Articolo a cura di Maria Marques
In un periodo funestato dalle guerre tra Francia e Spagna per il predominio in Italia, l’avventura di Andrea Doria, iniziata in modo defilato, lo portò a essere un vero principe del Rinascimento.
Le origini
Andrea nacque nel 1466 a Oneglia; figlio cadetto, rimase orfano di entrambi i genitori a diciassette anni, con due sole possibilità: la carriera ecclesiastica o il mestiere delle armi, ed egli scelse quest’ultima.
Grazie ai legami famigliari, nel 1485 Andrea Doria, descritto come altissimo e prestante, si recò a Roma, diventando ufficiale della guardia pontificia per poi passare, come soldato di ventura al servizio dei Montefeltro, degli Aragonesi e di Giovanni della Rovere, signore di Senigallia. Nel 1503 al comando delle truppe genovesi, riuscì a sedare una rivolta in Corsica, impresa che gli consentì di farsi conoscere a Genova.
Nel 1512 il doge, con l’appoggio di papa Giulio II, riuscì ad allontanare da Genova il governatore francese e nominò Andrea prefetto del porto e capitano della flotta. All’età di quarantasei anni Andrea divenne quindi ammiraglio, ma la libertà dai francesi durò poco ed egli fu costretto ad allontanarsi dalla città. Dopo la sconfitta delle truppe francesi di Luigi XII a Novara nel 1513, Andrea tornò a Genova e il nuovo doge gli mantenne le cariche conferite dal predecessore.
In questo periodo si inserisce una prima parte della sua attività contro i pirati barbareschi che, muovendosi nel mar Tirreno nord-occidentale, rendevano pericolosa la navigazione e danneggiavano i commerci genovesi. La distruzione della flotta del pirata Godoli, presso l’isola di Pianosa, con l’aiuto del cugino Filippino Doria che sarà il suo braccio destro per molto tempo e, nel 1519 la cattura del pirata Gad Alì, lo resero famoso.
francesco I e carlo V
In questi anni due personaggi fecero capolino sulla scena internazionale, destinati a incrociare le esistenze con quelle di Andrea: nel 1515 salì al trono di Francia, Francesco I, mentre tra il 1516 e il 1519, la corona imperiale e quella spagnola, si riunirono in una sola persona, Carlo V.
La disfatta francese alla Bicocca presso Milano nel 1522, permise alle truppe spagnole di dilagare in Provenza, ponendo sotto assedio Marsiglia, difesa e rifornita da Andrea Doria che fu l’unico alleato dei francesi vittorioso sulle truppe nemiche. Con una parte della flotta egli risalì il Rodano sino ad Arles, rifornendo di viveri e armi le truppe. Quando Marsiglia tornò in mano francese e gli spagnoli si ritirarono verso la Liguria, Andrea utilizzò le sue ciurme come “truppe di terra”, attaccando e decimando le retroguardie iberiche, per poi sparire al largo.
Tra il 1523 e il 1525 mentre la guerra tra Francia e Spagna proseguiva, Andrea Doria conquistò Savona e affrontò la flotta imperiale presso Varazze, sbaragliandola. La battaglia di Pavia del 1525, vanificò le vittorie di Andrea: i francesi subirono una pesante sconfitta che portò alla prigionia, il re Francesco I.
Si ritiene che sia in questo periodo che Andrea Doria abbia iniziato a valutare se fosse conveniente mantenere l’alleanza con la Francia. Ottenuto il permesso formale da parte francese, Andrea stipulò un contratto d’appalto con papa Clemente VII. Ottenne il comando, per un anno, di otto galee con uno stipendio di 35.000 scudi d’oro.
la lega di cognac e il servizio al pontefice
Nel tentativo di allontanare gli spagnoli dal territorio italiano, nel 1526 fu creata la Lega di Cognac, patrocinata da Clemente VII, che riuniva Francia, Firenze e Venezia. Andrea fece la sua parte: occupò Portofino, La Spezia e Savona, nulla poté invece per liberare Genova.
Sotto il comando congiunto di Doria e di Pietro di Navarra, le flotte francesi e veneziane, sebbene numericamente inferiori, riuscirono a sconfiggere le galee spagnole in Corsica, ma la calata dei Lanzichenecchi, ribaltò ancora le sorti della guerra. Durante il sacco di Roma del 1527, le navi della flotta pontificia erano alla fonda al largo di Civitavecchia, e nonostante Andrea volesse risalire il Tevere per portare aiuto alla città, gli fu impossibile. Terminato il servizio presso il pontefice, Andrea stipulò un nuovo contratto con la Francia, diventando comandante in capo della flotta nel Mediterraneo con uno stipendio annuo di 36.000 scudi. La sua prima missione, grazie all’appoggio delle truppe francesi, fu la riconquista di Genova.
Nella primavera del 1527, ormai sessantunenne, Andrea decise di sposarsi e scelse una nobildonna genovese, Peretta Usodimare. Nel frattempo il re di Francia, nuovamente libero, riprese la guerra con l’obiettivo di cacciare gli spagnoli da Napoli.
l’alleanza con gli spagnoli
Al comando della flotta il sovrano non pose il suo ammiraglio, Andrea Doria, ma un suo uomo di fiducia. Doria si trovò nella necessità di trovare un nuovo alleato per sé e per Genova e si volse verso la Spagna. Il rapporto con Carlo V si dimostrerà fatto di stima e di amicizia e durerà per tutta la loro vita. Accanto a questo fattore emotivo, ve ne erano altri ben più pratici. Carlo V, aveva bisogno di denaro liquido e di una flotta per combattere i francesi e i pirati. Genova e Doria disponevano di entrambi.
