Recensione a cura di Maria Marques
“Parioli, Roma
Settembre 1961
Faceva caldo a Roma il 16 settembre, noi sentivamo freddo. Eravamo disorientati, la nonna parlava yiddish, il papà italiano, la mamma francese, io mi sentivo niente nel paese degli sconosciuti”.
Inizia così questo romanzo in cui l’autrice, Denise Pardo, ricorda i suoi primi anni vissuti al Cairo città all’epoca cosmopolita in cui convivevano inglesi, francesi, arabi, russi, libanesi e italiani e, la sua famiglia è quanto mai uno specchio di questo mondo. Da parte materna il nonno Misha era sfuggito a pogrom della Russia comunista e la nonna Bobe invece era nata nell’impero austroungarico; arrivati per varie traversie in Egitto, si sposano e a Il Cairo nasce la madre dell’autrice, Fanny.
La bellissima Fanny s’innamorerà di Samuele Davide, per tutti Sam, la cui famiglia, di origini italiane, da anni vive in Egitto commerciando in marmo di Carrara.
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“Era cresciuto al Cairo, i suoi compagni di scuola e all’università erano stati Michel Dimitri Chalhoub, un siriano di fede cattolica greco-melchita – nome d’arte Omar Sharif – e il copto Boutros –Ghali, futuro segretario generale dell’Onu…”.
In questo crogiolo di culture e religioni, in una società tollerante dal punto visto religioso, opulenta e privilegiata, tra la fine degli anni ’40 e i primi anni ’50, in un paese in cui il retaggio del colonialismo inglese si faceva ancora pesantemente sentire, in cui le feste, gli aperitivi si sprecavano nei lussuosissimi alberghi, fra amicizie di personaggi importanti, la famiglia di Sam e Fanny si amplia con la nascita di tre bambine. In quel lusso dorato l’unica nota stonata, è la presenza sporadica di un amico di Sam, Mohammed Hafez che, nonostante abbia goduto anche lui di questa società così cosmopolita, finirà per scegliere le sue radici egiziane, diventando uno stretto collaboratore di Gamal Abd el-Nasser.
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“La gente come te (Sam) vive in un mondo dorato che non ha nulla a che fare con la realtà di questo Paese”.
Mentre la vita continua tra le sale della pasticceria Groppi, le mise di alta moda e i pettegolezzi sulle conquiste femminili del re, Farouk, qualcosa nell’atmosfera dorata inizia a mostrare delle crepe. L’organizzazione dei Liberi Ufficiali si fa sempre più minacciosa, con l’intento di disfarsi del sovrano considerato un fantoccio nelle mani degli inglesi, innescando così un lento e inesorabile cambiamento nel corso della storia dell’Egitto moderno.
“L’Egitto sta cambiando e il re non fa nulla per assecondare il nuovo clima. Lui conta sull’eternità del suo potere, sull’equilibrio del modello egiziano e sul carattere pacifico del suo popolo. Eppure, in questi ultimi tempi, la fame e la disperazione stanno nutrendo un sentimento mai avvertito in Egitto, la rabbia e l’odio verso chi non è arabo”.
Quando il trattato anglo-egiziano del 1936 fu disatteso e le truppe britanniche dovettero lasciare il Canale di Suez, gli stranieri, di qualsiasi nazionalità fossero, furono equiparati agli odiati inglesi:
“… tutto quello che era britannico e che fino a poco tempo prima rappresentava la quintessenza dei privilegi e delle benedizioni crollò di colpo in un ghetto di diffidenza”.
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Da quel momento fu poi tutto un precipitare sino al “sabato nero “ del 1952 quando, improvvisamente, l’aura dorata che aveva avvolto le vite di Sam e Fanny e della loro cerchia di amici scomparve, cancellata in istante. Tutto il benessere e il lusso, costruiti con il lavoro di generazioni, rischiavano di scomparire e da Il Cairo, la comunità internazionale iniziò a partire con la consapevolezza che, quel mondo che loro, pochi eletti, avevano conosciuto e vissuto, non sarebbe mai più tornato. Anche la famiglia di Denise si troverà infine a lasciare il paese con una cinquantina di valigie in cui stipare la loro esistenza e un ombrello inglese, verde, che la madre, Fanny, stringe convulsamente tra le mani.
