Recensione a cura di Laura Pitzalis
Pietro de Sclavione noto Pietro d’Abano, è un personaggio storico molto particolare e poliedrico, per questo difficile da “catalogare”: mago, medico, astrologo, astronomo, filosofo, negromante, alchimista, scienziato? Sicuramente uno dei grandi antesignani della scienza, quando ancora si chiamava magia, che aprirono la strada verso il Rinascimento.
Poco sappiamo sulla sua vita, vista la scarsa documentazione biografica, (non esiste neppure un vero ritratto suo), ma sappiamo che fu incredibile, misteriosa, e che per secoli oscillò fra superstizione, scienza medica e astrologia. Sappiamo inoltre che scrisse vari libri, tra i quali il Conciliator, che tratta di medicina, e Lucidator, di astronomia, libri di testo fino al ‘700, dove troviamo una lungimiranza scientifico-medica ancora, sotto alcuni aspetti, attuale.
Stupisce, in effetti, che di un uomo che ha dato tanto dal punto di vista medico- scientifico si sappia pochissimo e si sia scritto pochissimo. I libri che si hanno sono principalmente saggi che si concentrano soprattutto sulle sue opere, ma di Pietro d’Abano “uomo” si sa veramente poco, un poco che però ci suggerisce quanto la sua vita sia stata avventurosa.
Roberto Zucchi nel suo libro “Mago Bianco – Vite e segreti di Pietro D’Abano, medico ed eretico” – Il Prato editore -,ce la racconta non con un saggio ma con un romanzo storico. Con uno stile narrativo coinvolgente, lineare che dona agilità alla lettura, intreccia realtà e immaginazione, personaggi storici realmente esistiti ad altri di fantasia, eventi accaduti in un’epoca del passato con vicende rimodellate o inventate ma molto credibili, raccontando il tutto con precisione documentaria.
Come quando si vuole restaurare un manufatto e per rimetterlo nelle condizioni originarie si ricorre a lavori di reintegro, così Zucchi prende il poco documentato della vita di Pietro d’Abano e lo completa con avvenimenti che si adattano al contesto descritto, attingendo sia alla storia che al mito ottenendo in questo modo una storia razionale e appassionante.
Un romanzo, quindi che ci parla del Pietro d’Abano meno conosciuto, della sua vita, anzi delle sue vite come recita il sottotitolo. In effetti ha attraversato quattro periodi della sua esistenza ognuno dei quali per la corposità d’avvenimenti e i rischi corsi, potevano bastare per una vita: fugge da Padova diciottenne in seguito a un delitto, vive diciassette anni a Costantinopoli, dove diviene un medico così famoso da essere chiamato a Roma al capezzale di un papa. Poi passa altri dieci anni a Parigi, alla Sorbona, da insegnante di filosofia naturale, come allora venivano definiti gli studi medici. Infine torna a Padova, dove diede inizio alla sua famosa scuola medica.
Diverse città, diversi contesti che pur essendo contemporanei sono abbastanza differenti e che Zucchi, nel romanzo, ce li fa conoscere attraverso gli occhi di Pietro. Venezia: “Un’intera città fatta di acqua, isole, ponti e barche. Case a più e più piani, abbaglianti palazzi di marmo, chiese piene di cupole e campanili, intere piazze: ogni cosa sembrava sospesa tra cielo e mare”.
Costantinopoli, capitale ormai decaduta del mondo antico: “… ammaliato dal mare solido di tetti, palazzi, cupole, torri, muraglie e campanili che sembra precipitare nel mare liquido. Una tavolozza di rossi, ocra, gialli, verdi e arancioni, che al tramonto rapisce lo sguardo ancor più di Venezia”
Roma: “Grumi rossi di case di mattoni costellati di macchie bianche: brandelli di marmi millenari tramutati in pietre angolari di taverne … Gli scheletri dei monumenti del glorioso passato affiorano simili ad annegati coperti di alghe … I resti di fori, terme e templi sono assediati dalla selva e saccheggiati dagli uomini”.
La presenza di Pietro d’Abano in questi luoghi è documentata ma quello che fa in questi luoghi non lo sappiamo. Questi sono i “segreti” citati nel sottotitolo del romanzo: da Costantinopoli, arrivato ragazzo, è rientrato ricco e famoso; alla Sorbona anche lì si sa che ci rimase dieci anni ma non che cosa abbia fatto veramente. E ancora segreti sulla sua vita: si sa che ha avuto tre figli ma non si sa da chi, probabilmente da due donne diverse. Non sappiamo il nome della madre, mentre sappiamo che il padre era un notaio e quindi un benestante. Ecco Roberto Zucchi riempie questi “buchi” ricorrendo anche al mito e all’esoterismo, scrive avvenimenti che molto verosimilmente potrebbero essere accaduti e crea personaggi contestualizzandoli nella storia.
