Recensione a cura di Eliana Corrado
La mia storia è la storia di tre impostori.
Bello come inizio, vero? Peccato che sia la fine, o meglio la fine dell’inizio, l’ultima frase di un Prologo che dà il via a una storia incredibile, ma vera.
La lettura di questo libro è stata una bella prova: non amo e non scelgo i libri di molte pagine. E sorte ha voluto che “I pazienti del dottor Garcia” consti di 800 pagine o poco più. Eppure non le ho affatto patite!
Almudena Grandes ha la capacità meravigliosa di rendere la storia, di per sé complessa e ricca – che copre un periodo storico a me poco conosciuto, quale la guerra civile spagnola, l’avvicendarsi di Franco, le ideologie “rosse” e quelle falangiste e naziste, la seconda guerra mondiale – un thriller dal ritmo dei migliori 007!
Difficile riassumere la trama che, di base, vede protagonista un medico “rosso” trovarsi a salvare vite dei repubblicani, a essere nella Storia quando si tratta di essere il primo a effettuare le trasfusioni di sangue “raccolto” prima in sacche e trasportato laddove ce ne è necessità. Tra le vite che salverà grazie a questa sua peculiare “scoperta” c’è un uomo misterioso, raccattato moribondo davanti a un presidio militare e che, per ordini dall’alto, va curato e salvato nel massimo della segretezza assoluta. nessuno deve sapere della sua esistenza. Come dire, che se moriva era meno problematico per tutti… ma poi il libro sarebbe finito subito e non andava bene.
L’incontro tra l’uomo misterioso e il dottor Garcia è l’innesto di una vicenda fatta di nascondimenti, identità segrete, spie, nazisti e cospiratori, e il loro compito sarà proprio quello di sventare una organizzazione che fa capo a una donna, e che ha l’obiettivo di far espatriare i criminali del terzo Reich.
Ma c’è anche il posto per amori improbabili e tormentati (una convinta falangista può mai avere un rapporto serio con un rosso?) ma proprio per questo appassionati e interessanti da seguire.
Sarebbe oltremodo controproducente farvi il sunto della narrazione, ma se dovessi raccontarvelo per immagini, sceglierei quella del treno.
Perché il treno è un oggetto simbolo del libro, un oggetto molto importante per il protagonista del libro, il dottor Garcia, appunto, quello a partire dal quale a un certo punto la sua vita cambia, prende una strada impensabile per lui. Non posso dirvi di che tipo è il suo treno.
Ma posso darvi un indizio…
Amparo aveva risvegliato una parte di me che io neanche conoscevo e questo aveva fatto di lei il mio doppio, un calco a cui io mi adattavo perfettamente percheńon era altro che il comple-tamento di me stesso.
Perché il libro stesso è come un treno, che corre inesorabile la sua corsa verso una meta finale alla quale non tutti i passeggeri scenderanno. E qui vi ho fatto qualche spoiler…
Perché ad attendere il treno, sulle banchine si assiepano sempre una moltitudine di gente in attesa, come quella che affolla le strade di Madrid, in fuga da qualcosa che stava inghiottendo le loro vite e di cui la scrittrice dipinge con le parole un quadro meraviglioso e vivido che voglio riportarvi per intero
Su entrambi i lati della strada due file di rifugiati avanzavano lentamente. Erano carichi delle poche cose che erano riusciti a salvare dalle loro case, si erano messi addosso tutto quello che gli restava, vestiti su vestiti, giacche su giacche, a strati, e il resto l’avevano infilato in ceste, valigie, sacchi, e poi materassi piegati in due sulle spalle degli uomini, bambini piccoli aggrappati alle sottane delle donne che portavano in braccio bambini ancora più piccoli. Credevo di essermi ormai abituato, perché ĺa loro tristezza, la loro stanchezza, avevano pian piano colonizzato gli androni e i cortili, le panchine e i marciapiedi di Madrid, ma mentre il camion gli passava accanto, ripensai ai bombardamenti di novembre e immaginai che, dal cielo, quella costante processione di sfollati doveva sembrare una fila di formiche che trasportavano faticosamente le briciole rimaste.
Perché come dal finestrino di un treno vediamo scorrere le immagini delle varie località che attraversiamo – questo sarebbe un viaggio intercontinentale tra Svizzera e Inghilterra, Germania e Russia, Stati Uniti e Argentina – così a bordo del libro della scrittrice spagnola vediamo scorrere la Storia della Spagna, dalle guerre civili alla dittatura franchista passando per la seconda guerra mondiale e arrivare poi al golpe militare argentino del 1976.
