Recensione a cura di Valentino Apolloni
È un libro senz’altro spassoso e originale perché parla di storia con leggerezza e usa un curioso espediente. Dove ci troviamo? Siamo durante la Restaurazione e negli anni seguenti; a Milano e a Venezia gli Austriaci dominano mentre cresce intorno a loro il respiro del nostro Risorgimento. Le scene di svolgono nei palazzi del potere ma anche nei teatri, nei caffè, nelle strade dove vivono le persone comuni; a guidarci è un fantasma. Infatti è il fantasma di un ministro napoleonico, Prina (1766-1814), personaggio realmente vissuto che operò come ministro delle Finanze del Regno d’Italia retto da Eugenio de Beauharnais, ammazzato dai milanesi.
Quanto al mio aspetto non si preoccupi, tengo ad apparire il gentiluomo qual ero: redingote a doppio petto color nocciola, gilet giallognolo, pantaloni lunghi fino ai piedi, cilindro a falde larghe. In nessun punto del racconto cederò alla tentazione di rifornirmi al guardaroba dei revenant d’accatto, fatto di lenzuola bucate o di maquillage sanguinolenti. Anche se non mi scosterei troppo dalla realtà, tenuto conto di com’ero ridotto in veste cadaverica.
Egli si diverte a girare nella città in cui morì tragicamente; ci riferisce con dovizia di particolari quello che gli accadde. Venne aggredito dopo la caduta del grande corso. La gente lo accusava di tassare eccessivamente i cittadini e non perse tempo a linciarlo appena saputo che Napoleone era sconfitto. Il fantasma si intrufola nella casa del temuto Radetzky che governa il Lombardo-Veneto, parla con i servitori, conosce la sua amante Giuditta che tra l’altro anni prima assistette alla sua drammatica fine, si fa raccontare pettegolezzi e cose di politica, egli stesso offre il suo punto di vista, cerca informazioni, gode di questo mondo di chiacchiere e spiate. Giuditta, protagonista del libro, è una cuoca che rapidamente diventa amante dell’attempato generale; Radetzky non è sempre l’odioso militare che ci ha consegnato la memorialistica risorgimentale. Certamente serve con zelo la monarchia che opprime e manda sul patibolo i nostri carbonari, ma cerca di non radicalizzare le tensioni con gli italiani; è anche un soldato pieno di esperienza e voglioso di raccontare aneddoti di quando combatteva contro Napoleone e spesso si faceva ammazzare il cavallo in battaglia. Sul piano privato, è un marito stanco di una moglie che ama il bere e il gioco e che come unico merito ha quello di restare a Verona, in modo che lui a Milano abbia una certa libertà. Con l’amante Giuditta da cui avrà quattro figli, si trova bene; si confida con lei e le parla anche dei fermenti politici locali e internazionali;
E da parte del vecchio militare, un mai sopito desiderio di giovinezza e il piacere di venire ascoltato con devozione. L’altra sera, per esempio, dopo aver fatto l’amore, l’ha intrattenuta sulle preoccupazioni che lo assillano: che sul trono d’Inghilterra sia salita una diciottenne, Vittoria, destinata a diventare ostaggio di qualche politico incosciente, e che negli Stati Uniti siano saltate centinaia di banche per via della speculazione sui terreni lungo le linee ferroviarie. Sarebbe un disastro se succedesse lo stesso nel Lombardo-Veneto, visto che si è deciso di costruire la ferrovia Milano-Venezia e già si parla della Milano-Como e della Venezia-Trieste.
