Recensione a cura di Maria Marques
La gioventù è affamata di vita, capace di conquistare il mondo ma anche di dibattersi fra luci e ombre, tra la sicurezza e l’insicurezza tipiche che la caratterizzano. È l’età degli assoluti, dove tutto è bianco o nero, non esistono mezze misure, ma nell’antichità com’era visto questo momento della vita dell’uomo? Con la stessa indulgenza e malinconia con cui ripensiamo a un tempo passato che più non ritorna?
Tutto ciò che fanno, lo fanno in eccesso: amano in eccesso, odiano in eccesso. Convinti come sono di sapere tutto, le loro affermazioni sono sempre ammantate di grande sicumera; e ciò che li domina è hybris: quella sensazione di dismisura e d’insolente onnipotenza.
Così scriveva Aristotele e la pietra di paragone cui rapportare i giovani, per lui come per gli antichi, erano gli adulti e gli anziani, ma questo era, e forse è ancora, in alcuni un cliché che ha generato stereotipi difficili da scardinare. Come scoprire quindi quale fosse la visione che, nell’antica Grecia, si aveva dei giovani? Attraverso questo saggio che narra di giovani realmente esistiti e di altri, invece, che sono eterni e vivono nel mito e nelle tragedie. A condurre il lettore in questo viaggio è Laura Pepe, docente di Istituzioni di diritto romano e diritto greco antico all’Università di Milano, ma anche nota divulgatrice che conduce, per il canale Focus, documentari interessantissimi sul mondo antico. Liberando questi “giovani” dagli stereotipi costruiti intorno al loro agire e sentire degli “adulti” che ne hanno tramandate le storie, ci si può avvicinare all’essenza, ai sentimenti che li animarono e ai loro sogni, che sono lontani ma anche vicini al nostro sentire. Da Omero per arrivare ai grandi tragici, Eschilo e Sofocle, ci sono dei personaggi che hanno colpito il nostro immaginario e su cui ancora, si discute. E se la contrapposizione tra Achille e Telemaco, il figlio di Ulisse, è abbastanza facile da intuire con un minimo di conoscenza dell’Iliade, dell’Odissea e dei miti a esse legati, per altri personaggi il loro agire è molto più complesso e affonda le ragioni nella cultura greca che l’autrice spiega in modo chiarissimo.
…Achille è spietatezza, implacabilità, incontenibile eccesso; è reazione istintiva e feroce; è indipendenza ed egoismo. Il kleos, la “gloria”, è il valore a lui più caro, quello cui sacrifica tutto – anche la vita…Telemaco è l’opposto di Achille: quella giovinezza che in Achille è veicolo di forza, in Telemaco diviene il riparo confortante che giustifica la mancanza di forza.
Nell’immaginario collettivo questo eroe biondo che combatte, che non teme nulla, attrae ma limitatamente al mondo in cui egli si muove, in uno scenario non di guerra lo “sbiadito” Telemaco è l’elemento rassicurante di una tranquilla continuità, un po’ come vedere il confronto tra due figli: uno ribelle e affascinante e l’altro maturo e responsabile.
Dal mito alla tragedia, Oreste e Antigone che “sono individui ma sono anche idee, emblemi, e la gioventù è il polo dell’opposizione a una generazione più matura che si assume più saggia, ma che forse non lo è.” I cittadini greci che assistevano alle rappresentazioni dell’Orestea o dell’Antigone, vedevano messi in scena, due temi fondamentali: la giustizia e la legge intesa come regola di comportamento, dike e nomos, che scatenano domande e dubbi che ancora oggi ci poniamo. Quando la giustizia è giusta? A quali norme di comportamento la cittadinanza deve obbedire? E se a portare avanti queste domande sono due giovani, non si può ravvisare in essi la voglia di costruire un mondo nuovo, migliore ampliando i propri orizzonti oltre la famiglia e le sue regole per andare incontro a un futuro costruttivo?
