Almeno una volta nella vita, tutti abbiamo trascorso una notte in bianco, ovvero abbiamo avuto una notte insonne.
Da dove deriva questa espressione?
L’origine risale al Medioevo e alla cerimonia di investitura dei cavalieri.
Infatti, gli aspiranti cavalieri che il giorno dopo avrebbero giurato e ricevuto dal signore il cavallo e le armi, dovevano purificarsi prima dai peccati che avevano commesso. Durante la cerimonia, generalmente svolta in una chiesa o in un castello, il sacerdote ricordava al cavaliere gli obblighi che stava per assumere e benediceva le armi che gli sarebbero poi state consegnate.
Dopo aver fatto un bagno, venivano condotti in una cappella dove avrebbero indossato una veste bianca (simbolo di purificazione) e trascorso tutta la notte in preghiera, osservando il digiuno e senza poter dormire.
Un momento di riflessione sull’onore e la storia degli ordini cavallereschi allo scopo di prepararsi alle responsabilità e alle gioie della sua nuova vita.
Tale rito era chiamato «veglia d’armi» oppure «notte bianca».
Da qui l’espressione giunta fino a oggi con, però, il solo significato di «notte insonne».
Sembra che il primo uso italiano dell’espressione nel senso che oggi conosciamo (quello di trascorrere una notte senza chiudere occhio) risalga al 1952, anno di pubblicazione del romanzo Il visconte dimezzato di Italo Calvino, dove compare la frase: “Adesso non voleva pensare, aveva passato la notte in bianco, aveva sonno”.
Ma se si guarda a testi francesi, l’uso di questo modo di dire nell’accezione che intendiamo noi oggi, risale alla fine del 1700