Personaggi che si aggiungono ai numerosi storici reali, uomini, donne, papi e sovrani che Pietro D’Abano ha incrociato o conosciuto. Per alcuni siamo nell’ambito dell’attendibile, per altri è documentato come Giotto, con cui, pare, abbia collaborato parzialmente per la cappella degli Scrovegni e poi creando lo schema del ciclo d’affreschi che c’era nel palazzo della Ragione a Padova, andato perduto per un incendio; Raimondo Lullo “incubo degli infedeli, crociato, filosofo, teologo, logico…” a Parigi; Marco Polo, con cui si confronta su questioni astronomiche a Venezia.
Il Pietro d’Abano che ci descrive Zucchi, è un medico che si definisce “Mago Bianco”, mago in senso medioevale cioè mediatore tra le forze della natura e l’uomo, (il suo motto era “In natura naturaliter”). Un medico che coniuga la teoria medica degli umori con l’astrologia, ritenendo il moto degli astri definito da leggi matematiche e quindi perfetto, decisivo nell’influenzare il destino di ogni cosa, persone, città, nazioni, perfino la nascita delle religioni.
Le linee segrete che tracciano le costellazioni, il brillio ammiccante degli astri lo hanno sempre affascinato, ne segue le traiettorie con facilità. Il firmamento non può essere stato messo lì a casaccio, pensava fin da bambino: quegli occhi accesi ci vedono e ci indicano la strada. E se vale per l’uomo, perché non per gli animali, le piante, i fiumi e le montagne? E per ogni singola roccia, filo d’erba o organo del nostro corpo? Dalla sorte dell’imperatore a quella dell’ultimo schiavo, tutto ciò che è accaduto e accadrà è ispirato dalle stelle.
Per i suoi studi, la sua filosofia, le sue idee e il suo modo di tradurle in pratica medica, nonché i suoi libri, l’inquisizione per tre volte cerca di portarlo al rogo, accusandolo di negromanzia ed eresia: a Parigi dove pare gli abbiano contestato ben 55 capi d’accusa, poi due volte a Padova, la prima per la denuncia ad opera di alcuni medici concorrenti che però si dissolse per l’intervento a difesa di Pietro delle autorità comunali, l’ultima terminata con la sentenza di condanna a morte.
…il Grande Inquisitore mi accusa di quasi di tutto. Principalmente, di eresia e negromanzia, declinate in cinquantacinque imputazioni. Ad esempio, io sarei un eretico perché sostengo che le malattie sono provocate da germi e non siano penitenze per il peccato originale. Eretico è che io escluda l’intervento di Dio nelle guarigioni e, quel che è peggio, nella resurrezione dei morti, come Lazzaro. E sarebbe negromanzia dissezionare i cadaveri, mentre invece è l’unico modo per comprendere davvero il nostro corpo. Difatti, solo così ho potuto scoprire che i vasi sanguigni hanno origine nel cuore e i nervi nel cervello, checché se ne dica.
Ma poi morì sul rogo? Questo è un altro dei “segreti” citati nel sottotitolo. Secondo la Chiesa, sì è morto sul rogo, però circolano anche altre versioni: che sia morto per malattia e ne siano state bruciate le ossa, che sia stato arso in ritratto e, addirittura, che possa essere sfuggito al rogo con uno stratagemma. Anche per questo Roberto Zucchi fornisce una sua soluzione, naturalmente romanzesca, abbastanza avventurosa e plausibile ma sta a voi lettori scoprirla e vedrete, vi sorprenderà.
Trama
Pietro d’Abano (1250-1315) è un genio avvolto nel mistero. Uno di quei pionieri della scienza, quando ancora si chiamava magia, che propiziarono l’uscita dal Medioevo e l’avvento del Rinascimento. Fu filosofo, astronomo e astrologo, ma soprattutto medico, e per questo a lungo perseguitato dall’Inquisizione, che ben tre volte cercò di condannarlo al rogo come eretico e negromante. Le sue opere sono note agli studiosi, ma poco si sa della sua vita. Anzi, delle sue vite. Perché, in un’epoca in cui il solo viaggiare era un azzardo, dopo l’adolescenza tra Abano e Padova fuggì a Costantinopoli, dove imparò le lingue e le arti mediche, quindi visse dieci anni nella nuova capitale d’Europa, Parigi, da insegnante alla Sorbona, e infine tornò a Padova, dove diede inizio alla sua famosa scuola medica, prima di sparire letteralmente dalla faccia della terra. Ma la morte è solo l’ultimo degli enigmi di Pietro d’Abano che queste pagine intendono svelare.