Narrativa recensioni

Recensore per un giorno TSD: “Resta con me, sorella” – Emanuela Canepa

Recensione a cura di Isabella Novelli

L’ambientazione del romanzo è quella degli anni venti nella città di Padova.

Anita, la cui madre è morta quando lei aveva appena sette anni, ha perso anche il padre di recente e vive con i due figli di secondo letto a cui è molto affezionata: una è Luisa e l’altro risponde al nome di Biagio. Anita lavora in un giornale come correttrice di bozze, insieme al fratellastro.

Quando Biagio commette un furto all’interno del giornale, Anita se ne addossa la colpa per lasciare libero il ragazzo in modo che possa continuare a provvedere al sostentamento della famiglia. Anita viene rinchiusa nel carcere della Giudecca a Venezia.

“Il carcere ha una mole incombente, poderosa, come possedesse radici che sprofondano fino al cuore della laguna.”

Anita vivrà isolata per un certo periodo da tutte le altre recluse, sino a quando non conoscerà un’altra detenuta a cui si legherà da profonda amicizia: Noemi Folena.

“In testa alla fila, al lato opposto al suo, c’è una giovane donna che a distanza sembra molto alta. È bionda, dritta, la treccia pesante le spunta dalla cuffia. Le ricorda sua sorella Luisa.” 

A Noemi resta da scontare un anno, forse un anno e mezzo e caratterialmente non è una donna abituata alle confidenze, ma tra lei e Anita sì instaura un rapporto strettissimo che le spinge a fare progetti comuni, una volta uscite di prigione.

Noemi infatti è una abile ricamatrice e sogna di aprire un’attività tutta sua.

Successivamente Anita, che uscita di prigione ha trovato lavoro come cameriera, conosce Bruno, un  reduce di guerra incline alla violenza. L’atteggiamento di Bruno la inquieta e Anita dovrà fare presto i conti con questo nuovo rapporto.

Anche Noemi ha un’esistenza molto complicata.

La vita per le due donne non sarà facile.

Un romanzo sulla condizione delle carceri agli albori del secolo, sull’emancipazione femminile, sul ruolo della donna agli inizi del novecento. Un’analisi sui diversi ceti sociali dei primi anni venti. Con grande capacità di analisi Emanuela Canepa narra il difficile ruolo della donna che cerca di affrancarsi dal potere maschile in una società che si dimostra quanto mai contraria.

Come sfondo del romanzo c’è la città di Venezia con le sue atmosfere cupe e il carcere della Giudecca che domina il romanzo con la sua incombente mole.

Una storia narrata con maestria che attira il lettore con le sue protagoniste a cui ci si lega subito, sin dalle prime righe.

Un bel romanzo che attrae dall’inizio alla fine, che emoziona e commuove nell’arco di tutta la vicenda raccontata.

Un  libro di cui sicuramente mi sento di consigliare la lettura.

Trama

Da quando suo padre è morto di febbre spagnola, Anita, orfana di madre dall’età di sette anni, vive con la matrigna e i suoi due figli. Uno lavora con lei nel giornale in cui il padre prestava servizio. Un giorno il fratellastro ruba dalla cassa e Anita decide di prendersi la colpa, perché il suo misero stipendio di donna non basterebbe a mantenere la famiglia, mentre quello del fratellastro sí. Rinchiusa nel carcere della Giudecca, incontra Noemi, una ragazza ombrosa da cui tutte si tengono alla larga – «ha il demonio dentro», dicono – e dalla quale persino le suore mettono Anita in guardia. Ma lei ne subisce il fascino e, malgrado Noemi non riveli mai il motivo per il quale è stata condannata, Anita si confida con lei. Le due stringono un patto: progettano di costruire un futuro insieme, una volta fuori. Sono convinte di poter trovare la propria strada nel mondo anche senza un marito. Ma oltre la soglia della prigione l’esistenza travolge e confonde come il brulichio incessante per le strade di Venezia, obbligando Anita a fare i conti con sé stessa e con il segreto inconfessabile che Noemi nasconde.

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