Recensione a cura di Roberto Orsi
È la saga gothic-horror del momento. La casa editrice Neri Pozza nei primi mesi del 2023 si è lanciata in questa avventura editoriale che ha portato alla pubblicazione dei sei volumi di Blackwater a distanza esatta di quattordici giorni l’uno dall’altro, proprio come nei desiderata dell’autore: Michael Mc Dowell.
Prima di affrontare la recensione di questa serie, qualche parola sull’autore prematuramente scomparso nel dicembre 1999 all’età di 49 anni. Forse non troppo noto al grande pubblico, Mc Dowell fu lo sceneggiatore di film come Beetlejuice e Nightmare Before Christmas, nonché grande amico di Tim Burton e Stephen King. Fu lo stesso King a definirlo “Il miglior autore di paperback originali degli Stati Uniti” e Peter Straub di lui disse che era “uno dei migliori scrittori horror in questo Paese”.
Subito dopo la sua morte la saga di Blackwater fu pubblicata in un unico volume, contrariamente a quanto suggerito dall’autore stesso, e riscosse un tiepido successo oltreoceano. Nel 2022 in Francia venne pubblicata in sei volumi come richiesto dall’autore e balzò in testa alle classifiche dei libri più venduti con ogni singolo volume.
Giuseppe Russo, direttore editoriale di Neri Pozza, l’ha definita un’opera di culto, capace di includere diversi generi letterari e proporsi come una lettura per una platea di lettori diversificata. Gli elementi horror e paranormali si innestano nella saga famigliare dei Caskey di Perdido.
Siamo in Alabama, nel 1919, all’incontro dei due fiumi Perdido e Blackwater. “La piena”, vol. 1 della saga, ci presenta la città completamente sommersa dall’acqua. Un avvio di impatto che sicuramente rimane impresso nella mente dei lettori, quello proposto dall’autore americano.
Il silenzio ovattato della tranquillità dopo la tempesta. L’acqua dei due fiumi ha superato gli argini e ha travolto tutto ciò che ha incontrato sulla propria strada. La desolazione è lampante. Sembra non essere rimasta anima viva in città, tranne una donna comodamente seduta sul letto in una stanza al quarto piano dell’Osceola Hotel. Chiusa lì dentro da quattro giorni, a quanto dice, ha atteso che qualcuno la venisse a salvare: e quel qualcuno risponde al nome di Oscar Caskey.
Elinor, questo il nome dell’enigmatica donna, appare fin da subito come un personaggio particolare e fuori dagli schemi, nel suo modo di agire e di essere. Posta in salvo da Oscar, si unisce al clan dei Caskey, famiglia di Perdido proprietaria di boschi e segherie. Una famiglia di imprenditori che dal 1919, anche grazie all’arrivo di Elinor, subirà una profonda trasformazione.
Blackwater, acqua scura, l’acqua del fiume, un’acqua torbida che tutto copre e nasconde. Un elemento che ritorna ciclicamente nella narrazione, un legame diretto con la città di Perdido, fonte di ricchezza e sostentamento per alcuni, ma anche di morte e distruzione per altri. I due fiumi, alla cui confluenza sorge la città, sono una presenza costante nella vita dei protagonisti.
Dall’acqua si inizia, all’acqua si finisce. Come una presenza viva, per certi versi consolatoria, per altri minacciosa.
Le vicende dei Caskey e delle altre famiglie di Perdido scorrono negli anni, la Storia le sfiora da lontano: gli echi del proibizionismo, dei regimi totalitari in Europa e del conflitto mondiale, giungono sulle sponde dei due fiumi con una potenza ridotta. Le ritroviamo maggiormente nel quarto volume “La guerra” ma nell’intera serie la Storia rimane ai margini della narrazione.
La lettura di questi romanzi divide il pubblico, almeno per quanto si legge online: anche la lettura condivisa del primo volume, affrontata da TSD nel mese di febbraio (di cui potete leggere i commenti qui), ha avuto riscontri diversi, non tutti positivi. Eppure, sembra proprio che qualcosa attiri il lettore e, almeno per quanto successo a me, si rimanga affascinati dalla narrazione e dai personaggi disegnati da Mc Dowell. Il voler capire “dove va a parare” la storia, quale sia la vera natura di Elinor, quali i segreti che si nascondono nella natura intorno alla città di Perdido, a quale livello di soprannaturale si arrivi e soprattutto quali spiegazioni dare alle morti misteriose che irrompono sulla scena improvvise.
La forza principale della serie è proprio questa: non ha un ritmo incalzante, tutt’altro, in diversi passaggi le descrizioni sembrano essere ripetitive, le relazioni tra i tanti membri della famiglia Caskey (utilissimo a inizio di ogni volume l’albero genealogico con le parentele, i matrimoni e le discendenze) si ripetono nel corso degli anni, ma con un tratto di chiaroscuro che intriga. Ci si aspetta il colpo di scena alla pagina successiva, la spiegazione del tutto che non arriva mai in forma definitiva ma viene svelata volume dopo volume con la sapiente capacità narrativa dell’autore.
I personaggi sono molti ma Mc Dowell è stato abile nel voler dedicare loro le diverse fasi della serie, intrecciando le loro esistenze e dando a ognuno una sua caratteristica peculiare. Le donne della famiglia sono forti, spiccano per intelligenza e capacità di discernimento, mentre gli uomini ne escono ridimensionati, in una struttura di tipo matriarcale quantomeno anomala per il periodo.
A partire da Mary-Love, madre di Oscar, la capostipite della famiglia (o almeno quella che troviamo per prima a capo del clan Caskey), donna dal carattere deciso, spesso in contrasto con il resto della famiglia, con cui è difficile trattare. La stessa Elinor ha da subito un rapporto conflittuale con lei. Per proseguire con Miriam, capace di creare e poi gestire una fortuna grazie a incredibili intuizioni commerciali. E ancora Sister, la sorella di Oscar e figlia di Mary-Love, che invecchiando avvicina il suo carattere a quello della madre. E poi Grace e Lucille, decise a staccarsi dalle abitazioni di famiglia a Perdido e condurre in autonomia una fattoria a qualche chilometro di distanza.
Ogni generazione di Caskey ha le sue donne, con le loro caratteristiche peculiari, i loro timori, i desideri, le avventure e i contrasti.
Una sceneggiatura che sembra praticamente già scritta per una serie tv americana, capace di trasmettere emozioni e lasciare un ricordo indelebile ai lettori. Credo che l’errore più grande che si possa fare, in questo caso, è quello di lasciare la serie incompiuta. Trovo che per valutarla davvero sia necessario leggerla nella sua interezza: arrivare in fondo alle vicende, comprendere i meccanismi di Perdido, assistere all’evoluzione dei personaggi e della città che si susseguono e si inseguono come lo scorrere del tempo segue quello del fiume.