Recensione a cura di Anna Cancellieri
La narrazione parte dall’incontro fra due personalità affascinanti: Leonardo, il genio che tutti conosciamo, attento osservatore, artista multiforme, instancabile ricercatore, e la giovanissima Cecilia Gallerani, che diventerà la protagonista di uno dei più famosi ritratti a lui commissionati.
Di lei sappiamo ben poco come ne sa ben poco il pittore, che comunque raccoglie per conto suo informazioni in qualche modo utili. Vuole creare un’opera viva, che rispecchi non solo l’apparenza esteriore del soggetto, una bellissima fanciulla sedicenne, ma anche il suo già forte legame con il signore di Milano, Ludovico Maria Sforza, il Moro.
«Madonna, il reggente mi ha chiesto il ritratto di una persona alla quale tiene molto, moltissimo. Una persona, ho detto, non un viso; perciò guardando l’opera egli deve immediatamente riconoscerla, ritrovandone i sentimenti, le emozioni, la storia e le aspirazioni di cui già sa. Qualcosa di questo, anzi, deve percepire dal ritratto anche chi non vi conosce personalmente. Per questo, madonna, devo sapere di voi molto più di quanto già mi dica il vostro aspetto, il vostro splendido viso, per poterlo esprimere, riprodurre.»
Così, prima che lui prenda in mano il pennello, li vediamo conversare amabilmente e scopriamo le virtù e il carattere di questa gentildonna che così bene incarna lo spirito rinascimentale.
Sin dal primo istante, durante un’udienza in tribunale, il Moro subisce il fascino di Cecilia e, con le consuete maniere spicciative, le trova una sistemazione a corte e nel suo letto. Un’attrazione che sembra reciproca e che per entrambi si trasformerà presto in amore appassionato.
All’epoca essere l’amante di un signore non era cosa disdicevole, poteva anzi portare benefici alla di lei famiglia, come in effetti fu, oltre che prestigio e ammirazione, qualora la fortunata fosse dotata, oltre che di bellezza, anche di cultura, eleganza e personalità.
“La Gallerani si era rapidamente affermata a corte, dove era stata accolta solo da pochi mesi, per le argute citazioni delle sue letture, la brillantezza della conversazione, l’amore per la poesia e la conoscenza del latino.”
Le amanti di un certo calibro davano lustro alle corti e, cosa che ignoravo, i loro figli bastardi venivano allevati insieme ai figli legittimi e spesso sistemati in posizioni di prestigio. Solo una cosa non potevano diventare: eredi diretti del titolo, che ovviamente spettava al primo figlio maschio legittimo. Quest’ultima condizione fu causa di qualche dispiacere per Cecilia che, ancora adolescente, aveva dato alla luce il primo figlio maschio di Ludovico, Cesare, fin dall’inizio destinato dal padre alla carriera ecclesiastica.
Ma torniamo al ritratto, oggi noto come “La Dama con l’ermellino”. Una volta ultimato, viene da tutti ammirato per la postura inconsueta, la bellezza del soggetto, il significato simbolico dell’ermellino candido, in cui lo stesso Moro si riconosce.
Da qui in poi la figura di Leonardo resta un po’ sullo sfondo e seguiamo le vicissitudini di Cecilia, che da “signora” indiscussa del suo signore sa di dover cedere prima o poi il passo a una legittima consorte.
Le nozze del Moro con Beatrice d’Este segnano una svolta decisiva nella vita della nostra Dama. Benché fosse abitudine di molti signori conservare le loro amanti anche dopo il matrimonio, Ercole d’Este, il padre di Beatrice, non transige: la splendida e fin troppo ammirata Cecilia dovrà uscire dalla vita del Moro. La stessa Beatrice riuscirà a liberarsi della pericolosa rivale in seguito a un buffo incidente.
“Fu lo stesso Ludovico a offrirgliene l’occasione, incorrendo nel più grave e imperdonabile degli errori che un uomo possa commettere, regalare a moglie e amante due vestiti uguali.”
