Narrativa recensioni

Il quinto sigillo – Davide Cossu

Recensione a cura di Mara Altomare

La provvidenza ha colmato Firenze di ricchezza, perché in questa città rivivono gli ideali virtuosi di Atene e Roma, delle quali è la sola erede

Pur essendo un esordio per il suo giovane autore, Davide Cossu, questo romanzo si presenta come frutto di grande esperienza letteraria, in un abbraccio di storia, filosofia, arte, religione.

Suspence e mistero, l’avvicendarsi di omicidi e la ricerca degli assassini… “elementi” che si intrecciano e combinano in un mosaico di cui si ha visione chiara solo nel finale, dopo un susseguirsi di scene, indagini, prove, congetture, testimoni, che trascinano il lettore nelle pagine con grande curiosità e con un valore aggiunto: la scoperta, o riscoperta, del pensiero greco, a servizio dell’ambientazione thriller, tramite la voce di Platone.

Firenze, teatro della storia narrata, ospita il concilio ecumenico del 1439, che ha l’intento di donare al mondo una sola Chiesa, ospitando esponenti della comunità cattolica e di quella greca ortodossa. Ed è proprio in quest’ambientazione che si consumano inquietanti omicidi, i cui misteri i due protagonisti sono chiamati a risolvere. Due investigatori d’eccezione che caratterizzano il romanzo con le loro personalità, tanto diverse tra loro quanto complementari, si potrebbe dire due facce della stessa moneta, in una storia in cui le monete hanno proprio un ruolo di primo piano!

In prima linea Leon Battista Alberti, una delle figure più versatili del Rinascimento, architetto, filosofo, poeta e letterato, che qui è chiamato ad investigare: carismatico, motivato, audace, nella sua grandezza di uomo colto del suo tempo, in queste pagine è incredibilmente vicino a noi lettori: con le sue congetture, la sua disinvoltura anche in ambienti dissoluti, e poi con la sua ironia e i battibecchi intrattenuti con l’altro grande protagonista, Tommaso Parentucelli.

Quest’ultimo, teologo, uomo di libri e di Chiesa, timorato di Dio, destinato un giorno a diventare papa, di indole completamente opposta a quella di Battista: con il suo grande spessore culturale, intelligenza e rigorosità ne sostiene le iniziative senza però celare le sue ansie più umane… personaggio a volte descritto come pauroso e apprensivo, quando ad esempio “in preda alle palpitazioni passeggia nervosamente per le strade di Firenze, con espressione ebete e la stessa lena di un condannato che si avvia al patibolo!” … Oppure “a suo agio a cavallo come un gatto in mare aperto”!

Due grandi eccellenze del loro tempo, che per l’occasione ci vengono presentati come uomini comuni, semplici e umani, grazie alla loro umiltà e semplicità:

Appartengo a quella categoria di scrittori perennemente a metà del guado. Troppo semplice per gli eruditi e troppo erudito per i semplici, non nutro molte illusioni.

Un romanzo che con stile linguistico ricercato, ma comunque sempre accessibile e di facile comprensione, ha la forza di condurre il lettore dentro riflessioni filosofiche profonde; descrive la sapienza come un filo comune ininterrotto, che dal pensiero degli antichi si è riversata nella Rivelazione. Ci proietta in una scena del crimine i cui indizi ritrovati richiamano il “Timeo” di Platone, e con questo pretesto ci illustra il concetto di “anima del mondo”, che molti pensatori hanno identificato con lo Spirito Santo.

Il Timeo narra come il mondo venga plasmato da un artefice divino, il Demiurgo, il quale mette ordine alla materia secondo modelli eterni e immutabili, dando vita ad un’anima universale che vivifica tutto ciò che è, proprio come l’anima individuale fa con ogni organismo vivente.

Battista e Tommaso, immersi in queste speculazioni, tra le vie di Firenze, Santa Maria del Fiore, l’Arno, le botteghe e le mura, si attivano per la risoluzione del mistero, supportati anche da ulteriori personaggi di rilievo, che l’autore coglie dai libri di storia e trasporta nel romanzo in vesti inaspettate:

Cosimo dei Medici, che con astuzia e fiducia affida l’onere delle indagini a Battista e Tommaso, solido punto di riferimento per i due compagni a lui sempre fedeli.

