’ disorientato, messo davanti a situazioni e personaggi complessi oltre il fatto storico in sé.
Quale è stata, se c’è stata, la maggiore difficoltà incontrata nella ricerca documentale per scrivere il tuo libro?
A dire la verità non ce ne sono state, perché ho potuto contare sull’aiuto del Comune di Bollate, in particolare della dottoressa Mara Sorte, che mi ha supportato nella ricerca e nella consultazione delle fonti storiche e che è sempre stata disponibile a rispondere a tutte le mie domande.
Prima della pubblicazione de “La fabbrica delle ragazze” avevi vinto due Premi di una certa risonanza, il Campiello giovani e il Neri Pozza. Inoltre, come leggiamo dalla tua biografia, insegni alla scuola di scrittura Holden.
Il nostro gruppo FB è molto popolato di scrittori giovani o aspiranti tali, spesso sfiduciati o con troppe aspettative. Puoi regalare loro un consiglio/suggerimento “vincente”?
Non credo che esistano suggerimenti vincenti, ma solo consigli sinceri: bisogna trovare, per raccontare una storia, la propria voce, e spesso serve tempo, pazienza, vita, tantissime letture. La fretta è pericolosa, soprattutto se si accompagna alla smania di pubblicare: è importante ascoltarsi, capire che scrittori si può e si vuole diventare, imparare a essere molto onesti con le proprie idee e i propri testi, imparare a stroncarli se è quello che serve. E poi, quando arriva il testo che sentiamo davvero autentico e potente, provare a cercare un editore piccolo o medio, oppure un’agenzia letteraria.
Qual è il tuo rapporto con la Storia? Credi che essa, a differenza della letteratura, possa – citiamo dalla tua postfazione – salvare qualcuno o qualcosa
Credo che la Storia potrebbe salvarci nella misura in cui impariamo a condividerla in quanto storicizzata, e quindi non più condizionata dalla memoria, che invece è una cosa completamente diversa.
Che lettrice è Ilaria Rossetti?
Una lettrice voracissima, che spazia tra narrativa e saggistica, tra voci italiane, anglosassoni, tedesche, balcaniche, russe, statunitensi. E che vorrebbe leggere ancora di più, scoprire tutto quello che le manca.