Tempo d’estate, tempo di “prova costume”, tempo di dieta?
Eppure, per molti secoli l’uomo ha ignorato quale fosse il proprio peso e nel passato (remoto) i chili in più erano un segno di distinzione in quanto simbolo di opulenza, di potere.
Pensiamo, ad esempio, agli obesi faraoni Amenofi II, Ramses III o Tolomeo VIII che era detto Fiscone, ovvero il pancione, una pancia talmente grossa che per camminare doveva appoggiarsi a due persone; e rimanendo nell’Antico Egitto, anche la regina Hatshepsut era, diremmo oggi, “una taglia forte”, almeno questo è quanto emerso dagli studi sulle loro mummie, mentre se osserviamo le loro statue li vediamo tutti in forma e più o meni snelli.
E venendo a tempi e geografie più “nostrani”, erano ben panciuti Carlo III il Grosso (ultimo imperatore carolingio) ed Enrico VIII di Tudor (forse il più grosso di tutti), tanto panciuto che, a un certo punto, non poteva spostarsi tra i suoi palazzi se non su una portantina.
Come e quando, dunque, è avvenuto il cambiamento?
Quando sono nate le diete dimagranti?
Prima di arrivare a parlare di diete vere e proprie, dobbiamo dire che il grasso in eccesso è stato condannato fin dalle Sacre Scritture: il profeta Amos, settecento anni prima di Cristo, tuonò “Guai a voi, uomini pingui”, mentre il profeta Isaia collocò gli obesi tra i malvagi, accomunando la voracità all’illecito. Nell’ideale greco, il grasso era sinonimo di “mollezza morale”; gli spartani riservavano ai grassi un trattamento al limite del nostro “body shaming”: il ventre sporgente era simbolo di fiacca effimenatezza (per questo motivo, i giovani dovevano presentarsi ogni dieci giorni nudi davanti a dei magistrati).
E già nel V secolo a.C. Ippocrate di Coo, medico, aveva messo a punto dei rimedi per smaltire il grasso in eccesso: la corsa, la lotta, il vomito indotto con purganti a base di acqua, aceto e sale; l’astensione dal sesso perché induceva alla pigrizia.
Poi il Cristianesimo ha messo il carico da novanta, introducendo addirittura il concetto di disgusto verso il grasso: peccati di gola e lussuria accomunavano l’uomo alla bestia, mentre la magrezza era vista come una corazza valida addirittura davanti al Tribunale di Dio.
Ma sappiamo anche che, proprio dalla parte clericale, si predicava bene e razzolava male.
Con il Medioevo, invece, inizia l’età dell’oro per le forme pingui. Pesti, guerre e carestie fecero sì che il grasso, sia quello maschile che femminile, fosse segno di benessere, di ricchezza e, quindi, di classi privilegiate. Cosa che si riverbera anche nelle definizioni che, proprio nel Medioevo, vennero date a città e popolazioni: Bologna la grassa, il popolo grasso (per indicare la parte più ricca di Firenze).
Misurazione di peso e diete
Arriviamo invece al Seicento: è qui che si scatena l’ansia del peso in eccesso.
È nel 1615 che viene inventata la bilancia pesapersone, e a farlo fu il medico Santorio Santorio: (ora sappiamo chi “maledire” quando la usiamo) una sedia di legno sospesa a una fune legata a un grosso bilanciere.
Per arrivare, tuttavia, alle prime diete vere e proprie, dobbiamo vedere sbocciare l’Ottocento: a introdurre il concetto di dieta dimagrante sarà colui che è considerato il padre della gastronomia ottocentesca, (anche se di formazione giuridica) Jean Anthelm Brillat-Savarin nel suo Fisiologia del gusto, pubblicata nel 1825, con una nota di Honoré de Balzac (ricordate l’articolo su di lui? Lo trovate qui): prediligere carni magre (meglio se di pollo o vitello) e pochi carboidrati.
Dopo di lui, arrivano altre due diete atipiche: il prototipo di quella vegetariana, messa a punto nel 1830 dal pastore protestante Sylvester Graham negli Stati Uniti a base di farina, con pane e cracker di sua invenzione (i cracker Graham, ancora oggi utilizzati) e senza carne.
È, invece, del 1863 la Lettera sulla pinguedine (Letter on corpulence) che William Banting, impresario di pompe funebri londinese, fece pubblicare a sue spese e in cui proponeva quella che potrebbe essere considerata la proto-dieta chetogenica: pochi carboidrati e molti grassi.
Per avere, invece, una dieta messa a punto da un medico vero e proprio, dobbiamo attendere il 1890, quando il dottor Emmet Densmore e la sua “Il cibo naturale dell’uomo” (The natural food of man), in cui propugnava uno stile alimentare puramente vegetariano a base di frutta e noci, latte, uova e formaggi.
Nel mentre, era stato messo a punto dal belga Adolf Quetelet nel 1832 l’indice di Quetelet (il futuro “indice di massa corporea”) che metteva in correlazione il peso e l’altezza di una persona.
Diete bizzarre
Nel 1925, negli Usa si diffuse la “dieta delle sigarette” supportata dallo slogan “Reach for a Lucky instead of a sweet” (Cerca una sigaretta, invece di un dolce). Fu messa a punto dalla Lucky Strike che tappezzò le città e inondò le riviste di moda e i quotidiani di manifesti pubblicitari che inneggiavano a modelli femminili snelli e mettevano in guardia dai pericoli del consumo di zucchero.
Da notare che in realtà il fumo di sigaretta e zucchero non erano alternativi, poiché lo zucchero veniva aggiunto al tabacco per rendere il fumo meno aspro e aumentare l’inalazione di nicotina.
È degli anni ’30 ebbe grande successo il Sanitarium Kellogg: una teoria alimentare messa a punto da John Harvard Kellogg, un Avventista del Settimo Giorno che nel 1876 aveva preso la gestione di un centro nutrizionale fallito, il Battel Creek. Chiamando la sua teoria alimentare The Battle Creek Idea (l’Idea Battle Creek), Kellogg promosse questa sua dieta priva di carne, uova, zucchero raffinato, alcool, tè, caffè, tabacco, cioccolato, permettendo solo piccole quantità di latte e formaggio.
E se avete letto queste diete con raccapriccio, o se pensate che non avevano alcuna valenza poiché non frutto di studi medici, o realizzate da nutrizionisti e co., nel contempo non dobbiamo mai dimenticare la lezione di Giambattista Vico, e il suo famoso “corsi e ricorsi storici”.