Tempo di partenze, di viaggi – che siano di andata o di ritorno – e di valigie!
Eh sì perché a meno che non siate di quelli che anche per pochi giorni si portano dietro un baule, che sia piccola o grande, la valigia la dovete preparare.
Ma quando è nata davvero?
I romani usavano i bauli; nel Medioevo, i nobili si facevano costruire mobili smontabili perché fosse possibile trasportarli negli spostamenti da un feudo all’altro.
Nel ’700 non c’era famiglia aristocratica che non intraprendesse un viaggio con carrozze stracariche di bauli e cappelliere.
Era il secolo del Grand tour, un viaggio che durava mesi, anche più di otto, durante i quali ci si portava al seguito scorte alimentari, indumenti, libri, lettini avvolgibili, passaporti, lettere di credito (una sorta di travellers-cheques), guide, medicinali.
Tra ’700 e ’800 diventarono quasi routine anche le traversate oceaniche: lo storico francese Pierre Chaunu ha valutato in 8-900 chili il peso del bagaglio di chi si imbarcava alla volta delle Indie: almeno una trentina di colli tra casse, ceste, sacchi, botti, masserizie e gabbie con animali vivi.
Di valigie propriamente dette (quindi non bauli, cappelliere e co.) così come le intendiamo noi oggi, non se ne parla fino al XIX secolo.
La svolta decisiva si ha nella seconda metà dell’Ottocento, quando si inizia a registrare una maggiore diffusione dei treni e delle navi a vapore, che rese possibile spostarsi a costi abbordabili, quindi rese possibili i viaggi anche per le classi medie che cominciarono a viaggiare per turismo o, più spesso, per emigrare in cerca di fortuna.
Di conseguenza, crebbe la domanda di contenitori per vestiti e oggetti e fecero capolino le prime valigie “moderne”: bauli di dimensioni ridotte, con uno o due manici centrali e un’apertura dotata di serratura. Questi accessori da viaggio, sempre più leggeri, persero tra l’altro la bombatura che li caratterizzava un tempo (quella tipica dei bauli), a vantaggio di una forma più piatta per essere meglio impilati. Ce ne erano sia di versioni “basiche” sia con rifiniture di lusso (come quelle celebri della maison francese Louis Vuitton). In parallelo, si diffusero anche morbide borse da viaggio in pelle, pure loro dotate d sistemi di chiusura (in genere lucchetti).
La definitiva evoluzione delle valigie giunse tra fine Ottocento e inizio Novecento, quando questi accessori divennero quasi del tutto uguali a quelli odierni, seppure più pesanti e, naturalmente, ancora senza ruote.
Di forma rettangolare, con un grande manico, gli interni in legno e le pareti rigide, realizzate sia con elementi in legno sia con cartone lavorato e tessuto (nelle versioni più povere si ricorreva al solo cartone).
Nel corso del XX secolo le valigie divennero sempre più pratiche e resistenti, dividendosi in modelli da viaggio e da lavoro (le celeberrime “ventiquattrore”). Dal 1941, a fare da riferimento fu la Streamilite, valigia rivestita di fibra vulcanizzata e litografata con “effetto pelle” realizzata dall’azienda americana Samsonite. Ma grande fortuna ebbero anche quelle totalmente in alluminio, lanciate nel 1938 dalla Zero Halliburton, altra azienda statunitense.
Poi, dal secondo dopoguerra, a dare nuovo impulso alla valigeria furono lo sviluppo del trasporto aereo e la diffusione dell’automobile: in breve tempo, i bagagli si fecero ancora più leggeri, maneggevoli e resistenti, grazie all’uso di materiali plastici.
Le ruote arriveranno solo negli anni Settanta, ma inizialmente non riscossero successo (gli uomini consideravano l’ausilio delle rotelle poco virile).