I banchieri genovesi, amici di Andrea, trovarono negli alti interessi e nei noli vantaggiosi un buon terreno per appoggiare la sua scelta. Anche il controllo del mercato delle merci preziose provenienti dal Nuovo Mondo, già in parte in mano genovese, era un argomento a favore. Inoltre non meno rilevante, l’imperatore confermò il suo disinteresse per i fatti interni di Genova, cui avrebbe donato la libertà di governarsi da sola, a differenza dei francesi che vi mantenevano un presidio militare.
Nel 1528 le trattative si conclusero: Carlo V s’impegnò a liberare Genova dai francesi e a lasciare la città , reintegrata di tutto il suo dominio, nelle mani di Andrea. I sudditi di Genova avrebbero goduto gli stessi privilegi di quelli spagnoli e avrebbero avuto accesso ai granai siciliani. Andrea avrebbe comandato una flotta di dodici galee, con equipaggio esclusivamente rivierasco, affittate al sovrano per l’importo di 60.000 scudi annui.
Il 9 settembre del 1528 Doria con le sue galee chiuse l’accesso al porto di Genova e il 12 settembre rifiutò la Signoria della città che gli fu offerta, auspicando una piena collaborazione da parte di tutte le grandi famiglie per riportare la pace fra le mura. In realtà la scelta di Andrea fu molto acuta: accorto conoscitore della politica genovese, consapevole che le grandi famiglie avrebbero potuto allearsi contro un “signore”, egli scelse di rimanere apparentemente defilato dall’amministrazione della città, continuando però a detenere le fila del potere. Grazie a una nuova costituzione che, con varie modifiche, arrivò sino alla fine del XVIII secolo, il Comune di Genova diventava una repubblica di stampo aristocratico.
Andrea fu insignito da parte di Carlo V dell’ordine del Toson d’oro e nel 1531 ottenne il titolo di principe di Melfi e poi ancora quello di duca di Tursi. E come “principe” Andrea Doria, si fece costruire una residenza degna di questo nome, ancora oggi identificata come “Palazzo del principe”. La sua attività urbanistica si volse anche alla difesa cittadina e una nuova cinta muraria sostituì quella preesistente.
lo sguardo verso l’oriente
Nel 1532 quasi settantenne, Andrea si spinse con la flotta ispano-genovese, sino ai Dardanelli.
Nel frattempo Khair ad- Din, detto il Barbarossa che divenne signore di Algeri e poi di Tunisi, ammiraglio della flotta di Solimano il Magnifico, insidiava le coste mediterranee.
Carlo V nel 1535 conquistò Tunisi, da cui però Barbarossa riuscì a sfuggire. Nello stesso anno si spegneva a Milano il duca Francesco II Sforza. Carlo V inglobò la Lombardia come feudo personale e, grazie all’azione diplomatica di Andrea, attrasse nella sua orbita anche Firenze, appoggiando l’elezione di Cosimo il giovane.
Nel 1538 una flotta cristiana con alleati spagnoli, veneziani, genovesi e i Cavalieri di Malta, riuscì a bloccare il Barbarossa a Prevesa, nel Canale di Corinto. Tuttavia Andrea Doria, ritirandosi dal combattimento, permise alle navi dell’ammiraglio ottomano di riconquistare la libertà. Molte furono le accuse da parte dei veneziani e del papato di codardia nei confronti di Andrea Doria, in realtà il suo comportamento era dettato da semplici interessi economici: il Levante, per Genova e la Spagna, attente più ai traffici del Nuovo Mondo, aveva perso rilevanza.
Nel 1540 Andrea diresse ancora delle campagne contro i pirati, e Giannettino, suo nipote ed erede, riuscì a catturare Dragut, luogotenente del Barbarossa, ma nonostante questa sconfitta, gli ottomani insidiavano ancora le coste e le isole spagnole. Nel 1541Carlo V predispose una campagna contro il Barbarossa ad Algeri, nonostante Andrea fosse contrario per i rischi che comportava e per le imprevedibili condizioni del mare, in autunno. Il 26 ottobre del 1541 una tempesta danneggiò gravemente le navi spagnole, il Barbarossa si rifugiò in Algeri, roccaforte inespugnabile. In questa situazione d’emergenza, Andrea e Giannettino, si adoperarono per limitare i danni e reimbarcare le truppe senza altre perdite. Fu in quest’occasione che Carlo V insignì Andrea del titolo di duca di Tursi.
Sedata la congiura dei Fieschi e ritoccata la Costituzione, nel 1550 Andrea, instancabile ottantaseienne, guidò ancora due spedizioni nelle acque della Sirte contro Dragut (suo prigioniero e poi liberato dietro il pagamento di un riscatto) e poi ancora nel 1552 e nel 1553 contro la flotta francese, sedando una nuova rivolta in Corsica, sempre fomentata dai francesi. I contatti epistolari tra Andrea e Carlo V, che aveva ormai abdicato, continuarono sino alla morte di questi nel 1558 e due anni dopo, nel 1560, qualche giorno prima di compiere novantaquattro anni, Andrea morì, dopo aver continuato a “dirigere” infaticabilmente la politica genovese e i suoi interessi.
i libri su di lui
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