L’autrice, Denise Pardo, raccontando la storia dei suoi genitori Sam e Fanny, riesce ad amalgamarvi anche le vicende storiche che portarono alla rivoluzione egiziana del 1952, senza mai annoiare il lettore, narrando in modo avvincente sia i momenti felici sia quelli più drammatici. Seguendo il filo del suo narrare, i personaggi del romanzo emergono vividi, reali nelle loro piccole grandi esistenze, a cominciare dalla nonna, Bobe, ironica e matriarca d’acciaio della famiglia “Non è poi così straordinario costruire una piramide …architettonicamente parlando è solo uno spreco di spazio”, e tutti gli altri a seguire tra innumerevoli fratelli, sorelle, zie e amici e conoscenti. Accanto ai ritratti ben delineati di tutti questi personaggi, emerge poi, dalle pagine del romanzo, l’inarrestabile nostalgia, il dolore di essere stati strappati da una terra amata ma non compresa interamente. Un romanzo che narra d’amore, amicizia, dolore, nostalgia, rimpianto e di storia non millenaria, ma molto più vicino ai nostri giorni.
pro
Un romanzo per chi ama le saghe famigliari e vuole scoprire un Egitto, che hanno vissuto in pochi.
contro
La descrizione della vita della famiglia della autrice, la loro vita mondana e il lusso creano un contrasto stridente con la realtà del paese per come la conosciamo. Leggendo il romanzo si ha spesso la sensazione che i protagonisti siano vissuti in una bolla dorata, ma che non abbiano mai visto completamente la realtà del paese.
Trama
È un tempo lungo quello che Denise Pardo racconta in questo romanzo. Un tempo affascinante, cosmopolita, tollerante, ricco di stimoli. Un tempo di amicizie e di comprensione. Al centro de La casa sul Nilo, una famiglia di ebrei sefarditi arrivati al Cairo assieme alle vicissitudini dell’Europa dei primi trent’anni del Novecento. La narratrice racconta la sua infanzia in una sorta di Eldorado magico: i caffè del Cairo, le feste, gli stimoli, la civiltà della conversazione, i salotti. L’Egitto di quel tempo è un crocevia di storie e di suggestioni: un paese mondano e sorprendente dove le diverse religioni sono rispettate e si parlano tutte le lingue. E il Cairo di quel tempo, di quei primi anni Cinquanta, è narrato con una precisione e una nitidezza esemplari perché questo romanzo è soprattutto la storia dell’autrice. La sua famiglia composta dalla nonna, dal padre, dalla madre e da altre due sorelle non avrebbe mai immaginato di dover fuggire da quel mondo. Finché non sale al potere Nasser, cambiando in pochi anni le regole del gioco, e della convivenza civile. E tutto, dapprima impercettibilmente, e poi con sempre maggiore evidenza, diventa fosco e insidioso. Gli stranieri non sono ben visti, l’intolleranza religiosa si fa dogma. E gli stranieri, che stranieri non sarebbero, si sentono sempre più in pericolo. Fino a una partenza precipitosa per Roma e l’Italia, nel 1961. Un abbandono doloroso, straniante, figlio di un mondo cambiato senza una ragione.
La casa sul Nilo è un romanzo bellissimo e raro, appassionante. È la storia di un tempo perduto, e di un tempo ritrovato a fatica. Ci mostra mondi dove tutto era scambio e curiosità, rispetto e attenzione. Ci dice, senza alcuna nostalgia, ma con l’intensità dei sentimenti e delle passioni, che non dobbiamo dimenticare che c’è stato un tempo diverso e piú giusto. Dove ogni dettaglio era una ricchezza e ogni giorno una scoperta.