Recensione a cura di Luigia Amico
“Chi non comprende la morte, non può comprendere neppure la vita.”
Tafofobia: è una fobia con possibili correlati psicopatologici, derivante dalla paura di essere sepolti vivi, quale risultato dell’errata constatazione della propria morte. (Wikipedia)
Questa è la scena introduttiva dell’ultimo romanzo di Oliver Pötzsch; il lettore si ritroverà a trattenere il respiro mentre zolle di terra inizieranno a ricoprire il talamo mortale del presunto defunto, condividerà i suoi pensieri, i suoi sospiri e quell’urlo soffocato.
“La paura di essere sepolti vivi esisteva da sempre. Per stabilire la morte, i medici sentivano il polso, utilizzavano uno specchio tenuto davanti al naso per verificare se si appannava, oppure una piuma per constatare un’eventuale corrente d’aria.”
Il sipario si alza così sull’ultimo lavoro di scrittura del famoso autore tedesco arrivato al successo con la saga “La figlia del boia”, da questa inquietante scena la narrazione seguirà un flusso impervio e inaspettato per alcuni versi.
Leopord von Herzfeldt, ex giudice istruttore, arriva da Granz nella Vienna di fine 1800. Il distretto di polizia locale è restio ad accettare sia lui sia le radici della scienza criminalista che porta con sé.
“È una scienza nuova che, ritengo, presto si imporrà ovunque. Si chiama criminalistica. Sostanzialmente è uno studio multidisciplinare, con elementi di chimica, medicina, fisica e naturalmente diritto e buon senso.”
In contemporanea con il suo arrivo a Vienna, il ritrovamento nel Prater dei cadaveri di alcune donne orribilmente uccise e impalate da uno pseudo Jack lo Squartatore viennese inizia a seminare il terrore tra la popolazione. Il modus operandi dell’assassino sembra riportare ad antichi riti, lì dove il raziocinio incontra un ostacolo e le superstizioni e le credenze occulte prendono il sopravvento. Vampiri, arti magiche, il ritorno dei morti viventi… tutto sembra essere collegato ma non per Leo, la sua mente è abituata a ragionamenti logici e sensati.
Nel frattempo, nel cimitero centrale di Vienna, un tentativo di trafugamento di cadavere di acclamata importanza viene sventato dal becchino del posto: Augustin Rothmayer. Tra il necroforo e l’ispettore inizia così una collaborazione paradossale e particolare, dovranno destreggiarsi tra impalatori seriali, valzer neri, vilipendio di cadavere, antisemiti e la famiglia Strauss (esatto! Si fa riferimento proprio al compositore austriaco). Rothmayer, con il suo fiuto sopraffino capace di captare ogni minima sfumatura nel processo di decomposizione delle salme, sarà di fondamentale aiuto nelle indagini di Leopord, le cui intuizioni saranno supportate da tecniche investigative innovative. Lo scorrere delle ore non sembra giocare a loro favore, da lì a un attimo una nuova vittima potrebbe pagare le conseguenze della follia di uno squilibrato.
Sarà un viaggio irto, non scontato e paradossalmente realistico, la capacità descrittiva dell’autore permea pagine dall’esiguo sapore lovecraftiano, immagini di pseudo tenerezza nascondono realtà infide. Leopord e il suo “non amico” Rothmayer dovranno affinare l’acume e destreggiarsi su una sottile linea che divide la razionalità dal contradditorio, l’evidenza dall’astrusità.
La caratterizzazione dei personaggi è un elemento di rilievo nella struttura narrativa, attraverso passaggi fondamentali da un punto di vista della comprensione del loro profilo psicologico, il lettore riuscirà senza difficoltà a seguire i ragionamenti e le supposizioni, seppur basate su indizi labili e fuorvianti, dei due protagonisti.
Al di là della trama intricata e intrigante, l’autore vuole evidenziare anche un aspetto importante che ha caratterizzato il passaggio nel nuovo millennio: la difficoltà della mente umana di accettare il cambiamento.
Il proverbio “Mai lasciare la strada vecchia per la nuova” in questo caso è quanto di più discostante dalla realtà raccontata nel romanzo; attraverso le indagini di Leo e Augustin osserveremo con occhio curioso il repentino mutamento e le considerevoli innovazioni che sono alla base del vivere quotidiano contemporaneo. Nulla è statico e tutto è in frizzante movimento, concetto difficile da accettare per menti abitudinarie e restie ai cambiamenti ma ben accolte da coloro che vedono in quelle novità semplicemente il futuro.
Oliver Pötzsch destreggia con mano sicura la sua penna tra lapidi, omicidi misteriosi, cadaveri e personaggi dalle misteriose sfumature scoperchiando bare che innescano meccanismi da cui è difficile sottrarsi se non dopo aver letto il capitolo conclusivo.
Trama
Vienna, 1893. Augustin Rothmayer è un becchino nel famoso cimitero centrale di Vienna. È un uomo istruito, impegnato a scrivere un libro su tutte le sfaccettature del suo mestiere. Ma la sua tranquillità viene turbata quando nella sua vita entra Leopord von Herzfeldt. Herzfeldt ha bisogno della collaborazione di un esperto nella preparazione dei cadaveri: diverse cameriere sono state uccise per essere poi brutalmente impalate. Il becchino ha visto un’infinità di cadaveri, conosce tutte le possibili cause di morte e le fasi della decomposizione. C’è qualcosa di antico nel metodo con cui sono state impalate le vittime, qualcosa di molto vicino alla magia. Possibile che ci sia un serial killer superstizioso in giro per Vienna? L’ispettore e il becchino iniziano a indagare insieme e finiscono per rendersi conto che dietro le mura di questa affascinante città cosmopolita si aprono profonde voragini…