Recensione a cura di Lorenzo Angelaccio
Le Indie Orientali Olandesi erano i territori coloniali di cui i Paesi Bassi disponevano in Asia fino al 1949, e corrispondono all’odierna Indonesia: enorme stato-arcipelago composto da più di 17.000 isole. Una delle più grandi e importanti di queste isole è quella di Giava, che è il luogo dove si ambienta lo splendido romanzo L’isola della memoria, scritto da Dido Michielsen a partire dalla storia vera di una sua trisavola e pubblicato in Italia dalla casa editrice Nord.
Proprio per il fatto di essere ispirato a una storia vera, il romanzo ha una forte impostazione biografica, per quanto rielaborata in chiave letteraria. A raccontare la storia sarà infatti Isah, la protagonista, ma a trascriverla sarà la sua amica Canting: artificio che dà vita a un gioco metaletterario molto coinvolgente e che rafforza il realismo della narrazione, molto spesso di una crudezza spietata.
“Questa storia è sua, l’io narrante è lei. Io sono solo l’ancella, mi limiterò a qualche piccola nota a piè di pagina laddove la ritengo opportuna. […] Quando glielo faccio presente, mi dà dell’invadente, ma chi legge mi ringrazierà.”
Isah racconta la sua storia a partire dall’infanzia, specificando di essere nata con un nome diverso: Piranti. In seguito, le sarebbe stato cambiato da un colonialista olandese di cui lei si sarebbe innamorata, quando sarebbe scappata di casa per andare a vivere con lui: momento, quello del cambio di nome, esemplificativo del modo in cui gli olandesi trattavano gli indigeni giavanesi, come dei “complementi d’arredo” (come avrà modo di dire più volte la stessa Isah).
In realtà c’è da dire che l’usanza di cambiare nome in corrispondenza di cambiamenti importanti della vita – come per esempio un matrimonio – era un’usanza tipicamente giavanese: ma qui risulta chiaro il nuovo significato che assume questo cambiamento di nome, quasi un passaggio di proprietà. E infatti il romanzo si sofferma per lo più sulla tormentata storia d’amore tra lei e l’olandese di nome Gey, nonché su tutte le conseguenze indelebili che questa relazione avrà sulla vita di Isah.
Lei, infatti, pur di riuscire a stare con Gey, si riduce a fare la nyai, ovvero una serva-concubina, che aveva il duplice compito di occuparsi della servitù della casa e di andare a letto con il padrone olandese. Si tratta di una figura molto diffusa nel contesto storico e sociale descritto dall’autrice, in cui queste donne possono andare incontro a destini anche molto diversi: le più fortunate venivano infatti sposate e i loro figli riconosciuti come legittimi, ma le più sfortunate venivano ripudiate una volta divenute troppo “vecchie” e messe in mezzo a una strada insieme ai figli.
Agghiacciante a tal proposito un aneddoto che viene riferito nel romanzo, in cui una nyai viene persa dal padrone dopo una partita a carte giocata da ubriaco e stuprata a turno dai vincitori, per poi essere presa dall’ultimo stupratore e portata in casa come schiava.
“Era un brav’uomo, sai? Certo, mi prendeva a cinghiate e mi chiudeva in dispensa, ma solo quand’era ubriaco.”
Senza voler svelare troppo, Isah dovrà fare i conti con una situazione simile. All’inizio si era illusa, infatti, di essere diversa dalle altre nyai e amata da Gey, ma presto l’incantesimo si rompe e lei dovrà fare i conti con la cruda realtà. Il resto del romanzo narrerà poi le peripezie a cui Isah andrà incontro, e la stessa scrittura e pubblicazione delle sue memorie avranno il preciso ruolo di fare i conti con questa storia e denunciare una situazione simile vissuta da migliaia di altre donne dimenticate, gettate nell’oblio della storia come oggetti che hanno smesso di servire al loro scopo.
“Sarei sempre stata la figlia di mia madre, ma non sarei più stata la madre delle mie figlie.”
Isah racconta la sua storia in prima persona (con la mediazione, come già anticipato, dell’amica Canting), e lo fa in modo intimo e avvolgente, con un tono caldo ma allo stesso tempo crudele nel narrare tutti gli orrori e le angherie che ha dovuto subire nella sua vita colma di sofferenze. Il lettore riesce quindi a immergersi in questa storia dolorosa ma che era necessario raccontare, e sebbene i primi capitoli siano un po’ difficoltosi da questo punto di vista, in cui è difficile raccapezzarsi tra i numerosi termini giavanesi utilizzati e il contesto sociale molto differente da quello europeo, una volta iniziata la storia d’amore con Gey, il romanzo entra nel vivo e da quel momento in poi non lascia più il lettore.
Un romanzo quindi che arricchisce e regala una nuova umanità a chi legge, oltre a una nuova consapevolezza su quanto siamo fortunati ad avere un piatto caldo più volte al giorno per tutti i giorni, un tetto sotto il quale dormire e la vicinanza delle persone amate. Tuttavia, la questione delle donne giavanesi affrontata nel romanzo serve anche a farci riflettere sulla condizione delle donne nel nostro Paese e nella società occidentale, su quanto spesso e volentieri il trattamento a loro riservato non sia poi così molto diverso a quello riservato alle donne giavanesi di inizio ’900 (in proporzione al differente contesto geografico, politico e sociale).
Da leggere per avere un nuovo sguardo sul mondo e sull’umanità che la popola.
PRO
- Una vicenda appassionante di donne dimenticate dalla Storia
- Informa e arricchisce il lettore sulla storia dell’Indonesia di inizio ’900
- Grazie al suo stile coinvolgente, riesce a far immergere il lettore nella personalità della protagonista
CONTRO
- I primi capitoli risultano difficoltosi da leggere e potrebbero respingere alcuni lettori
- Alcune scene e racconti potrebbero essere troppo disturbanti per un pubblico sensibile
Trama
Isola di Giava, 1866. Isah ha solo sedici anni quando si ribella alla tradizione secolare che obbliga le donne al matrimonio combinato e s’innamora di Gey, un ufficiale dell’esercito coloniale olandese, anche se ciò significa essere bandita per sempre dalla famiglia. Ben presto, però, Isah si rende conto che Gey non intende affatto farne sua moglie, bensì la sua nyai. In un’epoca in cui la distanza impedisce alle donne olandesi di raggiungere le colonie, è normale per un uomo prendere a servizio una giovane del posto, che di giorno lavori come governante, mentre di notte sia la sua concubina. Una nyai deve essere bella, educata e invisibile. Per anni, Isah obbedisce, racimolando briciole di felicità dalle poche attenzioni che riceve e dalla speranza di riuscire a dare un futuro migliore alle sue bambine. Ma ora che si ritrova sola e disonorata, Isah è costretta a compiere una scelta straziante per evitare che le sue figlie vengano discriminate sia dai bianchi sia dai giavanesi. Tuttavia lei non si rassegnerà a svanire nel silenzio, e troverà il modo di essere ricordata…