Recensione a cura di Lorenzo Angelaccio
Il sogno di Ragnar, pubblicato nell’aprile di quest’anno dalla casa editrice Bookabook, è il romanzo d’esordio dell’autrice Elisabetta Barberio. L’opera è incentrata sulla figura storica del guerriero vichingo Ragnarr Loðbrók, personaggio protagonista della serie televisiva di successo Vikings, la cui storia vera sfuma nella leggenda delle saghe nordiche. Tuttavia, nonostante nella prefazione l’autrice ammetta di essersi ispirata alla serie tv, la vicenda del romanzo prende fin da subito una strada molto diversa.
Siamo nell’845 d.C., nel pieno della cosiddetta epoca vichinga, periodo dominato dalle violente scorrerie dei guerrieri norreni nei regni d’Europa. Il romanzo si apre proprio con la fine dell’assedio di Parigi ai danni del re dei Franchi Occidentali Carlo il Calvo, dal quale Ragnar ottiene un grande bottino, tra cui una meravigliosa donna: Alexandra, persona di grande cultura cresciuta in un monastero francese.
Ragnar si rende conto fin da subito della diversità di quella donna, che conosce perfino la lingua norrena, e ne approfitta per soddisfare la sua sete di conoscenza; aspetto che lo differenzia dagli altri vichinghi e che lo contraddistingue come un leader carismatico. Tuttavia il loro rapporto evolverà sempre di più, fino a sfociare in un vero e proprio amore: ma la loro diversità culturale, sommata alla loro sostanziale identità caratteriale, farà in modo che la loro storia non sarà molto semplice da gestire.
L’aspetto a mio avviso più interessante di questo romanzo è proprio il personaggio di Alexandra. A differenza di Ragnar, si tratta di un personaggio inventato dall’autrice, ma paradossalmente risulta avere molto più spessore e sfaccettature del guerriero vichingo. Alexandra è una donna forte e indipendente, che nella sua giovinezza ha deciso di dedicare la sua intera vita allo studio e alla conoscenza: per questo a Parigi ha rifiutato numerose proposte di matrimonio. Le cose cambiano quando viene rapita da Ragnar, ma il risentimento di lei nei suoi confronti si tramuta subito in curiosità, non appena si rende conto dell’indole tutto sommato mite e aperta al dialogo del norreno: vede in lui un uomo con una forte sete di conoscenza, e questo la predispone favorevolmente nei suoi confronti.
“Non si sono detti molto da quando si sono incontrati ma è come se, in questo istante in cui i loro sguardi si incrociano, ci fosse una complicità innata, che supera anche le loro barriere culturali e linguistiche.”
Tuttavia, anche quando tra loro sboccerà l’amore, Alexandra non sarà disposta a rinunciare alla propria indipendenza e ai propri obiettivi, a maggior ragione quando Ragnar le concederà la libertà: lei se l’è guadagnata e non la cederà per niente al mondo.
Nemmeno a Ragnar; il quale, nonostante la sua apertura mentale, vede in lei soltanto la madre dei suoi futuri figli, una donna che lo avrebbe aspettato a casa e medicato le sue ferite di battaglia. Mentre i progetti di Alexandra sono ben diversi.
“«Ragnar! Io non starò mai all’ombra di un uomo, accudendo solo i figli e facendomi comandare come le altre donne!»”
Alexandra è quindi un personaggio molto moderno e sfaccettato, senza però risultare anacronistico o fuori dal suo tempo: equilibrio per niente facile da raggiungere quando si tratta di descrivere personaggi vissuti molti secoli fa.
Anche la ricostruzione storica risulta avere un buon equilibrio tra fedeltà dei dettagli d’ambientazione e scorrevolezza narrativa. Pur ricostruendo con molta cura il villaggio scandinavo di Roskilde – dove è ambientata la maggior parte del romanzo – l’autrice non si dilunga mai in spiegazioni e blocchi di testo informativi, e tutta la documentazione effettuata emergente spontaneamente sia dalla narrazione che dai dialoghi tra i personaggi.
Questi ultimi due elementi, purtroppo, risultano forse essere i punti più deboli del romanzo. Pur adottando uno stile scorrevole, che avvince molto il lettore, a mio avviso l’autrice avrebbe potuto essere più incisiva in certi passaggi, che risultano essere un po’ affrettati proprio da un punto di vista stilistico; aspetto che comunque non inficia la gradevolezza complessiva della lettura.
Il sogno di Ragnar è dunque un romanzo da non perdere per gli appassionati della storia vichinga, che si conclude con un finale aperto che lascia il lettore con il fiato sospeso, in attesa di un seguito che si speri arrivi presto.
Trama
845 d.C. L’invincibile Ragnar Lodbróck assedia Parigi insieme ai suoi uomini. L’esercito dei Franchi Occidentali, comandato da Carlo il Calvo, nulla può contro la furia dei Norreni. Ma durante quello scontro accade qualcosa capace di cambiare le sorti della vita del Conte: il lauto bottino che i suoi guerrieri portano a Roskilde, la loro città, include anche Alexandra, una donna affascinante e misteriosa, dotata di grande cultura. Grazie a lei, Ragnar impara che la sete di conquista non si placa solamente solcando mari e razziando territori, ma anche grazie alla conoscenza, avvicinandosi alle lingue, alle culture e alle religioni di altri popoli. Il mondo Franco, da un lato, e quello Norreno, dall’altro, trovano così un punto d’incontro in un amore tormentato e impossibile, come quello che nasce tra Ragnar e Alexandra.