Recensione a cura di Roberto Orsi
Madrid, estate 1834. La piaga del colera è giunta inesorabile sulla città spagnola. Immagini forti e nitide nella nostra mente, immagini che ci riportano con un rapido flashback a ciò che abbiamo vissuto solo pochi anni fa. Divieto di assembramenti con più di dieci persone, isolamento e divisione dei sani dai malati, chiusura di alcune aree (ricordate le zone rosse?) della città. Uno scenario da incubo riportato a metà del XIX secolo durante l’epidemia che decimò la popolazione della città di Madrid.
Scenari spettrali, strade abbandonate, case prese d’assalto dagli sciacalli e dai ladruncoli, pronti a rischiare il contagio per accaparrarsi un gioiello o dell’argenteria da consegnare al primo ricettatore di zona per qualche reales.
La Spagna, e Madrid in particolare, oltre all’epidemia di colera vivono il periodo delle guerre carliste: disordini interni di guerra civile che videro contrapposte le fazioni legate a Isabella da una parte, e quelle di Carlo di Borbone dall’altra, rispettivamente figlia e fratello del re Ferdinando VII, per la successione al trono di Spagna.
Nel 1833 infatti, Re Ferdinando VII abrogò la legge salica che prevedeva la sola possibilità di discendenza maschile al trono. Privo di un erede maschio, eliminare questa legge avrebbe permesso al Re di consegnare lo scettro del potere alla figlia Isabella. Il fratello, Carlo di Borbone, si oppose strenuamente a questa introduzione, arrogandosi il diritto di sedere sul trono ai sensi della legge preesistente.
I carlisti, controrivoluzionari e cattolici, si battevano per un regime conservatore in contrapposizione alle idee liberali dell’erede Isabella. Le battaglie e i disordini durarono, a fasi discontinue, per oltre quarant’anni e si conclusero solo nel 1876.
In un contesto storico e sociale turbolento, l’epidemia di colera esaspera gli animi. Le fazioni contrapposte in città si addossano le colpe del contagio: per i poveri è la Chiesa, attraverso i preti e giovani ragazzi assoldati allo scopo, che avvelena le acque della città per castigarli dei peccati commessi come un flagello di Dio in terra; per la nobiltà, sono i poveri che con lo stile di vita disagiato e al limite della decenza, contagiano il resto della popolazione e devono essere quindi segregati al di fuori della Cinta, le mura di protezione della città di Madrid.
“È come se a Madrid fosse stata abolita la bellezza e la città fosse diventata un’enorme pintura negra di Goya, come sono stati chiamati i dipinti che ha eseguito sulle pareti della sua casa. Quale quadro potrebbe essere più orribile di Madrid in questo momento?”
Come se non bastasse, i cadaveri di alcune ragazzine vengono ritrovati completamente smembrati. La testa mozzata, le gambe e le braccia staccate dal busto. Per tutti, è opera della Bestia: una creatura che secondo le testimonianze passa da essere un enorme orso, a un gigante con la pelle di lucertola. Un mostro di quelli che alimentano gli incubi dei bambini la notte. Una minaccia che lascia tracce concrete di sé e della sua violenza.
Un unico indizio: un distintivo con incise due mazze incrociate ritrovato nella gola delle vittime. Chi lascia questo simbolo sul luogo del delitto, e per quale motivo?
Per Diego Ruiz, giornalista di cronaca di un giornale locale, che firma i suoi articoli come El gato irreverente, dietro a questi omicidi non si cela alcuna malvagità animale. È opera di un essere umano, qualcuno che, senza un motivo apparente, imprigiona giovani donne e le uccide senza pietà. Per un senso di giustizia e di protezione verso le persone più deboli, Diego si sente coinvolto nella vicenda e vuole vederci chiaro. Non può accettare che le indagini ufficiali si trincerino dietro la parvenza di una fantomatica Bestia.
