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Robert Oppenheimer

Esce oggi nelle sale italiane “Oppenheimer” film basato sulla biografia, scritta da Kal Bird e Martin Sherwin e edita da Garzanti, “Robert Oppenheimer, il padre della bomba atomica. Il trionfo e la tragedia di uno scienziato”. E dove ci sono Storia, libri (e cinema), c’è TSD.
Anche se il personaggio forse per molti non sarebbe nemmeno degno di avere tanta attenzione.
Noi cercheremo di raccontarvelo con occhio neutro, senza pregiudizi.

Nacque a New York nell’aprile del 1904 da famiglia tedesca di origine ebraica; sin da bambino spiccava per intelligenza e interessi che spaziavano dalla scienza alla poesia, dalle lingue straniere (ne imparò sei, incluso il sanscrito) alla mineralogia.

Dopo alcuni anni vissuti in Europa, dove assistette all’ascesa di Hitler, nel 1929 rientrò negli Usa dove fece amicizia con alcuni membri attivi del Partito comunista, come Katherine “Kitty” Puening, studentessa radicale di Berkeley (che nel 1940 sposerà, sebbene la vita sentimentale dello scienziato non fu dedita alla monogamia).

Ed è proprio in un laboratono di Berkeley che Oppenheimer collaborò con Ernest Lawrence, l’inventore del ciclotrone. E mentre Hitler invadeva la Polonia dando inizio alla Seconda guerra mondiale, Oppenheimer scrisse a 4 mani con Hartland Snyder quello che è stato definito “uno dei più grandi articoli della fisica del ventesimo secolo”. In esso i due autori si chiedevano cosa sarebbe successo a una stella massiccia che avesse iniziato a consumarsi, avendo esaurito il suo carburante: basandosi sulla teoria della relatività generale di Einstein i due misero a punto uno studio che, in pratica, pose le basi della teoria dei buchi neri – che verrà formulata trent’anni dopo.

Quando Hitler invase la Polonia, l’allora presidente degli Stati Uniti, Roosevelt, ricevette una lettera da fisici come Albert Einstein, Leò Szilàrd in cui lo si avvertiva che la Germania avrebbe potuto sviluppare delle bombe atomiche; di conseguenza, occorreva che gli Stati Uniti la precedessero.

Oppenheimer fu scelto per creare un team di lavoro che mettesse in campo un progetto in grado di bruciare i nemici sul tempo. Nacque così il Progetto Manhattan (che tra il nome da luogo dove erano ubicati gli uffici del Manhattan Engineer District, creato nel 1942). La prima cosa alla quale Oppenheimer pensò, fu quella di circondarsi delle menti più brillanti del Paese, composto da più di 20 persone tra cui spiccava anche il nostro Enrico Fermi. L’obiettivo di Oppenheimer col suo team fu quello di creare la bomba atomica.

Il team del Progetto Manhattan

In base agli studi condotti fino ad allora, sembravano esserci due metodi: utilizzare l’uranio o il plutonio. Il team del Progetto Manhattan realizzò prototipi dei due tipi di bombe: uno era quello che portò poi alla costruzione di “Little Boy”, l’ordigno all’uranio fatto poi esplodere su Hiroshima, e l’altro a base di plutonio, denominata, “Fat Man”, che fu sganciata sopra Nagasaki.

I prototipi, però, dovevano essere testati, così Oppenheimer ritenne necessario sperimentarla e il 16 luglio 1945, nel deserto di Alamogordo, vicino a Los Alamos, nel New Mexico, fu effettuato il cosiddetto Trinity Test, con una bomba al plutonio (“The Gadget”). Lo scoppio rilasciò l’energia di 21mila tonnellate di tritolo e il calore che sprigionò fù così intenso che sciolse la sabbia nell’area circostante, creando un tipo di vetro verde leggermente radioattivo chiamato “trinitite”.