Osservandolo mentre centellinava complimenti, Battista non poté che ammirare la perizia calcolata del giocatore che lo rendeva, agli occhi dei profani, nulla di più di un ricco possidente, amante delle cose belle e miglia lontano dagli affanni della politica

Filippo Brunelleschi, che ci accoglie nel cuore del suo capolavoro, la cupola di Santa Maria del Fiore:

In cima a un’impalcatura, un uomo tarchiato e dalla chioma ingrigita abbaiava ordini ai suoi lavoranti. “Pippo!” urlò Battista. Brunelleschi rispose con un cenno e scese dalla struttura, spingendo via i malcapitati che incontrava lungo il cammino. “Questi idioti mi faranno ammalare!”

È lui a svelarci i misteri della sua particolare architettura, accompagnandoci tra passaggi impervi e volte, tra scalini ripidi e intercapedini fin dentro la maestosa cupola… naturalmente in compagnia dei lamenti e del volto pallido di Tommaso in preda alle vertigini!

Paolo Toscanelli, matematico, cartografo e medico, che in questa sede sfodera le sue competenze in materia di autopsie, nonché la sua vena ironica anche in presenza di un cadavere da studiare…

“Ho del lavoro da fare, di solito mi svegliano nella notte per un prelato che non riesce a urinare” Commentò Toscanelli, infilando uno strumento lucente e sottile nella gola slabbrata
“Non vorrai mica lamentarti?”
“Non mi permetterei mai… questo è molto più interessante”

Un succedersi di emozioni che rende il romanzo sempre godibile e scorrevole, mantenendo viva l’attenzione: una lettura che ci arricchisce e ci diverte, profonda nei contenuti e leggera nello stile, e con grandi personaggi storici che qui diventano uomini comuni. Interessanti protagonisti, a cui ci si può solo che affezionare, tanto da sentirsi un po’ orfani alla fine della lettura e da sperare di ritrovarli ancora in seguito con nuovi capitoli.

“Chi mai sì duro o sì invido non lodasse Pippo architetto vedendo qui struttura sì grande, erta sopra e’ cieli, ampia da coprire con sua ombra tutti e’ popoli toscani, fatta sanza alcuno aiuto di travamenti o di copia di legname, quale artificio certo, se io ben iudico, come a questi tempi era incredibile potersi, così forse appresso gli antichi fu non saputo né conosciuto?”
Leon Battista Alberti, De Pictura, Prologo – 1435

Trama
Firenze, 1439. Durante il delicatissimo concilio ecumenico, un inquietante evento rischia di creare ulteriori e pericolose tensioni tra la Chiesa latina e quella greca: un delegato greco, appena ventenne, precipita dalla cupola di Santa Maria del Fiore. Cosimo de’ Medici incarica subito Leon Battista Alberti, noto per il suo ingegno acuto, di indagare segretamente su quell’evento tanto violento. I segni sul collo della vittima costringono presto Leon Battista a informare Cosimo che l’ipotesi di suicidio inizialmente elaborata è da scartare. Non solo, infatti, il giovane è stato strangolato, ma il cadavere aveva in bocca un fiorino d’oro e un foglietto con su scritto “Timeo”. Alberti e Parentucelli, raffinato e dotto teologo che lo affianca nell’indagine, non impiegano molto tempo a scandagliare la vita della vittima, il giovane Teodoro, i suoi affari, le sue frequentazioni. Ma chi possa avere avuto interesse a ucciderlo resta un mistero. E soprattutto, perché? C’è forse qualcuno che trama perché l’unione tra le due Chiese fallisca? Quando un altro crimine bagna di sangue le strade di Firenze, i due si rendono conto che dietro a quelle morti c’è uno schema concepito con diabolica precisione da una mente lucida e spietata. Se non troveranno al più presto l’assassino, non solo le morti finiranno per moltiplicarsi, ma il destino della cristianità sarà in grave pericolo.

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