Perché come in un viaggio lunghissimo vediamo cambiare le luci del giorno che scorre fuori, così nelle 800 pagine che compongono questa magnifica storia, magistralmente raccontata, vediamo cambiarne i colori, le luci, e sopraggiungere le ombre: la polvere delle trincee si alterna alla solarità (e scanzonatura) di alcuni personaggi che portano una ventata di aria fresca; ai rossi dei tramonti di vite che finiscono, segue il rosso del sangue con le cui prime trasfusioni da sacca a uomo (e non più solo da uomo a uomo) si salvano vite che risultano determinati poi per la Storia in sé.
Noi eravamo solo medici, il nostro dovere era salvare vite, non giudicare i feriti di una guerra scatenata dalla volontà dei golpisti del 18 luglio 1936
Perché proprio come in un treno, si avvicendano decine di decine di personaggi (ne ho contati circa un centinaio), ciascuno col suo posto assegnato, a volte viaggiatore in gruppo, altre solitario che magari ci siede accanto, e nel tempo di un viaggio, tra una chiacchierata passa-tempo, a una telefonata di lavoro o personale, cogliamo personalità, carattere, vita, professione; o che magari ci resta misterioso e sul quale iniziamo a fare congetture e fantasie. Proprio come l’enigmatico e misterioso Manolo, un vero e proprio co-protagonista della vicenda. È lui che inizia a viaggiare a fianco del dottor Garcia, a diventarne amico partendo da una partita di scacchi
Gli scacchi ci permisero di conoscerci con una naturalezza, una precisione che non avevamo saputo ottenere con le parole.
Perché proprio come in un treno, alcune fermate sono brevi, come i dettagli sulla storia di certi personaggi, mentre altre sono più lunghe, ed è attraverso queste pause che riusciamo a incasellare il personaggio nell’economia del tutto. O quando ci sono quelle fermate improvvise, in mezzo al nulla, quando ti dici “e perché siamo fermi qui?”: ecco, al pari, ci sono nel libro delle parti che narrano di cose di cui al momento ci si chiede: “Ok, ma perché mi stai dicendo tutto ciò? Io ho fretta voglio arrivare alla fine, voglio saper come ha fatto il dottor Garcia a salvarsi e perché Manolo è fuggito e la bella e apparentemente sciocca Amparo è scappata con lui?” per poi accorgerti che quella fermata nel nulla era necessaria a evitare un disastro, ad attendere il via libera, a far si che il passeggero/lettore possa prendersi una pausa che in realtà lo fa rimanere ancora più invischiato nella vicenda.
A differenza della maggior parte dei treni di oggi, però, “I Pazienti del dottor Garcia” è un libro puntuale, preciso, e la scrittrice un capotreno eccezionale, attento alle esigenze di tutti i personaggi-passeggeri, e anche al passeggero-lettore cui fornisce sempre risposte giuste su chi è cosa, perché è lì, perché ha fatto quella tale cosa. E lo fa senza presunzione, perché per quanto sia il narratore onnisciente, non lo fa pesare, non se ne sente la presunzione di chi ti sta dicendo che sa. Te lo mostra, non te lo racconta, come nelle migliori regole di un buon libro.
Dunque se troverete sulla vostra strada questo libro, salite a bordo: il viaggio è lungo, e come tale vi sembrerà di non arrivare mai, ma ne vale la pena!
È un viaggio nella Storia, ma ricco di adrenalina, che mescola generi che vanno dalla spy-story al thriller, al giallo, al romanzo storico a tutto tondo. Senza soluzione di continuità.
Trama
Nel 1936, mentre Madrid è sotto le bombe dell’esercito nazionalista, il giovane Guillermo García Medina, ispirato dalle idee libertarie del nonno che lo ha cresciuto, diventa «il medico dei rossi» e presta soccorso ai combattenti repubblicani, imparando a praticare le prime trasfusioni di sangue. A casa sua si rifugia la vicina e amica d’infanzia Amparo Priego, seducente e sfacciatamente falangista, a cui lo lega un sentimento ambiguo e fortissimo. Ma Guillermo è consapevole che all’entrata in città delle truppe di Franco il loro legame è destinato a dissolversi e che lo aspetta il plotone d’esecuzione. A salvarlo, offrendogli il lasciapassare per una nuova esistenza, è il più illustre dei suoi pazienti, un uomo misterioso che nel corso di una convalescenza fatta di conversazioni e partite a scacchi è diventato il suo migliore amico: Manolo Arroyo Benítez, che di mestiere fa la spia. La loro amicizia si dipana in una storia avventurosa che si muove nel tempo e nello spazio, i cui personaggi –soldati, diplomatici, nazisti, agenti della CIA –si rincorrono tra Svizzera e Inghilterra, Germania e Russia, Stati Uniti e Argentina. La missione principale dei due amici, negli anni della Guerra fredda, sarà quella di smascherare un’organizzazione clandestina volta a far espatriare i criminali del Terzo Reich, sottraendoli alla condanna. A dirigerla, dal cuore della capitale spagnola, è una donna di nome Clara Stauffer, nazista e falangista.