Recensione a cura di Serena Colombo
Pandora è mito, storia, leggenda.
Pandora, di Susan Stokes-Chapman edito da Neri Pozza, è tutto questo e anche di più. Il libro combina gli elementi che da sempre caratterizzano Pandora-mito con il thriller, l’avventura, in un mix di suspence e azione che non concedono alcuno spazio alla noia e non trascura il lato romantico.
Per la cultura ellenica, Pandora è la prima donna a essere stata creata da Zeus e custode dell’omonimo vaso in cui furono racchiusi tutti i mali del mondo rilasciati nel mondo dalla curiosità di Pandora stessa.
Per Susan Stokes-Chapman, Pandora – che tutti chiamano Dora – è una giovane donna che, nella Londra georgiana di fine Ottocento, disegna gioielli nella soffitta del negozio di antiquariato di famiglia, ora gestito zio cui è stata affidata alla morte di entrambi i suoi genitori. Da quella tragedia sono trascorsi anni, poco o nulla Dora ricorda dell’incidente occorso durante degli scavi archeologici in Grecia.
Dora ambisce a una vita migliore di quella miseria in cui, da tempo, oramai vive, e spera di riuscire ad affrancarsi da quella situazione, e ancor più dal giogo dello zio, vendendo i disegni dei suoi gioielli.
Zeus considerava la speranza un male in quanto promessa di felicità. Ma io penso che stia a ognuno di noi decidere se la speranza sia un bene o un male
Ha bisogno però di una ispirazione, di un disegno nuovo, che sia unico, faccia colpo. Ed eccola lì: nello scantinato del negozio, tra ciarpame e falsi, sono ammassate diverse casse e un vaso con dei disegni molto particolari.
Ma il vaso rende inquieto l’unica compagnia di Dora, una gazza: cosa vi si cela, perché non riesce a tirar via il coperchio, ma soprattutto, da dove arriva? Perché lo zio non lo ha messo in vendita, con i cui proventi risanerebbe le finanze e l’attività? Da dove arrivano le altre casse e perché sono chiuse se, in genere, suo zio commercia solo i falsi?
Il dubbio sull’autenticità di quei reperti le viene da Edward Lawrence, conosciuto attraverso l’intermediario che si incarica di realizzare i suoi gioielli e trovar loro degli acquirenti.
Cos’è un dubbio, se non una verità in attesa di trovare conferma?
I due intraprendono un vero e proprio viaggio nell’antichità, nel mondo delle frodi, nell’inganno, nel mito, nella Storia, nei significati altri, fino alla scoperta di una verità che forse Dora non era pronta a scoprire.
Ci tormentiamo attribuendo alle cose significati che sono frutto della nostra fantasia.
Il libro regala una lettura oltremodo incalzante e avventurosa, che fa affondare negli abissi in cui affondò, nel 1798, l’HMS Colossus, un vascello che trasportava gran parte della collezione di reperti archeologici greci di William Hamilton, ambasciatore inglese presso la corte dei Borboni nel Regno di Napoli; trascina sul ciglio di uno scavo archeologico, occhieggia, con leggerezza, alle disquisizioni e riflessioni dotte, mescola il mito con la ragione. Il tutto si incastona perfettamente nel periodo storico: fu prorprio a fine Ottocento che l’Europa in generale, ma più in particolare l’Inghilterra, si riavvicinava all’arte antica grazie a diverse campagne di scavi archeologici che riportarono alla luce tesori tuttora indiscussi e inestimabili.
Pro: il ritmo: dalla prima pagina all’ultima è sempre molto sostenuto, che spinge chi legge a non staccarsi dal libro; il perfetto mix di mito, Storia e invenzione; la resa perfetta della Londra Georgiana, ritratta nei suoi luoghi più fetidi e sporchi, ma anche il lusso più sfavillante.
Contro: il finale. Un po’ troppo fantasioso. Se fino a un certo punto era tutto molto credibile e plausibile, nella conclusione forse l’autrice si lascia prendere la mano. Peccato.
Un libro da rileggere? No: trattandosi di un mistery, conoscendo già il finale non lo si rileggerebbe con gusto.
Trama
Londra,1799. Un tempo rinomato, l’Emporio di Antichità Esotiche dei Blake, racchiuso fra un caffè e la bottega di un merciaio, ha da offrire soltanto opere contraffatte, armature scalcagnate e ninnoli privi di valore da quando è finito nelle mani di Hezekiah Blake dopo la tragica morte di suo fratello Elijah. Stimati archeologi e collezionisti, Elijah Blake e sua moglie Helen sono rimasti uccisi dal crollo di uno scavo in Grecia. L’incidente ha lasciato illesa Pandora, la figlia della illustre coppia, ma ha determinato la sciatta decadenza dell’Emporio, rapidamente divenuto una bottega di polverose cianfrusaglie nelle mani sbagliate di Hezekiah. Gli anni sono passati e Pandora, detta Dora, è ora una giovane donna che sogna di diventare un’artista orafa. Un sogno che lei coltiva con caparbietà mentre trascorre le sue ore nell’Emporio in cui l’inettitudine e l’oscura attività dello zio trascinano sempre più il nome dei Blake nell’infamia e nell’oblio. Un giorno, di ritorno al negozio, una scena spaventosa si schiude davanti agli occhi della ragazza: di fronte all’Emporio giace, ribaltato, un carro. Il cavallo, sdraiato sul fianco, sembra illeso, Hezekiah, invece, è intrappolato sotto l’animale. Attorno a lui tre uomini malvestiti, con il terrore negli occhi e l’odore salmastro dei marinai addosso, armeggiano e imprecano alla scalogna mentre fissano una cassa incrostata di molluschi rimbalzata sul selciato. Nei giorni successivi Hezekiah, malconcio e sospettoso, chiude la cassa a chiave nello scantinato e vieta alla nipote di accedervi. Che cosa c’è in quella cassa? Perché Hezekiah è impallidito quando la nipote glielo ha domandato? E per quale motivo ordina a chiunque di non mettere piede nello scantinato? Incapace di tenere a freno la curiosità, Dora si avventura nello stanzino buio e umido per imbattersi in qualcosa che cambierà per sempre la sua vita.