Sia Oppenheimer che altri scienziati tra quelli che assistettero alla detonazione volevano che l’esplosione fosse solo dimostrativa, in modo da indurre il nemico ad arrendersi, e che non fosse utilizzata su civili.
Sappiamo che le cose andarono diversamente, i due ordigni atomici furono sganciati sul Giappone provocando circa 200mila morti subito, molti altri in seguito, per le radiazioni. Eppure Oppenheimer e gli altri scienziati si adoperarono affinché non venissero più impiegate armi così devastanti, lo stesso scienziato creatore della bomba ne sottolineò la caratteristica di inumana cattiveria. Oramai, però, la strada per le armi nucleari era stata aperta.

Contemporaneamente, infatti, si lavorava a un’altra bomba ancora più devastante, quella a idrogeno, su progetto del fisico ungherese Edward Teller. Oppenheimer fu invitato a unirsi al progetto, ma rifiutò. Anzi, tra il ‘47 e il ’52, il fisico tedesco-americano si mise a capo di un comitato per una intesa internazionale per la non proliferazione degli armamenti nucleari, affermando che “se le armi atomiche entreranno a far parte degli arsenali delle nazioni, verrà un tempo che l’umanità maledirà i nomi di Los Alamos e di Hiroshima. I popoli del mondo dovranno unirsi o periranno tutti”.

Sulla base di questa attività pacifista, dato il rifiuto a collaborare alla bomba a idrogeno, e dato il ritrovamento di vecchie carte dell’FBI che documentavano le simpatie del fisico per gli ambienti antifascisti, Oppenheimer fu accusato di essere comunista e di essere una spia che aveva passato segreti sulla bomba ai sovietici. Il fisico non diede buona prova della sua innocenza, non resse gli interrogatori durante i quali si comportò così pietosamente dal ricavarne l’etichetta di “scienziato piagnucolone”.

In realtà vere prove non ne esistevano e molte delle prove negli archivi dell’Fbi erano contraddittorie. Tuttavia, nel 1954 al fisico fu vietato l’accesso alla Atomic Energy Commission “per ragioni di sicurezza nazionale”.

La comunità scientifica allora insorse, riuscendo in pochi mesi a farlo confermare nell’incarico di direttore dell’Institute for Advanced Studies di Princeton, incarico che mantenne fino alla morte, avvenuta nel 1967 a causa di un tumore alla gola.

Nel 1963, gli venne assegnato il premio Enrico Fermi in segno di “riabilitazione” ufficiale. Ma è solo a fine 2022 che la segretaria del dipartimento per l’Energia governo Biden, Jennifer Granholm, ha dichiarato che il processo a cui fu sottoposto Oppenheimer aveva dei difetti e che nel tempo sono emerse prove della sua lealtà incondizionata agli Stati Uniti.

Curiosità

Il fisico americano era così famoso che non aveva bisogno di mostrare la sua faccia per essere “riconosciuto”. Al punto che la copertina del primo numero di Physics Today del 1948 presentava una foto del suo cappello appoggiato su un ciclotrone.


Alcune testimonianze riferiscono che Oppenheimer, dopo aver assistito all’esplosione citò un testo sacro indiano, con queste parole: “Ora sono diventato Morte, il distruttore di mondi”.


A chi negli ultimi anni di vita, gli chiedeva se avesse voluto cambiare qualcosa del suo passato, il fisico rispondeva: “Ho fatto il mio dovere, che era di svolgere il lavoro che dovevo fare. A Los Alamos non ero nella posizione di prendere decisioni politiche. Avrei fatto qualunque cosa mi avessero chuesto di fare, perfino una bomba in una forma diversa, se avessi pensato che fosse stato tecnicamente possibile”.


A Oppenheimer sono stati intitolati un cratere lunare e un asteroide.


Fu candidato più volte al Nobel, nel 1945, 1951 e 1967. Non lo ottenne mai.


Oppenheimer usava formule matematiche complesse, difficili da comprendere persino per gli esperti, e spesso, per la fretta, commetteva degli errori.


Ora che TSD vi ha raccontato la storia, andrete a vedere il film?

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