Lei è sveglia e sensibile; guarda al dolore del popolo, cerca di smussare certi spigoli del consorte. E intorno c’è sempre questo vivace fantasma che ci parla, da narratore, di tanti personaggi storici, da Manzoni, Carlo Alberto, la contessa Maffei, Balzac, un figlio di Mozart, i patrioti milanesi. In effetti, leggendo le prime pagine ho pensato che il libro fosse un libro proprio per milanesi innamorati di una città piena di storia e forse dimentica di molti episodi datati. Si nomina ad esempio via Case Rotte, sita in pieno centro, vicino a Palazzo Marino; ciò mi ha ricordato una vecchia lettura personale. In questa area c’erano le dimore dei Della Torre, feroci antagonisti dei Visconti; quando i Visconti prevalsero, le loro case furono attaccate e devastate, restando a lungo semidistrutte. Da qui il nome di via Case Rotte.
Tornando al romanzo, Milano fu protagonista nel 1848 con le sue Cinque Giornate; tanti sono ancora oggi i segni di quel periodo, i monumenti, le targhe che ricordano l’arresto di questo o quel patriota, la casa del Manzoni. Ma attualmente, la città della modernità dove si vive di corsa guardando avanti, pare aver dimenticato quei fatti che l’autore ci fa ricordare con precisione. E il discorso si allarga a tutto il 1848 che vide in rivolta le capitali europee; Francesco Giuseppe appena salito al trono, il ruolo del Piemonte, l’ambiguità di Carlo Alberto, i vari tentativi di insurrezione, lo sciopero del fumo attuato per danneggiare l’Austria, la risposta violenta della soldataglia, poi la guerra, i fatti di Custoza, l’armistizio, la ripresa del conflitto e la sconfitta a Novara con gli errori del generale Ramorino. Fatti di cui si è letto sui libri di scuola e che qui assumono un sapore diverso; c’è la tragedia delle sconfitte ma il racconto dal basso stempera certe tinte e comunque lascia aperta la riflessione su certi temi come il ruolo della propaganda e del doppiogioco in politica.
Perciò ne esce un romanzo godibile, con una bella fusione tra sentimenti e ironia, mai pesante, senza retorica e inni di Mameli cantati a squarciagola, con un grande amore per la storia e i suoi grandi e meno grandi protagonisti.
PRO
L’ispirazione originale
CONTRO
Nulla, ma deve piacere il modo particolare di raccontare la storia, dal basso
Link cartaceo: La cuoca di Radetzky
Link ebook: La cuoca di Radetzky
Trama
Milano, anni trenta e quaranta dell’Ottocento. Un misterioso personaggio, fuori dal tempo e dallo spazio, un io narrante cui è facile affezionarsi perché indiscreto, arguto, profondo conoscitore della commedia umana, si trova a commentare fatti storici più o meno noti e vicende private della Milano asburgica. Tra cui quelle del feldmaresciallo Josef Radetzky – controverso eroe austriaco tra i principali artefici delle vittorie contro Napoleone, nonché responsabile di impiccagioni e fucilazioni di rivoluzionari – e della sua cuoca e amante Giuditta, giovane di origine contadina dotata di un notevole senso dello humour. Insieme alla loro storia, lei poco meno che trentenne, lui ormai prossimo ai settanta, si intrecciano quelle di nobili famiglie milanesi, nei palazzi, nei caffè alla moda, nei salotti frequentati da figure di spicco, da Manzoni a Balzac, da Giusti a Rossini, da Liszt al giovane Verdi. Con la leggerezza e l’ironia che da sempre lo contraddistinguono, Stefano Jacini firma un romanzo fresco ed esilarante, che è allo stesso tempo un excursus puntuale delle vicende che hanno contrassegnato il nostro paese, in particolare Milano, prima e durante il Risorgimento, e disegna un panorama politico dove monarchie rivali temono i repubblicani più del nemico sul campo di battaglia, il patriottismo è utilizzato dai potenti per il loro interesse, i cattivi maestri mandano allo sbaraglio i giovani idealisti a costo della vita, eppure è già nell’aria l’idea di una federazione di Stati europei. “La cuoca di Radetzky” è l’affresco di un’umanità di altri tempi mossa, nel bene e nel male, dagli stessi sogni di oggi.