Recensione a cura di Roberto Orsi
“Eliza Graves” è il titolo della versione italiana del film “Stonehearst Asylum”, pubblicato negli Stati Uniti d’America nel 2014. Dal regista Brad Anderson, non nuovo a pellicole di questo genere (ricordiamo titoli come L’uomo senza sonno, Transsiberian, e Vanishing on 7th Street, tra gli altri), e la sceneggiatura di Joe Gangemi, la pellicola annovera tra i produttori anche un certo Mel Gibson. Il genere si colloca di diritto tra il thriller storico drammatico e la storia prende le mosse da un racconto breve di un maestro come Edgar Allan Poe: Il sistema del dott. Catrame e del prof. Piuma.
Il film si apre su una scena universitaria in cui un alienista, interpretato da Brendan Gleeson, di fronte a una platea di giovani studenti illustra gli effetti dell’isteria su una giovane donna, mostrata a tutti come una cavia da laboratorio. A quel tempo era comune la credenza medico scientifica che l’isteria fosse provocata da una strana conformazione dell’utero che avrebbe avuto effetti negativi sull’umore e l’atteggiamento di una donna essendo rappresentante specifico dell’intero organismo femminile. La donna, che cerca disperatamente di convincere tutti di essere sana di mente, deve soccombere al deciso e burbero alienista, che di fronte a tutti la palpa internamente descrivendo agli studenti la conformazione dell’utero. Un prologo decisamente di impatto, che sembra essere distaccato dal resto del film che inizia subito dopo con i titoli di testa.
La scena si sposta quindi alla Vigilia di Natale del 1899, sei mesi dopo la prima scena appena descritta, e il dottor Edward Newgate (un bravissimo Jim Sturgess) è inviato come tirocinante presso lo Stonehearst Asylum per completare il suo periodo di formazione dopo la laurea conseguita ad Oxford. Colpisce fin da subito la fotografia di questa pellicola: l’arrivo di Newgate al manicomio, in un paesaggio dalla luce soffusa, con la costruzione isolata in una campagna brulla attanagliata dall’inverno, danno subito un indizio di ciò che aspetta lo spettatore lungo tutta la visione del film.
È il dottor Silas Lamb, interpretato dal solito grande Ben Kinglsley che sembra essere nato per questo genere di pellicole (ricorderete lo straordinario primario dell’ospedale di Shutter Island con Leonardo di Caprio, anno 2010), a dirigere l’Asylum. L’arrivo del dottor Newgate sembra non essere stato annunciato al dottor Lamb, il quale però capisce che un aiuto giovane e curioso può essere fondamentale per portare avanti la gestione del manicomio.
Siamo agli albori del XX secolo e la scienza, come la medicina, stanno attraversando un momento critico di distacco dal passato. Si intravedono le prime teorie contrapposte, le prime metodologie curative che si discostano dal procedimento in uso da diversi secoli. Lamb è un visionario da questo punto di vista: non segue gli insegnamenti dei libri o la scienza tradizionale. Nella medicina classica si seguono metodi brutali per ridurre una mente schizofrenica a consigli più miti, per alienare un individuo affetto da patologia cronica di follia. Trattamenti aberranti che assomigliano più a una tortura che a veri e propri processi curativi. Il dottor Lamb sembra voler invece creare qualcosa di nuovo all’interno del suo manicomio. I pazienti sono trattati alla pari, si parla con loro, si lascia libero sfogo alla loro pazzia, al loro modo di essere diversi.
Un atteggiamento che incuriosisce Edward Newgate, che si trova all’improvviso in un contesto molto diverso da quello che ha sempre visto, studiato e vissuto. Ma chi è il Dottor Lamb e chi sono i pazienti dello Stonehearst Asylum?
Tra di loro l’avvenente Eliza Graves, intrepretata da una bellissima Kate Beckinsale, il vero ago della bilancia, il fil rouge che unisce le menti di tutti i protagonisti. Un personaggio enigmatico, rinchiusa in manicomio dopo aver attaccato e accecato il marito in una delle sue crisi di isteria dettate dalla paura per il contatto fisico. Newgate ne è attratto fin da subito in una maniera inspiegabile, lei sembra volerlo respingere e in qualche modo metterlo in guardia, incitandolo più volte a lasciare l’Asylum.
Non tutto è come sembra allo Stonehearst. Con il passare dei giorni tra la chiusura del 1899 e l’inizio del nuovo secolo, Newgate scopre segreti inconfessabili, racchiusi tra le mura e nei sotterranei del manicomio. La realtà è ben diversa da come appare.
Una pellicola che raccoglie a piene mani dall’eredità di E.A. Poe e dal suo gotico romantico. Bellissimi costumi e una perfetta scenografia accompagnano perfettamente una luce e una fotografia armoniose e ben inserite nei contesti delle scene. Accanto ai tre protagonisti Newgate, Eliza Graves e il Dottor Lamb, ritroviamo altri personaggi di spessore come il Dottor Salt (Michael Caine), Mickey Finn, il tirapiedi del Dottor Lamb (i fan della saga di Harry Potter riconosceranno il Prof. Lupin in David Thewlis) e una giovane ragazza di nome Millie, che interpreta una internata che svolge il ruolo di infermiera (la scozzese Sophie Kennedy Clark).
Un film ricco di colpi di scena fino alle battute finali, un thriller dalle tinte forti, che appassiona gli amanti del genere. Valori come compassione e riconoscimento dell’umanità, rispetto e restituzione della dignità a qualsiasi essere umano, divampano in un racconto dove l’essere “normale” o “anormale” si confondono, una distinzione che perde di senso nel mare magnum della mente e dell’animo umano.