Articolo a cura di Lisa Laffi
Quando pensiamo a Sandro Botticelli la nostra mente non può che volare a La Primavera e a La Nascita di Venere, capolavori immortali di un Rinascimento in cui i personaggi chiave erano i fratelli Lorenzo e Giuliano de’ Medici, Simonetta Vespucci, Pico della Mirandola, Marsilio Ficino, Poliziano e Filippino Lippi.
Ma uno dopo l’altro i grandi protagonisti della stagione d’oro del Rinascimento si spensero, fino a lasciare solo Sandro Botticelli con i suoi ricordi (in primis, quello per l’amata Simonetta), i suoi fantasmi e i suoi tormenti.
Per anni Girolamo Savonarola aveva instillato il dubbio nel cuore di molti e probabilmente aveva fatto breccia anche in quello di Botticelli che bruciò alcune delle sue opere e nel 1501 (a tre anni dalla morte del frate) dipinse la Natività Mistica, un quadro che si stacca nettamente da tutto ciò in cui aveva creduto in precedenza.
Niente equilibrio e forme morbide, ma linee spezzate, colori cupi e corpi dalle forme arcaicizzanti.
Nulla fatto per caso dal grande maestro.
Botticelli voleva pervadere l’opera di un senso di inquietudine, che è quella che provava lui stesso quando sentiva parlare Girolamo Savonarola dal pulpito e quando pensava a ciò che era stato. Cerca, perciò, di redimersi con questa Natività che prelude all’avvento dell’Apocalisse. Ce lo testimoniano le tre righe in greco che sono contenute nel cartiglio in alto:
Questo dipinto sulla fine dell’anno 1500, durante i torbidi d’Italia, io, Alessandro, dipinsi nel mezzo tempo dopo il tempo, secondo l’XI di san Giovanni nel secondo dolore dell’Apocalisse, nella liberazione di tre anni e mezzo del Diavolo; poi sarà incatenato nel XII e lo vedremo precipitato come nel presente dipinto.
Quello che Sandro Botticelli vuole ritrarre, dunque non è solo Gesù che nasce, ma soprattutto la Parusia, cioè la seconda venuta di Cristo alla fine del mondo per giudicare i vivi e i morti, mentre il diavolo sarà precipitato nelle viscere della terra, come rappresentato nel dipinto.
Ciò che non cambia e ciò che tanto affascina contemporanei e posteri nella pittura del Botticelli è il grande ricorso alla simbologia per esprimere le sue idee e il suo credo.
Nel quadro ci sono oltre 20 simboli. Vi va di trovarne insieme almeno 10? Se la sfida è stata accettata, partiamo dall’alto.
Sotto il cartiglio Botticelli dipinge un cerchio di angeli, allegoria della danza della vita. Gli angeli ballano recando cartigli e ghirlande fatte con l’ulivo, simbolo di pace, da cui pendono le corone, simboli della regalità del sovrano dell’universo che giace in una mangiatoia.
Questo fantastico girotondo potrebbe essere stato ispirato da una reale sacra rappresentazione messa in scena da Filippo Brunelleschi in San Felice in Piazza. Brunelleschi ricreò l’Annunciazione, facendo stare sospesi nel vuoto dei ragazzi, sostenuti solo da una struttura dorata a forma di cupola. La rappresentazione ebbe un tale successo che venne a lungo replicata, per cui non è escluso che Botticelli l’avesse potuta osservare direttamente.
Ma proseguiamo nel viaggio tra i simboli disseminati da Botticelli nella Natività Mistica.
Sopra la tettoia tre angeli indossano una veste bianca, una rossa e una verde, simboli delle tre Virtù teologali, rispettivamente Fede, Carità e Speranza. Anche loro tengono in mano rami d’ulivo, simbolidella pace che Gesù è venuto a portare agli uomini di buona volontà.
Reggono anche un libro e non è difficile pensare all’Apocalisse, perché in questa Natività Mistica, il momento della venuta del Bambino è, in realtà, un modo simbolico di alludere alla sua seconda venuta, la Parusia.
Entriamo nella grotta, dove troviamo Gesù che allarga le braccia per essere accolto dalla madre, che rappresenta tutta l’umanità per la quale è sceso dal Cielo.
La capanna è circondata da un boschetto in cui gli alberi abbracciano con una linea circolare non interamente chiusa il luogo in cui staziona la Sacra Famiglia, evocando l’idea di protezione.
Anche gli angeli in terra sono ritratti in un abbraccio.
Si stringono a tre personaggi non casuali, le cui tempie sono ornate di alloro e questo ci fa capire che rappresentano meritevoli letterati, perché l’alloro è il simbolo dell’incontro tra la cultura e la virtù. Sono l’immagine della completa riconciliazione tra l’umanità e Dio.
Infine, in basso Botticelli dipinge alcuni grotteschi diavoli che, fuggendo, si trafiggono coi loro stessi forconi e penetrano nella Terra, sprofondando all’Inferno, allegoria della definitiva cacciata del Male, ormai ridotto a caricatura di se stesso, travolto dall’eccezionale bellezza dell’Era di pace di cui la Natività è anticipazione.
La Natività Mistica è l’unica opera datata e firmata da Botticelli ed è spesso citata come l’ultimo grande capolavoro dell’artista prima di un periodo di apatia che precedette la morte.
Di questo “tempo sospeso” parlò lo stesso Botticelli a Isabella d’Este in una lettera, a tratti commovente, in cui sottolineava la sua inattività e la disponibilità a lavorare al suo studiolo. La grande signora del Rinascimento italiano gli preferì altri artisti e Botticelli rimase nella sua Firenze, ultimo simbolo di un’Età dell’oro che ormai andava terminando.