Recensione a cura di Raffaelina Di Palma
Quando mi hanno proposto questa recensione ho avuto un moto di sorpresa: quelle coincidenze che ti fanno dire: com’è piccolo il mondo!
De “I Promessi Sposi”, il conte Attilio è il personaggio che mi è rimasto simpaticamente impresso: proprio lui, il cugino aristocratico di don Rodrigo.
Nel romanzo manzoniano viene volutamente (?) tenuto ai margini: uno di quei personaggi poco raccontati, sempre in secondo piano, ma che possono dare l’input a una storia.
Lo stesso Manzoni non gli dà molta importanza, ce lo presenta definendolo “un certo conte Attilio”: collegandolo alle angherie e alle dissolutezze di don Rodrigo.
A chi piace immergersi nella storia, in questo caso nella Milano del 1600, non resterà deluso: tra duelli, accordi combinati attraverso intrighi, Claudio Paglieri, riesce abilmente a coinvolgere il lettore, facendo un cenno d’intesa agli appassionati del Manzoni, quasi a voler chiedere scusa al grande scrittore.
In queste pagine, infatti, ritroviamo alcuni dei personaggi manzoniani, quasi come degli Easter eggs, (tirati fuori da un uovo di Pasqua), il Conte zio, Giovanni Padilla, tristemente noto per il processo agli untori e don Rodrigo che, insieme ai suoi Bravi, si dimostra un amico leale.
Prima che il curato Don Abbondio percorresse quella nota, piccola strada di quel famoso paese di quel ramo del lago di Como, il conte Attilio era impegnato in altre storie.
Il clima storico è quello di Milano e Genova tra il 1627 e il 1628. Il romanzo “Il Conte Attilio” di Claudio Paglieri, edito da Giunti, inizia nelle Fiandre.
Correva l’anno 1627.
Il conte Attilio Arrigoni, nobile milanese, conduce la vita spavalda e fiera dei militari dell’epoca. Mentre combatte nelle Fiandre alla testa dei Tercios spagnoli (Legione spagnola, unità militare dell’esercito spagnolo), sotto il comando del generale Spinola, a Milano, la bella Lucrezia, la donna che ama da tutta la vita, costretta dal fratellastro Enrico, sta per prendere i voti.
La prima lettera era di carta grezza, vergata in fretta. La seconda la riconobbe subito: carta pregiata, scrittura rotonda ed elegante, chiusa con un sigillo che conosceva bene. E pur essendo passata di mano fetida in mano fetida, attraverso mezza Europa, conservava un leggero profumo di pesca.
Il conte Attilio, dopo aver ricevuto quella missiva chiede al suo generale di poter rientrare velocemente a Milano. Oggi, il termine velocità in groppa ad un cavallo nel 1600 non ci sembri strano: è un concetto relativo.
Deve ritornare a Milano, dicevamo, la sua città, dalla quale manca da molto tempo. Deve salvare Lucrezia prima che sia troppo tardi. C’è un segreto legato al rapporto tra Lucrezia e il conte Attilio che Claudio Paglieri svelerà molto più avanti nel romanzo che, non riporterò in queste righe, per non rovinare la sorpresa a chi non l’ha ancora letto.
Bisogna agire in fretta, Lucrezia sta per giurare fedeltà al Signore. Una volta presi i voti non sarà più possibile rapirla: il rapimento di una monaca è un reato grave punito con la morte. Quindi Attilio deve riuscire nel suo intento prima che ciò accada.
Lucrezia era stesa a terra, nascosta sotto un drappo nero. Stava per morire al mondo. Dalla guancia premuta sul pavimento di marmo il freddo si diffondeva in ogni fibra del suo corpo, impedendole di reagire.[…] Suo fratello era in prima fila. Quando lei aveva fatto il suo ingresso insieme alle due compagne, le aveva riservato un sorriso in cui si potevano leggere ammirazione, “complicità, riconoscenza e soprattutto sollievo. Sollievo per essere finalmente riuscito a liberarsi di lei.
In questo paragrafo non si capisce cosa intenda l’autore con, “il sorriso complice e ammirato del fratello” visto che è stato proprio lui a costringerla a prendere i voti…
Fino all’ultimo, Lucrezia, innamorata da sempre del bel conte Attilio non perde la speranza di vedere arrivare il suo “principe” a liberarla. Ma i problemi per il conte Attilio non sono finiti. Deve far fronte alle richieste di un avido banchiere genovese, con cui suo padre ha contratto un ingente debito: per affrontare il problema e raggirare il creditore concepisce un viaggio rocambolesco durante il quale succede di tutto, provando a sollevare così le sorti della sua famiglia.
