Recensione a cura di Roberto Orsi
Aveva dieci corna e sette teste, sulle corna dieci diademi,e su ciascuna testa un titolo blasfemo. […] era simile a una pantera, con le zampe come quelle di un orso e la bocca come quella di un leone. Il drago le diede la sua forza, il suo trono e la sua potestà grande»
L’Apocalisse di Giovanni
Una Bestia feroce capace di martoriare i corpi, dilaniare le carni e sbriciolare le ossa. Un essere che vive ai margini, negli antri più nascosti delle foreste. Lo spauracchio di grandi e piccini che entra nelle tradizioni folcloristiche con il Diavolo e l’Uomo Nero. Una presenza minacciosa che semina panico e morte in Terra d’Otranto.
I Dragoni del Re Ferdinando di Borbone giungono nel paesino di Languore per vederci chiaro. La prima vittima, ritrovata senza vita nei boschi dell’Arneo è una mammana che rispondeva al nome di Narda Stumicusa. Un personaggio conosciuto in paese, una strega diremmo, una levatrice, una guaritrice, una grande esperta di erbe medicinali e medicamenti. Dopo di lei un altro corpo viene rinvenuto negli stessi territori: un viandante senza nome.
Da quel momento una follia collettiva pervade i territori d’Otranto. Masse di contadini e cacciatori, minacciati dalla presenza della Bestia, le prove della cui esistenza scivolano di bocca in bocca tra confessioni e isterie, cercano una giustizia sommaria individualista. L’arrivo dei Dragoni del Re avvia un’indagine capace di soverchiare le convinzioni di molti.
“Voci sull’avvento della Bestia cominciarono a moltiplicarsi sullo scorcio del 1799, in gennaio, dacchè una coppia di cacciatori s’imbattè nel cadavere decomposto della Narda Stumicusa. Il corpo imbrigliato come una marionetta tra gli arbusti, alla donna era stata tranciata a morsi buona parte della testa, poi rinvenuta senza orbite sull’arenile poco distante.”
1799. All’indomani dei moti giacobini e della parentesi repubblicana della città di Napoli, la terra del sud, arida e selvaggia, non ha ancora trovato una sua dimensione unitaria. Ricchezza e povertà accentuano le diseguaglianze tra la popolazione. I signorotti locali, nobili decaduti che hanno rischiato una brutta fine con i moti repubblichini, riacquistano la loro prepotenza e la loro posizione preminente nei confronti dei cittadini che, al contrario, spesso si contendono un pezzo di pane. Personaggi senza scrupoli, attorniati da mercenari senza un briciolo di coscienza, agiscono in nome di un semplice tornaconto personale.
“La foresta aveva preso vita per pochi rapidi istanti: uno scuoter di fronde, un sordo crepitare, l’evanescenza di un’ombra di grosse dimensioni che scivolava agile tra i baldacchini delle frasche. Poi più niente.”
La paura atavica dello sconosciuto e dell’inspiegabile emerge prepotente: quando davanti a cadaveri mutilati brutalmente non si riesce a dare una spiegazione razionale. La paura che inchioda e debella, che si insinua subdola nei sensi. Una sensazione capace di soggiogare e sottomettere, quando utilizzata con scopi beceri e di controllo.
La partita che si gioca all’interno delle pagine sembra essere più “terrena” di quanto non appaia.
“Sono come bambini, si aggrappano alla religione e alle loro elementari credenze, troppo impauriti e proni dinanzi al mistero della vita per guardare al di là della mera soddisfazione dei loro bisogno primari”
Ai Dragoni, accompagnati da un arguto dottore naturalista che risponde al nome di James Fenimonte, appare lampante fin da subito il contrasto tra il Barone Don Carmelo Dirlampa e il galantuomo Mastro De Sanctis, quest’ultimo arricchitosi grazie alla coltivazione del cotone. Ma sarà solo una questione di potere economico e controllo del territorio?
