Articolo a cura di Maria Oliveri
Dama Trot, evocata nei Racconti di Canterbury di Geoffrey Chaucer è stata probabilmente modellata sulla figura di una donna medico di nome Trotula, attiva a Salerno nel Medioevo.
A Trotula de Ruggiero di Salerno sono state attribuite molte cose: un compendio di medicina delle donne, un ruolo di medico nell’ambito della scuola salernitana, una famiglia e dei figli, una propensione per la lettura e persino una cattedra universitaria:
“Intorno al 1050 a Salerno, in un mondo dominato da uomini, si faceva strada Trotula de’ Ruggiero, forse la prima ginecologa della storia…La più nota tra le medichesse salernitane fu proprio Trotula, esponente della nobile famiglia salernitana de’ Ruggiero…si occupava di materie fino a quel momento poco studiate come il piacere femminile, la fertilità della donna e il suo benessere; era in grado di curare ogni malessere con le erbe. Trotula dava anche indicazioni su come conservare e migliorare la bellezza femminile attraverso la preparazione di creme e infusi naturali: come donare candore alla pelle, nascondere lentiggini e impurità, lavare i denti ed eliminare l’alitosi, e ancora tingere i capelli…Sulla sua vita privata non si sa molto; era sposata con un medico, Giovanni Plateano, ebbe due figli, i quali divennero entrambi medici.”
In realtà Trotula è una figura avvolta nella leggenda; nessuna evidenza storica ha mai confermato in modo inconfutabile la sua esistenza. Non è neppure certo se sia vissuta nell’undicesimo o nel dodicesimo secolo…
Eppure sulla figura di Trotula, donna pioniera in ambito medico e in particolare sulla cura delle patologie femminili, in tanti si sono sbizzarriti a scrivere: sul suo conto si è scritto e fantasticato tanto, forse anche troppo.
Numerosi studi, tra cui risulta particolarmente interessante quello di Monica Green, “Trotula: un compendio medievale di medicina delle donne (2009)” hanno voluto far chiarezza sul “caso Trotula”.
In realtà, afferma la Green, bisogna fare una distinzione tra una donna di nome Trota (Trotula significa “piccola Trota”) vissuta a Salerno nell’XI o più probabilmente nel XII secolo e la Trotula intesa a indicare un compendio medievale di medicina delle donne e non una persona. Trota era una nome molto comune nel Medioevo nel sud Italia, veniva utilizzato comunemente per indicare le levatrici o donne esperte in problemi femminili.
“La Trotula” è un’opera che raccoglie tre trattati: è il più popolare assemblamento di testi, composti dal XII al XV secolo, che riguardano la medicina delle donne. Il corpus era scritto in lingua latina (diffusa tra le elìte colte d’Europa) e venne tradotto in volgare solo nel Quattrocento. Per secoli studenti di medicina e studiosi hanno avuto accesso solo alla versione in volgare: un’interpretazione umanistica che spesso divergeva in molti punti dal compendio originale in latino e che ha creato alla fine molta confusione, facendo pensare a un testo unico, scritto da una donna medico di nome Trotula.
In realtà, come abbiamo già detto, si trattava di tre trattati, probabilmente tutti e tre del XII secolo, redatti in ambito salernitano, da diversi autori.
Da principio il primo manoscritto, “Sulle malattie delle donne”, e il terzo “Sulla cosmetica delle donne”, circolavano anonimi; il secondo “Sui trattamenti per le donne”, veniva attribuito a una guaritrice di Salerno chiamata Trota: non un medico, ma una donna capace nella pratica medica per via empirica e quindi non necessariamente dotata di conoscenze teoriche. Questi tre trattati continuarono a circolare in forma indipendente in Europa fino al XV secolo.
Alla fine del XII secolo un compilatore anonimo mise insieme i tre testi in un unico corpus, facendo degli arrangiamenti e modificando alcuni termini. Questa raccolta fu chiamata “la Summa que dicitur Trotula” (il compendio chiamato Trotula), con il nome associato a quello della donna, Trota, che compariva solo nel secondo testo, quello di cosmesi “Sui trattamenti della donna”.
Presto “la Trotula” ossia il compendio, divenne il testo principale sulla medicina femminile e continuò a essere oggetto di manipolazione da parte di scribi medievali. La maggior parte di questi intese “Trotula” come il nome dell’autore del trattato, mentre si trattava del nome del testo.
A onor del vero bisogna ricordare che in un certo numero di manoscritti gli scribi operavano però la distinzione all’interno del compendio tra un primo testo denominato “Trotula major” e gli ultimi due, spesso considerati un unico trattato denominato “Trotula minor”.
Nel 1544 l’editore George Kraut, cercò di mettere ordine nel compendio: il testo appariva confuso e mal organizzato. Decise di sopprimere le ripetizioni e di mettere ordine tra i capitoli, ma diede per scontato che si trattasse di un’opera unitaria, compilata da un solo autore. L’umanista Kraut mise per la prima volta in dubbio il sesso femminile del suo autore e quindi l’esistenza stessa di Trotula. Questa tesi è stata più volte ripresa in età contemporanea e a volte bollata come “misogina” . La storiografia recente, grazie in particolare agli studi della Green ha approfondito l’intero Corpus, prendendo in esame il compendio originale scritto in latino e riuscendo a stabilire che i trattati erano tre e tre probabilmente erano gli autori, maschi e salernitani.
“Malattie delle donne” è un tentativo dei medici salernitani di assimilare la medicina araba; “trattamenti per le donne” è una collezione di pratiche locali tradizionali, “Cosmetica delle donne” potrebbe rappresentare il tentativo di ridar vita all’ideale del medico della città antica.
Il corpus della Trotula dunque è una miscellanea di fonti eterogenee: non esiste un unico autore e purtroppo non esiste nessuna storia che possa raccontarsi su Trotula o sulla medicina delle donne di Salerno.
Bibliografia
M.Green, The Trotula: a medieval compendium of women’s medicine, Philadelphia, University of Pennsylvania, 2001
TROTULA in “Dizionario Biografico” – Treccani
https://www.treccani.it/enciclopedia/trotula_(Enciclopedia-Italiana)