Recensione a cura di Ivana Tomasetti
Per comprendere il messaggio del romanzo niente di meglio che le parole stesse dell’autrice che in fondo al libro ci dice:
Quello che mi premeva raccontare in questo romanzo non era tanto il dettaglio di vite le cui tracce si sono perse nei meandri della storia, quanto un’atmosfera, un contesto, un’ascesa imprenditoriale oggettivamente formidabile; … una città, Milano, che in quei vivacissimi anni post risorgimentali fu un’irripetibile fucina di creatività e innovazione… La storia dei Campari è, in definitiva, la storia di un’alchimia, di un incontro fortunato tra un ambiente favorevole e una spiccata intraprendenza individuale.
La vicenda ci corre incontro nel suo sviluppo che tiene conto dei fatti storici, ma anche di qualche infioratura di fantasia che rende la lettura piacevole e ammiccante. Incontriamo il patriarca Gaspare che insieme alla moglie dà il via all’impresa che sarà continuata soprattutto dal figlio maggiore, Davide. La saga parte dall’autunno del 1882, in cui avviene la morte del capofamiglia fino al 1904, all’inaugurazione della grande fabbrica Campari a Sesto San Giovanni. Gli avvenimenti si susseguono facendo coincidere a grandi linee sinossi e intreccio; salvo qualche capitolo messo in corsivo che descrive avvenimenti del passato, gli altri proseguono con date a cadenza ravvicinata che permettono l’uso del tempo presente nella narrazione, rendendo il racconto più vivido. Nel grande caffè sotto la Galleria di Milano incontriamo personaggi storici di grande risonanza: da Giuseppe Verdi e Arrigo Boito, da Anna Kuliscioff a Filippo Turati. Una continua ascesa che vede il sacrificio dei protagonisti, il nascere delle loro passioni e le loro scelte di vita. Sullo sfondo le lotte sociali della fine dell’Ottocento, viste con il punto di vista di un imprenditore che teme per il proprio guadagno pur cercando di venire incontro ai diritti dei lavoratori.
«Questi sono completamente pazzi… Ma cosa si sono messi in testa, di fare la rivoluzione?» sbotta Davide, osservando la piazza dalle maglie della saracinesca. «Non sono pazzi, sono affamati» ribatte Guido. «Sono mesi che chiedono condizioni di lavoro decenti e misure per il prezzo del pane, e nessuno li ha ascoltati.»
Il finale vede il superamento dell’unione familiare e mette in primo piano le divergenze tra i fratelli. Abile l’autrice nel ravvivare e giustificare la saga con personaggi femminili che non sono tutti reali anche se alla realtà si ispirano, come la figura di Tilia, che scopriamo sarà sposata (nella realtà, ma non nel romanzo) in tarda età da Davide, o come quella della cantante che si richiama al personaggio della famosa Lina Cavalieri. In tal senso la nota dell’autrice in fondo al libro è illuminante per comprendere i passi che hanno portato al romanzo. Lo sviluppo logico è abbastanza coerente: qualche perplessità sulla scelta di Davide di occuparsi di un figlio della sua ex-amante e di affezionarsi a lui in modo paterno: il carattere indeciso e insicuro del personaggio contrasta con la sicurezza con cui intraprende le decisioni in affari.
Qualche colpo di scena nelle scelte amorose dei personaggi che sembrano sospinti dalle circostanze, piuttosto che da atti consapevoli, portano il lettore fino ad un bivio che viene sciolto in modo inaspettato. In tutto ciò, dobbiamo prenderne atto, non vi saranno figli dei due protagonisti, ma solo un nipote, figlio di una sorella. Il ritmo è piano, la scrittura abbastanza scorrevole con le parlate in dialetto milanese, ma anche in napoletano, a seconda dei personaggi. Il protagonista potrebbe essere il capostipite, uomo retto e severo, ma è la figura del figlio maggiore quella che emerge o forse la vera protagonista è la storia della famiglia e la sua ascesa sociale. Il rapporto padre-figlio mette spesso Davide in difficoltà, specie nell’età giovanile. Vediamo in lui un’insicurezza che lo rende un personaggio moderno e che riuscirà a superare attraverso la sua passione verso le miscele dei liquori, che il padre non avrebbe voluto condividere con lui, e con la soddisfazione di aver realizzato il Cordial. Talvolta riusciamo ad entrare in empatia con lui, con la sua generosità silenziosa e la sua solitudine, con i suoi errori. Il fratello minore è il suo opposto: sicuro e deciso, non sarà titubante sulle scelte da prendere anche in contrasto con Davide, che, dopo la morte del padre, ne ha preso il posto per la necessità di un comando forte e lungimirante, mentre Guido è animato da qualche invidia e non è disposto a sacrificarsi per l’azienda.