Tra i due litiganti si inserisce il terzo incomodo: il prete brigante Malesano, passato dal clero alla clandestinità, deluso dalle ingiustizie subite. Un uomo che nasconde più di un segreto negli antri della caverna dove si è rintanato con i suoi malacarne. Personaggi ambigui quanto irriverenti, anarchici e contradditori.
La Storia fa da sfondo alla vicenda principale, ma rimane in disparte: rivivono i giorni della Repubblica Napoletana, tra l’insurrezione del popolo sulla scia dei giacobini francesi e la restaurazione borbonica con il ritorno sul regno delle Due Sicilie.
Gli echi degli scontri di piazza si propagano nelle Terre d’Otranto e si smorzano nei silenzi di una foresta lugubre dove il buio vince sulla luce. Lo stesso buio che domina l’animo di personaggi alla ricerca dell’impossibile, o di altri in cui la luce si è spenta all’improvviso.
Lo stile di scrittura di Omar Di Monopoli dona un valore aggiunto alle atmosfere evocate: una prosa dal sapore antico, con inserti dialettali che rendono ancora più vivido il netto distacco tra i ceti sociali e ci restituisce la condizione di un tempo passato pregno di contraddizioni.
Superstizione, credenze popolari e folclore si contrappongono alla lucida e illuminata razionalità. L’attrazione verso l’occulto, attraverso le pratiche esoteriche, si affaccia prepotente nelle pagine del libro. Si rimane avvinghiati dall’abbraccio della tenebra e dell’ignoto. Non tutto è spiegato o spiegabile. Forse non tutto raggiungerà la fine del suo naturale percorso razionale, inghiottito da una patina di occulto nerofumo.
Trama
Gennaio 1799, dintorni di Taranto. Mentre ribollono i moti giacobini, viene ritrovato il corpo senza testa della vecchia Narda Stumicusa, mammana e fattucchiera. Al delitto fanno seguito misteriosi avvistamenti di una creatura demoniaca – ululati raggelanti nel cuore della notte, feroci aggressioni ad animali – e, un anno più tardi, un’altra morte violenta: la carcassa mutilata di un viandante viene scoperta nel fitto della vegetazione. Con il secondo omicidio nella comunità corrono le voci sull’esistenza di una pericolosa fiera e gli abitanti iniziano a barricarsi in casa, finché da Napoli una pattuglia di dragoni del re – accompagnati dal naturalista James Fenimonte – viene inviata in Terra d’Otranto per indagare. Nel popolo c’è chi afferma di aver veduto la Bestia, una sorta di grosso lupo, qualcun altro invece dice che i fatti di sangue sono da ascrivere al brigante Malesano. In una Puglia ancora stordita dai fumi della Repubblica Napoletana, divisa fra sostenitori giacobini e conservatori realisti, il gruppo inizia le ricerche e nei sotterranei della chiesa rintraccia ed esamina il corpo di Narda, semimummificato sotto uno strato di calce. Quindi, conversa con i due fratelli che hanno scoperto il secondo cadavere, le cui spoglie sono state immediatamente bruciate sul posto. L’indagine si rivela molto presto la scoperta di un mondo di profonde diseguaglianze in cui violenza, superstizione, sentimento del sacro ed esoterismo convivono con razionalità e rigore. Attraverso gli occhi dei soldati forestieri giunti dalla capitale, Omar Di Monopoli disvela la straordinarietà di un territorio irrisolto: un viaggio affascinante e oscuro al termine dell’Illuminismo, in un Sud indomito e mannaro. Avvistamenti della creatura colorarono i racconti d’ogni bettola e misteriosi attacchi a greggi e stabbi e pollai furono per mesi all’ordine del giorno. L’estate successiva, stroncata nel sangue la ribellione dei repubblichini e restaurato il potere retrivo col ritorno sul trono del monarca borbonico, la Bestia tornò a colpire.