Se Oreste si dibatte nella vendetta che non lascia via di uscita, che lega i membri di una famiglia a una faida che si perpetua di generazione in generazione, finché non è assolto dal suo agire, Antigone, giovanissima, è l’unica che coscientemente decide di sfidare le disposizioni di suo zio, pagando in prima persona questa scelta. La sua morte non sarà vana, sarà di esempio per la città e per lo zio che, tardivamente e inutilmente, ravvede le sue posizioni.
E noi, alla nostra età (da vecchi) – dice Creonte al figlio – dovremmo imparare a essere saggi da un uomo di quella età (da un giovane)?
Al termine di questa ricerca su che cosa significasse essere giovani nella Grecia, Laura Pepe sceglie due personaggi storici: Alcibiade e Alessandro.
È lui Alcibiade, il giovane che nel bene e nel male, contribuisce nel modo più determinante a fare la storia di Atene nella seconda metà del V secolo.
Quando ormai il mondo greco è logorato dalle guerre tra le città Stato, un nuovo regno si fa avanti in quel caos, e un nuovo “meirakion” (ragazzotto) emerge con il suo sogno smodato di onnipotenza. Nel 334 a.C. Alessandro a capo dei Greci muove verso l’Asia Minore e poi ancora più a est, sottomettendo tutto l’impero persiano, per arrivare all’India e poi terminare la propria parabola umana, stroncato a trentadue anni. Sarà proprio Alessandro che però abbatterà le barriere tra oriente e occidente e quella tra barbari e Greci, “confondendo lingue, culture e identità”.
Se vi state chiedendo se il saggio sia destinato esclusivamente a chi possiede una cultura classica, la risposta è negativa. L’autrice in ogni capitolo, dedicato ai personaggi e alle tematiche che ho succintamente riassunto, narra a tout court le vicende che li vedono coinvolti, ampliando il discorso e regalando al lettore una digressione sulla cultura greca e i termini in greco antico sono traslitterati nelle lettere latine, eliminando anche quest’ ultimo scoglio. Pagina dopo pagina, ci si addentra nel mondo e nel sentire di Achille, Telemaco, Oreste, Antigone, Alcibiade, Alessandro, la “gioventù dorata” dei greci, con uno stile che non è mai didascalico, ma coinvolgente, chiaro e comprensibile a tutti.
Un libro quindi per riflettere e capire che la distanza tra noi, ex giovani e i giovani di oggi e quelli antichi non è così evidente, animati dagli stessi desideri, sogni, arroganza ribellione continuiamo a innalzarci in volo come Icaro e, se il sole sciogliesse le ali, pronti a rialzarsi a sfidarlo ancora una volta in nome di quel periodo in cui tutto sembra possibile e tangibile.
Link ebook: Storie meravigliose di giovani greci
Trama
La Grecia che abbiamo imparato a conoscere e ad amare dall’epica, dalla tragedia, dalla storia è ricchissima di straordinarie figure di giovani uomini e giovani donne. Achille è l’eroe che a una vita lunga e incolore preferì la brevità di un’esistenza spezzata ma piena di gloria. Gli fa da contraltare il mite Telemaco: il figlio obbediente che vive nell’ombra di un padre mai conosciuto. E c’è Antigone, la vergine che, in un fragoroso assolo, osa levare la sua voce di dissenso. E Oreste, il figlio che uccide la madre per dare giustizia al padre. Fin qui il mito. Poi c’è la storia, che ci ha lasciato memoria dell’ambizioso Alcibiade, interprete perfetto di un tempo di cambiamenti nella cornice della guerra più atroce di Grecia. E come non ricordare Alessandro? Colui che osò sognare l’impossibile e che l’impossibile riuscì a realizzarlo, riunendo il mondo sotto di sé. Ma ci sono anche le figure femminili tratteggiate dai versi di Saffo, che ancora ci emozionano per la potenza dei sentimenti che esprimono. In queste pagine avvincenti le gesta, i desideri, le passioni di ragazzi e ragazze della Grecia antica cui dobbiamo essere tutti debitori per aver messo in discussione la tradizione e osato il nuovo.