L’ambientazione parte da Cossolnovo in Piemonte, seguiamo il giovane Davide in Francia a imparare l’arte della liquoristica e infine a Milano, la città dell’imprenditoria della fine dell’Ottocento che diventa la patria dei Campari, i loro laboratori scorrono da una via all’altra, da una periferia all’altra, facendoci conoscere le peripezie e le vicissitudini di scelte economiche importanti. Profumi e sapori emergono dai dettagli che lo scritto ci riporta, sempre alla ricerca di quel gusto nuovo che deve catturare il cliente. Nella narrazione quel che risulta poco in rilievo è un qualche tono di originalità o di novità rispetto al genere: lo stile mostra una lettura piacevole, senza distinguere troppo le voci dei personaggi. Un tratto da rilevare è l’importanza data al legame paterno – non di sangue – con il piccolo Gaspare che riempie la vita di Davide e dà un altro riflesso di attualità alla sua figura.
Scoprire storie imprenditoriali italiane resta comunque sempre affascinante. Ancor più affascinanti sono le vicende di queste famiglie quando si intrecciano con prodotti e luoghi che conosciamo.
Si ritrova a considerare che in fondo, ogni successo richiede una cesura, uno strappo. Non si attraversa la vita restando integri, si perdono pezzi per strada man mano che si avanza. Realizzi un sogno e ti accorgi d’un tratto che non sei la stessa persona che l’aveva sognato…
Silvia Cinelli, scrittrice e sceneggiatrice, ha lavorato a numerose serie e soggetti televisivi.
Pro
Analisi e descrizione romanzata della vita di personaggi imprenditoriali italiani.
Contro
Uno stile narrativo che non ha pienamente convinto.
Link cartaceo: L’elisir dei sogni. La saga dei Campari
Link ebook: L’elisir dei sogni. La saga dei Campari
Trama
Milano, 1862. Gaspare Campari mesce fiori, spezie e bucce d’agrumi nel suo laboratorio da liquorista sotto il Coperto dei Figini. È arrivato da poco dalla provincia, pieno di speranze dopo il successo del suo Caffè dell’Amicizia a Novara, e nella grande città in trasformazione, animata da una borghesia ricca e desiderosa di godere dei piaceri della vita, è determinato a realizzare il suo sogno. Gaspare cerca qualcosa che non esiste, un elisir: il Bitter perfetto, che piaccia a signore raffinate, intellettuali e uomini di mondo. Poco dopo la magia avviene: nasce il Bitter Campari, inconfondibilmente rosso e dal sapore dolceamaro, destinato a diventare un’icona. Da allora, l’ascesa è inarrestabile: è il 1867, e nella nuova Galleria Vittorio Emanuele II apre le porte il Caffè Campari, luogo di ritrovo per politici e scrittori, frequentato dai musicisti del vicino Teatro alla Scala e dai giornalisti del neonato “Corriere della Sera”. Ma quando Gaspare muore all’improvviso, lasciando cinque figli e una formidabile vedova dalla chioma rossa, è subito chiaro che la successione non seguirà i piani del capostipite. Sarà l’intraprendente e coraggiosa Letizia a traghettare l’azienda verso il futuro, consegnandola nelle mani dei suoi figli, Davide e Guido, che non possono essere più diversi: visionario e orientato al potere il primo, ribelle e passionale il secondo. Due fratelli caparbi, destinati inevitabilmente a scontrarsi sull’eredità paterna. Tra amori contrastati e solitudini, scelte audaci e venti di rivoluzione, un romanzo che emoziona e affascina, raccontando la parabola di una famiglia che ha scritto con l’inchiostro rosso del suo Bitter la storia di Milano.