Recensione a cura di Raffaelina Di Palma
La Cyclopaedia
In origine la Cyclopaedia, era un Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri, stampato dall’editore inglese Ephraim Chambers nel 1728, membro della Royal Society di Londra e autore di quello che all’epoca era ritenuto un punto di riferimento per la diffusione del sapere.
L’idea di affidare a Denis Diderot la traduzione della Cyclopaedia fu del libraio e editore André Le Breton. All’epoca, le Arti e i Mestieri, erano manuali considerati in generale di poca importanza.
Questo progetto inizialmente, alquanto modesto, dietro l’impulso di Diderot, affiancato da Jean Baptiste Le Rond d’Alembert, assunse ben altra grandezza: si delineò, a mano a mano, un’opera armonica e coordinata nelle varie parti, comprendenti tutte le conoscenze del tempo, diventando la “Conoscenza” per eccellenza: moderna e laica.
I risvolti storici
Nel 1759 la Chiesa condannò e attaccò duramente l’Opera. Jean Baptiste Le Rond d’Alembert si ritirò amareggiato da questi attacchi, mentre Diderot, insieme a pochi altri collaboratori, continuò a lavorare all’Opera segretamente.
La vicenda dell’Encyclopédie mise a nudo la crisi di identità della società francese dell’epoca che, da una parte produceva uno dei massimi monumenti della cultura umana, ma dall’altra scopriva la debolezza delle istituzioni, che non erano in grado di dare allo spirito, intellettuale e politico, quella individualità per un libero pensiero.
Denis Diderot
Il libro inizia con l’intervista a Diderot, ormai settantenne, da parte di un giovane cronista a Sevres, dove lo scienziato è convalescente e proprio da questa intervista viene fuori il Diderot uomo.
Un modo per dare vita e un riconoscimento di ciò che la cultura gli deve; è straordinario, a mio parere, questo riconoscimento che Marco Cavalli fa al filosofo francese: per le sue idee, per le sue ricerche, che portarono una nuova libertà. Una delle più grandi rivoluzioni della divulgazione culturale e del libero pensiero in Europa.
“Volete che vi parli di me? Benissimo, sarete servito. Ma vi metto sull’avviso: rimarrete deluso. Come tutte le persone appagate non ho storia; o meglio, non ne ho più una. Dovevate incontrarmi vent’anni fa, allora si che ero infelice. No, «infelice» non è la parola giusta; «ferito», semmai, «pugnalato alle spalle». Un colpo tra la nuca e le scapole calato da mani vili e assassine, come in uno di quei sanguinosi drammi dinastici dell’età dei Tudor.”
Attraverso le varie fasi della sua vita, conosciamo un Denis Diderot piacevolmente loquace che fa della sua vita una testimonianza ricca, curiosa e ironica, ma non certo facile.
Diderot, uno dei più importanti ideatori dell’Encyclopédie, ci fa da guida nella Francia del XVIII secolo, a quel movimento filosofico, politico, sociale e culturale sorto tra il 1715 e il 1789, che nacque in Inghilterra diffondendosi poi in tutta Europa.
Diderot vide nel progetto un’irrinunciabile battaglia, politica e culturale. L’Encyclopédie, doveva servire a divulgare il sapere all’esterno della consueta cerchia, importante per erudire un popolo.
Uomini e donne avvertirono una nuova percezione di libertà: diventarono protagonisti delle loro realtà; liberandosi dai gioghi feudali, l’individuo si liberò da ogni pastoia e la nuova indipendenza si estese a tutti i membri della società, determinando anche la condizione dell’uomo contemporaneo.
“Il guaio è che il passato non mi basta. Non lo posso nemmeno abbellire: la vita non mi ha inflitto grandi privazioni né mi ha fatto sperimentare fatiche estreme. Molti, nelle mie stesse condizioni sono stati costretti all’esilio. Ah, gli esuli! Loro si hanno coraggio, intraprendenza… Io invece niente. Non so fare niente di buono e ormai neanche qualcosa di utile.”
Diderot è stato uno dei più grandi e rappresentativi esponenti dell’Illuminismo da cui è nata la libertà di pensiero insieme a un linguaggio diretto e accessibile, senza edulcorazioni pur nella straordinaria ricchezza del suo messaggio.
Marco Cavalli non si è accontentato di parlarne in terza persona, si è servito di una potente verifica di stile che gli ha permesso di entrare non soltanto nella storia sociale dell’epoca, ma anche nella vita privata dello scienziato; affidando la conversazione a un giovane cronista che vuole a tutti i costi realizzare il colpo del secolo: intervistare il suo eroe.
Noi lettori accettiamo con simpatica curiosità questa licenza poetica: assistiamo alla nascita di un irresistibile, affascinante ritratto di Denis Diderot nel suo descriversi, ma anche, principalmente, nello svelare la Parigi dei Lumi, intrisa di pensiero religioso, tanto quanto, quello libertino e filosofico, che ritroviamo nelle conversazioni dei salotti parigini.
