Recensione a cura di Luigia Amico
Vardø, isola grande quanto uno gelido scoglio, gelido e arido come il cuore degli uomini che lo abitano. Vardø, sinonimo di morte, ingiustizia, ignoranza e credenze basate sostanzialmente sul fallocentrismo ben radicato nelle menti di uomini retrogradi e mal indottrinati da dogmi discutibili.
“Il sussurro del fuoco” è la storia di Anna e Ingeborg, di Maren e Zigri e di tutte quelle donne accusate insensatamente e ingiustamente di stregoneria; è un tributo all’urlo mai soffocato di giovani ragazze e donne torturate fisicamente e psicologicamente, arse vive e rese cenere. I fatti narrati sono realmente accaduti ormai secoli addietro ma scaviamo per un momento nelle nostre coscienze…quanto realmente è cambiata la situazione oggi?
Nelle note conclusive l’autrice offre un’ampia e completa disamina circa le vicende che hanno caratterizzato il XVII secolo e la caccia alle streghe avvenuta in Norvegia.
Streghe, megere, figlie del Diavolo, fornicatrici sataniche, donne dedite alla magia occulta, bollate come mefistofeliche seguaci del principe delle tenebre, convinzioni raccapriccianti che sono costate la vita a innumerevoli donne la cui unica colpa era appunto essere Donna. Una parola di troppo, uno sguardo provocatorio o semplicemente una antipatia e la condanna a morte era segnata.
“Le streghe sono le donne emarginate. Quelle considerate diverse. Quelle addosso cui sputano. Quelle violate e abusate. Insieme, però, possiamo sollevarci, possiamo darci voce a vicenda.”
Anya Bergman restituisce la voce a queste innocenti vittime attraverso i suoi personaggi, è un racconto potente e che attanaglia le viscere, purtroppo la consapevolezza di essere inermi di fronte a tali brutalità è presenza costante durante la lettura.
Zigri, devastata dalla perdita di persone a lei troppo care, cade in un baratro profondo da cui sembra non voler uscire. Nulla è più come prima né per lei né per le figlie Ingeborg e Kirsten; di colpo il cambiamento che di certo non passa inosservato a un occhio attento, quegli occhi che saranno la sua rovina e di coloro che la circondano. Il ballo di San Giovanni sarà il punto di non ritorno, il vero diavolo si adopera affinché Zigri paghi l’errore commesso: essersi innamorata dell’uomo sbagliato.
“Non c’era musica e, non appena iniziarono a ballare, gli uomini smisero anche di cantare. Ingeborg poteva percepire la censura silenziosa nei loro sguardi. Maren le strinse la mano e, mentre lei si voltava a guardarla, mosse le labbra come in una preghiera silenziosa. Ma quella non era una omelia. Ingeborg colse parole vaganti nel vento -girotondo e riccioli rossi- intrecciate col suono del mare che spazzava la riva.”
Da qui la discesa verso gli inferi sarà tra le più tremende, per lei e per tutte coloro che hanno osato muovere passi di danza quella fatidica notte. L’accusa di essere streghe cade sulle loro teste come una scure macchiata di sangue di altre vittime, rinchiuse come delle appestate, il terrore scandisce ogni momento della loro giornata. Ingeborg, l’amica Maren e Kirsten rischieranno a loro volta di subire lo stesso destino. Non voglio entrare troppo nei particolari, questa è una storia da leggere con gli occhi e osservare con la mente; bisogna calarsi interamente nelle vicende, far proprio il dolore e la paura che purtroppo hanno accompagnato le protagoniste e chi come loro.
È un romanzo in cui la figura femminile vuole in qualche modo cercare il proprio riscatto; storie che si intrecciano creando un vortice in grado di suscitare emozioni e rammarico. Ingeborg condividerà i capitoli con Anna, altra vittima dell’egoismo maschile. Anna, amante del re, gettata come uno straccio vecchio e mandata in esilio sull’isola. Anna, che ancora crede nella magnanimità e nel buon cuore del suo amato. Anna che, nelle pagine dedicate al suo tormento, si rivolge in prima persona al lettore attraverso lettere scritte all’uomo che le ha promesso amore ma le ha riservato dolore. Incontrerà le donne imprigionate, dietro ordine dovrà in qualche modo far loro confessare colpe inesistenti. È una lotta impari, da una parte l’ingannevole promessa di libertà e dall’altra il mai sopito senso di solidarietà.
Anya Bergman approda sulle scene letterarie con un romanzo scritto in punta di penna, la sua è una scrittura decisa ma delicata, potente ma dal sapore vagamente onirico, quasi epifanico. La caratterizzazione fisica e psicologica delle protagoniste, perché a mio avviso lo sono tutte, non lascia nulla all’immaginazione e permette al lettore di entrare in empatia con loro. Sono realistiche, vivide in ogni particolare del loro essere, il coraggio e la determinazione di una compensa la stravaganza e l’incoscienza di un’altra passando attraverso l’innocenza e l’ingenuità di una terza figura.
Non voglio svelare ulteriori dettagli, le donne di Vardø e di tutte coloro che hanno dovuto pagare cara la loro essenza, meritano la vostra totale attenzione.
“Giro girotondo
ricciolo rosso rubicondo
casca il mondo, casca la terra
tutti giù per terra…“
PRO
Ottima capacità descrittiva spazio-temporale, introspezione psico/cognitiva dei personaggi ben strutturata. Le tematiche affrontate sono tra le più sentite e ricche di spunti di riflessione.
CONTRO
In alcuni passaggi (vedi il viaggio di alcuni personaggi) la narrazione assume contorni prolissi e dispersivi; determinate descrizioni di azioni e quant’altro non aggiungono nulla ai fini narrativi. Questo però non va ad inficiare l’ottima qualità del romanzo.
Trama
Norvegia, 1662. L’isola di Vardø è poco più di un gelido scoglio nell’estremo Nord del regno, spazzato dal vento e dominato da un’austera fortezza. Dalla nave che la sta portando in esilio, Anna non immagina il futuro che l’aspetta e ciò che rappresenta quel luogo. Cresciuta negli agi di corte e abituata a essere trattata con rispetto, non sa che quella fortezza è un luogo odiato e temuto da coloro che vivono nei villaggi lungo la costa. Perché è lì che vengono rinchiuse le donne accusate di stregoneria. Lo sa bene invece Ingeborg, la cui madre è stata gettata in una cella buia, alla mercé di uomini che ricorrono a ogni mezzo pur di estorcere una confessione. Non importa che la sua unica colpa sia essere una giovane vedova innamorata di un uomo sposato. A Vardø, basta una voce messa in giro da una moglie gelosa per finire sul rogo. Ingeborg però non si arrende ed è pronta a seguire la madre nella fortezza pur di provare la sua innocenza. Ed è allora che la sua strada incrocia quella di Anna, che sta cercando disperatamente di riabilitare il proprio nome, anche a costo di tradire tutti i suoi principi… Sono due facce della stessa medaglia, Anna e Ingeborg. Donne vittime di un mondo governato dagli uomini. Ma loro si ribelleranno. Insieme, lotteranno per ottenere giustizia. E la loro rabbia brucerà come fuoco inarrestabile…
Recensione accurata,scritta in modo chiaro per permettere al lettore di immergersi completamente nella lettura di questo romanzo, accattivante e originale, che tratta un tema ancora oggi di notevole importanza. Emerge dalla recensione tutta la voglia di trasmettere e condividere con chi legge le emozioni e la bellezza di questa storia ponendo l’accento sugli aspetti negativi e positivi di essa.