È improbabile che i vestiti fossero davvero uguali, ma anche una semplice somiglianza e l’intenzione di accomunare le due donne nella stessa tipologia di regalo non poteva che essere considerata inaccettabile. Beatrice si impunta: Cecilia deve essere allontanata.
Il Moro risolve la questione nella maniera usuale: cercando un marito adeguato per la sua amante. In questa ricerca prodiga tutti i suoi sforzi (o meglio quelli del suo uomo di fiducia) affinché le caratteristiche del futuro consorte siano all’altezza della bellissima Cecilia e possano garantirle una condizione sociale di rango elevato. La Gallerani diventa contessa Carminati e può dedicarsi in tutta libertà all’amore per le lettere, creando un piccolo circolo letterario in cui riunisce uomini di cultura e poeti.
Il destino di Cecilia rimane comunque legato a quello del Moro, o meglio alle vicende politiche in cui è coinvolto, alla sua ascesa a caduta, alle azzardate alleanze con cui cercherà di soddisfare le sue smodate ambizioni.
“Intanto, come tutti i signori italiani, il Moro dava segno di non aver […] capito che la frammentazione degli Stati, sempre in competizione gli uni con gli altri, stava portando l’Italia alla rovina di fronte all’insorgere di grandi Stati con imponenti eserciti nazionali, meno ricchi, meno colti e raffinati ma voraci e potenti.”
Anni di conflitti che costeranno cari al ducato di Milano e ne segneranno un triste e inevitabile declino.
PRO
È una bella scoperta aggiungere anche Cecilia Gallerani alla schiera di gentildonne coltissime che durante il Rinascimento raccolsero intorno a sé personalità di spicco nel campo letterario e artistico. Donne che facevano fiorire la cultura e la pace, mentre i loro uomini si occupavano di guerra e distruzione.
CONTRO
Un po’ troppo lunga la documentazione raccolta da Leonardo sulla famiglia Gallerani (lo stesso Leonardo mostra una certa insofferenza nell’esaminarla…)
Link cartaceo: La dama e il Moro
Link ebook: La dama e il Moro
Trama
Cecilia Gallerani divenne amante di Ludovico il Moro a sedici anni. Bellissima, intelligente e colta, il reggente di Milano ne fu così innamorato che chiese a Leonardo di ritrarla: è lei La dama con l’ermellino, l’opera del genio vinciano ora conservata nel Museo Czartoryski di Cracovia.
Carlo Maria Lomartire ce la presenta proprio in quel mattino d’autunno del 1489, quando Cecilia si recò nello studio di Leonardo, di fianco al Duomo di Milano, per permettergli di immortalare il suo volto. Ludovico Maria Sforza l’aveva già accolta al Castello e, a corte, Cecilia era stata subito apprezzata per la sua brillante capacità di fare conversazione, legata alla passione per la lettura, l’amore per la poesia e la conoscenza del latino. La ragazza aveva infatti ricevuto un’ottima educazione, poiché il padre era il referendario di Bianca Maria Visconti, una sorta di supercontrollore fiscale, incarico che lo rese molto ricco, mentre la madre era figlia di un importante dottore in legge.
Cecilia diede al Moro un figlio, Cesare Sforza, che Ludovico avrebbe voluto diventasse, ancora fanciullo, arcivescovo di Milano. L’amore tra i due fu solido e duraturo, non si interruppe dopo il matrimonio «politico» di Ludovico con Beatrice d’Este, né dopo che Cecilia fu data in sposa a un fedelissimo del Moro, il conte Ludovico Carminati de’ Brembilla.
Nella florida Milano sforzesca, Cecilia raccolse intorno a sé letterati, poeti, storici, filosofi e artisti, anticipando di secoli la figura della nobildonna animatrice di salotti e scopritrice di talenti. Un’intensa attività culturale, che proseguì fino alla sua morte, a sessantatré anni, nel castello di San Giovanni in Croce a Cremona.
In questa biografia romanzata, Carlo Maria Lomartire ricostruisce la vita, le idee e gli amori della Dama con l’ermellino, restituendoci un ritratto memorabile di una delle più misteriose figure femminili del Rinascimento italiano.