Nessuno strumento di divulgazione e di comunicazione veniva trascurato: nacquero giornali e riviste, convegni, incontri, semplici dialoghi; i salotti dei nobili e dei borghesi diventarono veri e propri circoli culturali.
I Philosophes erano sia uomini che donne: la cultura illuminista era, insolitamente per l’epoca, aperta anche alle dame, che erano poi le stesse signore che organizzavano i salotti, che scrivevano e dibattevano anche della loro condizione femminile.
“Siamo fatti di atomi; non proveniamo e non andiamo da nessuna parte, Dio è un’invenzione degli uomini; se non la più cretina, certo la più dannosa. Sono queste le idee che i libri «filosofici» contrabbandano e che il Consiglio del re, d’accordo con le alte gerarchie ecclesiastiche, considera impraticabili dalla letteratura.”
Diderot, ateo e materialista.
In seguito queste sue posizioni anti-religiose gli procurarono condanne e denunce. Finì in prigione, per aver manifestato contro l’esistenza di Dio nella “Lettera sui ciechi ad uso di coloro che vedono”.
Secondo la sua tesi, di Dio si potevano riconoscere soltanto quegli atti e qualità attinenti alla ragione, come l’esistenza. Sosteneva l’esigenza di una religione razionale.
Il Settecento fu un secolo fortunato per il Teatro, che conquistò un pubblico sempre più numeroso. Per un filosofo dei Lumi il Teatro raffigurava l’occasione per liberare e proteggere, al tempo stesso, le proprie idee.
Nella morale di Diderot c’era la convinzione che l’uomo poteva essere veramente libero solo in uno stato sociale nel quale non vi erano né re, né magistrati, né preti, né tuo, né mio, né vizi, né virtù etc…
Era contro ogni forma deterministica: l’uomo non era la vittima impotente degli elementi naturali, al contrario, era libero di scegliere la sua etica nel dominare se stesso e a sfuggire ai suoi istinti naturali. Entriamo insieme con lui nell’Eutopia: in uno scenario “bello e possibile” che in greco significa “Posto Buono.”
Nella libertà del processo evolutivo, l’uomo aveva una posizione privilegiata: conosceva i fenomeni naturali e la storia umana. Come scienziato condannò lo schiavismo e la colonizzazione e non solo: si pronunciò contro la sottomissione della donna e sostenne la lotta per la libertà sessuale.
Marco Cavalli con questa intervista immaginaria, (bellissima e illuminante), ideologicamente, ci porta davvero al centro dell’essere umano, ci spalanca le porte del pensiero del filosofo francese, che portò a un rinnovamento epocale, dando vita all’Illuminismo e ai primi gruppi di philosophes.
“Il vuoto nello stomaco mi dava alla testa. Stomaco e cervello: ecco le forze di trazioni dell’uomo, allacciate tra loro come gli amanti di una scultura sulla facciata di un tempio.”
PRO
La stesura dell’Encyclopedie richiese anni di lavoro e di impegno. Nata quasi in sordina diventò un monumentale progetto morale dell’Illuminismo, con una fondamentale convinzione: che la fonte della cultura sia la ragione e non una consuetudine.
Una lettura di un certo impegno, ma stimolante e scorrevole.
CONTRO
Una lettura che richiede una discreta conoscenza degli avvenimenti e dei personaggi della Parigi del Diciottesimo secolo
Trama
L’autobiografia mai scritta di Denis Diderot
Marzo 1784. Il settantenne Denis Diderot, convalescente nelle campagne di Sevres, è raggiunto da un trafelato cronista alle prime armi, risoluto a mettere a segno il colpo giornalistico della sua carriera: intervistare l’uomo che ha legato il suo nome all’Enciclopedia, grandioso catalogo delle conoscenze umane e impresa editoriale senza precedenti nell’Europa del XVIII secolo. Pur con il presentimento della morte, Diderot è ancora abbastanza ciarliero da intrattenersi a colloquio con il suo giovane ammiratore, ricostruendo le vicende significative della propria avventurosa esistenza. Ne esce un racconto movimentato, ricco di improvvisazioni geniali, di imprevedibili cambi di ritmo e di rotta. Narrando la rocambolesca genesi dell’Enciclopedia, di cui fu uno degli artefici, Diderot percorre e ci fa percorrere la Francia dei Lumi. Penetra nei salotti e nelle tipografie di Parigi, avvicina protagonisti ed eroi della scena politica e culturale: da Jean-Jacques Rousseau a Madame Pompadour, da Cesare Beccaria a Voltaire, dall’affabile censore Malesherbes all’altezzoso filosofo Condillac. Amici, collaboratori illustri, antagonisti palesi e occulti, donne di insospettata virtù ed erudizione, uomini di scienza e di chiesa, chiamati alla ribalta da Diderot, contribuiscono al suo ritratto nel momento stesso in cui lui li ritrae per noi.