Narrativa recensioni

Tigre d’Africa – Vito Franchini

Recensione a cura di Luigia Amico

Ammetto di essermi avvicinata alla lettura di questo romanzo con poca convinzione ed entusiasmo, vuoi per il genere a me poco congeniale, vuoi per l’ambientazione non tra le mie preferite ma pagina dopo pagina, parola dopo parola la ritrosia iniziale ha lasciato ampio spazio a una crescente curiosità.
È possibile riscontrare la bravura dell’autore esattamente in questo: l’ottima capacità di accompagnare il lettore per mano in una avventura dai colori e dai contorni decisi e intriganti.

L’amore che Vito Franchini nutre per il continente africano si evince in ogni singolo passaggio, le descrizioni dei paesaggi sono nitide, realistiche, vivide in ogni singolo dettaglio: un colore, una sporgenza, una rientranza; si ha quasi l’impressione di osservare un quadro dipinto da un pennello esperto e sapiente.

Di questo quadro possiamo osservare molteplici elementi perfettamente intrecciati tra loro, primo fra tutti Shasmahal, la città meravigliosa, misteriosa, un luogo di pace e di serenità popolata da uomini che vogliono a tutti i costi preservare tale tranquillità.

Shasmahal, la città meravigliosa. Poco meno di tre ettari abbarbicati sul culmine di un troncone di scogliera alto trenta metri, staccato dalla costa orientale africana e abilmente isolato dal resto del mondo. Un villaggio autonomo e indipendente, costruito e abitato da duecentocinquanta tra uomini, donne e bambini, prototipo della società perfetta

Un’oasi di benessere che purtroppo diventa bersaglio delle mire di mercenari dalle intenzioni tutt’altro che pacifiche. La quiete citata poc’anzi rischia seriamente di essere compromessa e spetterà al giovane Madhat, nipote di Suburban, fondatore della città, scendere in campo per difendere la popolazione e la riservatezza che la città assicura loro.

La presenza degli intrusi pesava sul morale dei cittadini dell’eremo come il presagio di una tragedia imminente. La spensieratezza e la gioia abituali, dovute alla vita che avevano condotto per decenni, lontani e dimenticati dal mondo, avevano lasciato il posto a un malessere di fondo, dato dalla consapevolezza che il loro sogno potesse avviarsi al termine.

Intraprenderà un viaggio irto di pericoli e difficoltà, si ritroverà suo malgrado in situazioni che a volte risulteranno essere quasi surreali; il suo peregrinare in cerca di aiuto e alleati trasformerà il giovane ragazzo in abile guerriero pronto a combattere per difendere sé stesso e gli ideali in cui crede fermamente. Sarà un viaggio fisico ma soprattutto di crescita interiore, imparerà che la meschinità e il doppiogiochismo sono alla base della malvagità di figure senza scrupolo alcuno. Adatto a descrivere questo concetto è il pensiero del famoso poeta Luigi Pirandello: “Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della tua vita incontrerai tante maschere e pochi volti” e suo malgrado Madhat dovrà far propria questa dura lezione di vita.

La metamorfosi che lo vede protagonista non sarà esclusivamente a livello fisico ma soprattutto coinvolgerà le sfere emotive e psicologiche, crescerà, maturerà e dovrà affrontare l’evolvere della realtà che lo circonda. Di ritorno nella sua Shasmahal, a cui riserva tutta la sua devozione, sarà costretto ad un nuovo viaggio, non meno insidioso del primo; la convinzione della riuscita della sua impresa lascerà presto il posto allo sconforto e alla consapevolezza di essere finito in una situazione che metterà in serio pericolo la sua vita, si ritroverà ingabbiato (capirete la scelta del termine leggendo il romanzo) in una realtà che va al di là di ogni umana sopportazione.

Madhat combatté come un leone. Un leone dominante che, per la difesa del suo territorio, è pronto a sacrificare la propria vita.

La struttura narrativa che Vito Franchini erige è imponente e solida in ogni tassello, nulla è lasciato in sospeso e, lì dove la narrazione sembra assumere contorni oziosi, un colpo di scena ben congeniato risveglia i sensi e l’allerta del lettore scuotendolo affinché la sua attenzione resti alta.

Tigre d’Africa” non rientra esclusivamente nella categoria “avventura” ma credo possa definirsi romanzo di formazione poiché la crescita e l’evoluzione delle caratteristiche del protagonista sono una tematica costante nell’evolversi delle vicende. Ad alzare il sipario sulla scena sarà un giovane Madhat inesperto e irruente, a calare quel sipario sul capitolo conclusivo sarà invece un uomo maturo, riflessivo e responsabile.


Pro
Ottima capacità descrittiva, ambientazione ben definita e caratterizzazione dei personaggi precisa e profonda.

Contro
In alcuni passaggi il protagonista sembra assumere sembianze da “supereroe”, questo rischia a volte di rendere meno realistico il personaggio.

Link cartaceo: Tigre d’Africa
Link ebook: Tigre d’Africa

Trama
Agli inizi del XVIII secolo sulla costa orientale del Sudafrica c’è una città nascosta, segreta, che custodisce gelosamente il proprio mistero. È Shasmahal, “la città meravigliosa”, una comunità di uomini, donne e bambini costruita in mezzo ad alte scogliere, perfettamente autonoma, isolata dal resto dell’umanità e fondata, quattro decenni prima, da Nicholas Suburban, un navigante inglese che dopo mille avventure per tutti i mari del mondo, si è ritirato con un tesoro e le famiglie dei suoi marinai più fedeli per dar vita alla sua grande utopia. Il sogno di Shasmahal dura finché una mattina il giovane Madhat, nipote del capitano Suburban, durante il suo turno di vedetta avvista una truppa di mercenari che si stanno schierando per attaccare la città. Ma chi sono gli assalitori? Come sono riusciti a scoprire il segreto della “città meravigliosa”? E soprattutto, come potranno i giovani guerrieri e i loro anziani maestri difendere il proprio Eden? Shasmahal si affida a Madhat per salvare la sua gente: è ancora giovane ma è un guerriero scaltro, che dovrà lasciare la città in cerca di aiuto, e imparare a combattere per la vita, ogni giorno. Il primo volume di una serie.

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