Recensione a cura di Serena Colombo
1940. Atanasius Herrenhaus, teologo, antiquario, collezionista di amuleti e talismani, viene ritrovato morto a Palazzo Campitelli. Cosa ci faceva a Roma? Erano vere le voci che lo volevano vicino al Fuhrer e in Italia per volontà stessa di questi?
Era solo un vecchio studioso di superstizioni. Chi avrebbe potuto volerlo morto?
Ma non sono queste le voci a preoccupare il commissario Tagliaferri. Lui lo ha già collegato con una spia inglese, un certo Crowley che, nel 1923, aveva fondato l’abbazia di Cefalù, un’abbazia molto discussa: messe nere, ritrovi di sette, riti orgiastici e circoli quanto mai discussi.
Aleister Crowley è solo l’ennesimo ricco e stravagante inglese che cerca climi meno severi per praticare qualche inconsueta attività erotica all’aperto, magari gabellandola per complicati riti esoterici, o celebrazioni pagane. Afferma addirittura d’essere l’unico, autentico emissario di Satana sulla terra. O addirittura il diavolo in persona. Mi sembra un po’ difficile dargli credito, come spia.
Herrenhaus non era l’unico ospite di Palazzo Campitelli. C’è anche la baronessa Magda van Cutsen, scultrice, nonché orafa che si trova a Roma per consegnare al regista Blasetti la corona che dovrà apparire nel suo film La corona di ferro, copia fedele del diadema di Teodolinda.
Personaggio ambiguo, al tempo stesso affascinante, la baronessa ha piglio altero e occhi penetranti dietro i quali cela un segreto e alle cui dita spicca un anello più simile a un amuleto che a un monile, e sulla sua bocca un alibi di ferro: lei non c’entra con l’assassinio di Harrenhaus.
Magda gli sembrava incarnare alla perfezione l’esatto contrario dell’ideale femminile fascista: di sicuro non era una madre, ed era difficile immaginarla anche come moglie. Almeno del tipo convenzionale. L’impietosa battuta del Duce, Dopotutto son solo donne, non la riguardava, non l’avrebbe mai neppure sfiorata.
I segreti sono tanti, alcuni da mantenere ben custoditi: come quello di Amos, che nel film che Blasetti sta girando a Cinecittà potrebbe trovare la salvezza dalla deportazione degli ebrei. Amos e il suo strano sogno, un sogno premonitore, a quanto sembra, di cosa non si sa. O meglio, qualcuno lo sa, una voce incontrata in un capannone dove è allestita una scena del film, una voce indefinita che nel buio gli predice ciò che accadrà di lì a 10 giorni e che il suo sogno sembra conoscere alla perfezione.
Quasi la condizione di non-cittadino in cui era stato confinato dalle leggi razziali lo facessero sentire a volte addirittura una non persona. E le non-persone non fanno domande, non hanno curiosità.
Sono questi gli elementi base di un vero e proprio giallo di impianto classico, dove sono tutti “sotto mentite spoglie”. Si indaga nella passione di Herrenhaus per gli amuleti, sul compito che, si dice, gli avesse affidato il Fuhrer stesso; si scava nell’ambiente accademico, in quello personale. Ma sono anche solo la punta di un “maledetto rompicapo, un rompicapo paradossale dalle molte soluzioni possibili. E da cui resta sempre fuori un elemento, rimettendo in discussione tutto”.
Una indagine piuttosto serrata durante la quale ci si imbatte in storie di riti iniziatici, di misteri al limite dell’esoterico; si incontrano personaggi storici, luoghi simbolo di fatti che scossero la comunità (come la abbazia di Thelema nome dato dall’occultista inglese Aleister Crowley a Villa Santa Barbara di Cefalù, in Sicilia: l’edificio che egli scelse come tempio e luogo centrale di irradiazione del culto della sua comunità di adepti); si apprendono cose e fatti politici a cui, forse, non si aveva mai pensato o immaginato; si fa un viaggio nella storia del cinema e del periodo prebellico che induce alla ricerca, a indagare al pari del commissario protagonista.
L’autrice padroneggia con vera maestria il genere a cavallo tra il mistero e il giallo, così come è padrona della lingua italiana; col suo stile sobrio e limpido conduce il lettore fin sulla scena del libro, dei fatti resi in maniera molto simile alla scena di un film vero e proprio. La finzione dentro la finzione: è questo forse l’aspetto più interessante del libro.
Pro: un giallo godibile, da leggere però con attenzione; una scrittura di livello, eccezion fatta per pochissime sbavature.
Contro: una brevità che lo rende più vicino al racconto, e come tale, forse, risulta troppo avviluppato; un finale un po’ calato dall’alto, dove non è il commissario a “spiegare”, ma il colpevole stesso a sciogliere i nodi.
Un libro da rileggere? Trattandosi di un giallo, no
Trama
1940. A Roma, nel palazzo del principe Campitelli, viene trovato morto Athanasius Herrenhaus, studioso tedesco appassionato di talismani magici, legato al regime del terzo Reich. Indaga sul caso Vincenzo Tagliaferri, un insolito commissario che nasconde un segreto scomodo per il regime. Intanto, a Cinecittà, il regista Alessadro Blasetti sta girando il film La corona di ferro. Il gioiello è stato disegnato e realizzato sul modello della corona di Teodolinda, ed è un talismano magico necessario per realizzare un grande rito esoterico. A questo punto entra in scena il mago inglese Aleister Crowley, che guiderà i personaggi e la vicenda verso il più sorprendente dei finali.