Recensione a cura di Serena Colombo
Il titolo di questo libro, edito da Damster edizioni, è significativo ed evocativo al tempo stesso.
Significa molto in quanto racchiude in 4 parole l’essenza stessa della vicenda narrata, ma anche della Storia che attraversa, ed evocativa perché come un tuono la si sente e la si vive.
La vicenda è quella di due adolescenti, Matteo e Anna, che insieme alle rispettive madri vengono mandati da un anziano avvocato, nonno di Matteo, in un paese di montagna per sfuggire alle rappresaglie di una guerra mondiale che stenta a finire, in una Italia la cui liberazione da parte degli americani è iniziata da sud mentre la loro Bologna è ancora preda di tedeschi sconfitti ma forse proprio per questo ancora più truci.
Così seguiamo questi due ragazzi nel loro avventurarsi nei boschi isolati del medio Appennino, ospiti di una coppia di anziani che, rischiando la loro stessa vita, hanno deciso di dar loro protezione. E l’avventura che loro iniziano a vivere, in una realtà montanara così diversa dalle loro abitudini cittadine, li matura inevitabilmente, li fa crescere, a dispetto degli adulti che li vorrebbero tenere all’oscuro di una realtà fatta di rastrellamenti e bombardamenti.
“Gli adulti, chissà per quale motivo, invece, avevano la ten-denza a volerli tenere all’oscuro su quello che accadeva nel mondo. Come se gli eventi bellici non li avessero già costretti a fare i conti con i patimenti e le preoccupazioni della realtà.”
E la guerra arriva a loro attraverso le notizie che Matteo e Anna leggono in casa di Aldo. Giornali vecchi di settimane che il vecchio reperisce dal barbiere quando si reca in paese a barattare cibi e conserve con altre cose. O che arriva in quei crinali rossastri che appaiono in lontananza, segnale che qualche treno e stato fatto saltare. O attraverso rombi di bombe sganciate a stanare gli attivisti partigiani che si nascondono nei boschi.
Lì, nel folto dell’Appennino, la vita scorre lenta, cadenzata dai ritmi di chi deve procurarsi da solo il cibo e la sussistenza quotidiana: accudire il bestiame, coltivare la terra, raccogliere le uova. Un ritmo lento che si rompe al rombo di un tuono che non è quello di un temporale o di una bomba, ma un presagio.
“Succederà qualcosa. Sono sicura. Non è detto che capiterà a noi, ma qualcosa accadrà.”
E questo tuono rompe la narrazione che inizia a prendere un ritmo magico, onirico, decretando l’apparizione sulla scena di Bice, una vecchia trattrice – un lavoro che a Bologna non si svolge da almeno un centinaio di anni – e di Luigi, uno studente di Legge dell’Alma Mater che insieme a Giovanni Battista De Rolandis viene considerato il primo martire della libertà italiana e del Risorgimento.
Penserete che mi sto sbagliando, che sto accavallando storie, confondendo letture: come possono personaggi centenari convivere in una storia ambientata nel ’44?
Non posso dirvi di più, toglierei tutto il gusto ai lettori, ma è proprio tramite questi due personaggi che la vicenda narrata da Michele Rocchetta – finora assestatasi su un tono un po’ piatto – che prende un leggero ritmo, che si ammanta non solo di leggerezza ma anche di dolcezza.
Ecco, questa è la parola che userei per definire il romanzo: dolce. La dolcezza pervade tutti i personaggi di questo libro, ammanta i loro sentimenti, e apre a una speranza per giungere alla quale bisogna arrivare alla conclusione del libro che scritto in maniera semplice, ma anche diretta, sa regalare qualche ora di piacevole lettura, sa volare leggero sugli orrori di certi uomini e sa trovare in una realtà orribile una piacevole fantasiosa visione
La realtà è davvero molto strana. Ci sono cose che sono reali per tutti, mentre altre sono vere solo in base alle proprie opinioni e convinzioni. La realtà è ingannevole. La fantasia, solo quella è sincera.
Pro: Un libro che rende lieve, ma senza banalizzare, una vicenda seppur dura ambientata in un periodo storico buio.
Contro: i personaggi, che restano solo abbozzati
Citazione preferita: Per chi sa osservare, anche solo una espressione dice tante cose.
Trama
Primi mesi del ’44. Anna e Matteo, due adolescenti della piccola borghesia bolognese, si trovano a dover sfollare presso un’anziana coppia di montanari nel medio Appennino per sfuggire ai bombardamenti alleati e ai reclutatori di Salò. Dopo il primo smarrimento dovuto all’essere catapultati dal mondo cittadino alla vita dell’Appennino, impareranno a conoscere la montagna, i boschi e la magia che li avvolge, in un tempo sospeso nel quale la guerra sembra un evento lontano. La Storia, però, non si ferma e i due ragazzi, precipitati nel dramma, impareranno che la vita è fatta soprattutto di piccole buone azioni compiute da persone semplici… E da un pizzico di magia.