“Se quella Bestia è così forte come dicono, perché seleziona le persone più indifese? Tutte le vittime erano bambine che arrivavano appena alla pubertà. Domande che, a quanto sembra, importano solo a lui: è stato l’unico giornalista ad aver pubblicato degli articoli sull’argomento, e non perché avesse una sorta di esclusiva, ma perché, in realtà, i lettori non ne vogliono sapere niente.”
Il poliziotto Donoso Gual, celador real congedato dopo aver perso un occhio in un duello per amore, lo affianca nell’indagine. I due formano una coppia letteraria ben assortita: convinto, propositivo e sprezzante del pericolo Diego Ruiz, non esita a gettarsi a capofitto nell’indagine. Il lavoro all’Eco del comercio è la sua ultima opportunità di guadagnarsi una fama come giornalista e dare finalmente stabilità alla propria vita. Donoso, almeno inizialmente, sente di non voler approfondire la questione, una sorta di vigliaccheria, probabilmente dettata da esperienze pregresse.
Le loro strade incrociano presto quella di Lucìa, una delle povere creature relegate al di fuori della Cinta, che vive di espedienti e non esita anche a prostituirsi per poter assistere la propria famiglia. La piccola sorella, Clara, è sparita da casa sua, molto probabilmente nelle grinfie della Bestia e Lucìa non vuole darsi per vinta finché non la trarrà in salvo.
La ricerca disperata di Lucìa si unisce all’indagine di Diego e Donoso, tra le vie di Madrid piagate dal colera.
Tra giochi di potere, sette segrete, associazioni esoteriche, riti propiziatori, clero e borghesia, simboli rivoluzionari, contrasto tra passato e presente, il bene e il male, “La Bestia” si trasforma in un viaggio nello spaccato sociale di un’epoca che aveva attraversato il periodo dell’illuminismo ma che ancora si teneva strettamente legata alla tradizione e alla superstizione atavica tipica medievale. Credenze a cui l’uomo si aggrappa nel magma della disperazione, teso verso quell’unica quanto assurda possibilità di salvezza.
Il romanzo di Carmen Mola, pseudonimo di tre scrittori e sceneggiatori spagnoli che rispondono ai nomi di Jorge Díaz Cortés, Agustín Martínez e Antonio Santos Mercero, ha l’impronta graffiante del thriller storico nudo e crudo che ti sbatte in faccia la violenza inaudita, quella gratuita e spiazzante. Un viaggio di solo andata nelle tenebre e l’abisso della follia. Una corsa contro il tempo per trarre in salvo povere creature finite in un gioco più grande di loro.
Chi è cosa cerca la vera Bestia?
“È un viaggio difficile e pieno di sofferenze, ma alla fine tornerà a splendere il sole”
Pro: il contesto storico della Madrid del 1834 ben delineato e caratterizzato, una vicenda particolare in cui il lettore si trova non solo dalla parte di chi indaga ma anche dalla parte dei colpevoli
Contro: diverse ripetizioni nella fase centrale che rallentano leggermente il ritmo di lettura.
Trama
Madrid, 1834: una terribile epidemia di colera ha messo in ginocchio la città. Ma il terrore ha anche un altro nome, quello della Bestia: un essere spietato e inafferrabile che rapisce le bambine dei quartieri più poveri e ne smembra i corpi. Quando la piccola Clara scompare, sua sorella Lucía non vuole aspettare di ritrovarne il cadavere: dà inizio così alla sua lotta contro il male e contro il tempo. Ha quattordici anni e l’inestinguibile coraggio di chi sente di non poter fare altro. Anche perché nessuno sembra voler fermare davvero il mostro. Tranne Diego, un giornalista testardo e temerario, che trascinerà nell’indagine anche il suo amico Donoso, un poliziotto cinico ma leale con un occhio solo. Alla loro ricerca frenetica parteciperanno monaci guerriglieri, ambasciatori e prostitute, mentre una società segreta tesse i suoi intrighi fatali fra taverne e salotti, palazzi e lazzaretti. È l’alba di una capitale che nasce nel sangue, di una città che brulica di vita e di morte e lotta per lasciarsi il medioevo alle spalle.