La mente di Attilio cominciò a ruotare come un ingranaggio arrugginito. Poteva quasi sentire lo stridio del ferro contro il ferro. Non riusciva a capire. O forse non voleva. «Quali garanzie aveva dato mio padre?»
«Nessuna. La parola di un Arrigoni è per noi sufficiente. […] Sono certo che, come erede legittimo, il signor conte onorerà gli impegni di suo padre.»
Questo romanzo è un incredibile e vivace prequel dei Promessi Sposi, descritto dal punto di vista degli Arrigoni, nemici dei Manzoni: rivali nella competizione per lo sfruttamento delle miniere di ferro della Valsassina sul lago di Como.
Risalta fin dalle prime pagine, quanto Claudio Paglieri sia stato colpito da questa figura. Il cugino di Don Rodrigo diventa un personaggio, (in vista), un protagonista degno di un romanzo di cappa e spada. Ma come tutti i nobili di quei tempi ha tanti difetti: la presunzione, la vanità, un malinteso senso dell’onore, un eccessivo compiacimento di sé.
Eppure, ha alcune caratteristiche per le quali emerge: ha qualcosa di suo che lo contraddistingue; quell’aria spensierata insieme ad una esagerata superficialità, che lo porta a guardare tutti dall’alto in basso, è consapevole dei suoi privilegi e questo gli dà spazio di avvalersi di una furbizia priva di educazione e di signorilità. Sopra tutto questo “galleggia” il suo cinismo.
La vicenda però viene ribaltata dall’autore che fa di Attilio quasi un eroe, che lotta per proteggere la sua famiglia.
In questa storia molto ben intessuta, l’autore ricostruisce un Attilio, che pur restando in linea con quello disegnato dal Manzoni, fa proprie le caratteristiche dell’eroe. Claudio Paglieri, ha dosato magistralmente le doti e i difetti di questo personaggio arricchendolo con l’allegria, con l’ironia, gli dà un’anima frivola con il gusto all’incitamento, abile a tramare nell’ombra, muove abilmente le sue pedine in una Milano dei primi anni di un secolo non facile.
Il Seicento, infatti, è stato definito dagli storici il “Secolo di ferro”, un secolo costellato da tante guerre, carestie, pestilenze, forti contrasti sociali: grandi cambiamenti come le rivolte contadine; una società ambigua dove i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri e da che mondo è mondo i primi prevaricano prepotentemente sui secondi.
«Non credo sia quello il motivo. Dev’esserci dietro dell’altro. Qualcosa mi sfugge. Verreste con me a incontrarla?»
«Ma certo. Sono curioso di conoscere questa casta verginella. Come si chiama, a proposito?»
Don Rodrigo si voltò verso il paese placidamente addormentato nel buio, sul quale vigilava come un padre.
«Lucia,» disse in un soffio «si chiama Lucia».
Il conte Attilio termina quando iniziano I Promessi Sposi: entrambi nati dalla fantasia degli autori.
Alla fine della storia c’è una simpatica nota dove Claudio Paglieri spiega l’origine del suo romanzo.
Trama
Anno di grazia 1627. Mentre il capitano di ventura Attilio Arrigoni combatte nelle Fiandre alla testa dei Tercios spagnoli, sotto il comando del generale Spinola, a Milano la diciottenne Lucrezia, la donna che ama da tutta la vita, è stata rinchiusa in convento dal fratello e sta per prendere i voti. In una disperata corsa contro il tempo. Attilio, accompagnato dal fedele amico Massimiliano Bonati e in groppa al suo Baiardo, affronta un viaggio avventuroso e irto di pericoli per provare a salvarla da un destino che non ha scelto. Ma una volta a Milano, la città del suo cuore, tanto ricca quanto corrotta, scoprirà che la sua famiglia, colpita dalla crisi finanziaria spagnola per alcuni investimenti sbagliati rischia la rovina. Con l’aiuto del cugino don Rodrigo, signorotto del lago di Como, Attilio cercherà di difendere il suo amore e di ricostruire la sua fortuna, architettando un piano rischioso e geniale. Tra congiure antispagnole, partite di pallacorda, agguati, tradimenti e duelli all’ultimo sangue, Paglieri, con una scrittura elegante e calibratissima, ci regala una narrazione avvincente, che unisce la fedele ricostruzione storica al gusto per l’avventura e alle atmosfere tipiche dei romanzi di cappa e spada. Ma anche un inaspettato prequel dei Promessi
Sposi, narrato dal punto di vista degli Arrigoni, mortali nemici dei Manzoni. E se il conte Attilio non fosse poi stato così cattivo?