Recensione a cura di Serena Colombo
L’inizio del libro racconta di mistero e di orrori, di violenza e di fantasmi che si aggirano nel bosco di Osning, di storie e leggende che incutono orrore. Ma non è leggenda e non sono fantasmi quelli che si accaniscono su una madre e sua figlia.
L’ombra, il male, la morte erano opera degli uomini
È il 1410 e dalla Vestfalia inizia il viaggio di una dei protagonisti di questo libro firmato da Luigi Barnaba Frigoli. E quanto si legge nel prologo ci dà già l’idea di quale sarà la caratteristica di tutto il romanzo.
Con un balzo in avanti di oltre vent’anni, la narrazione si sposta nella Valtellina del 1433 dove si fanno avanti – e si inziano a delineare – gli altri protagonisti del romanzo, intesi non solo in termini di personaggi, ma anche di fatti storici. L’esercito di Filippo Maria Visconti, da 5 mesi a presidiare la Valtellina dopo la battaglia di Delebio, battaglia che vide Filippo Maria Visconti, duca di Milano, e la Repubblica di Venezia contrapposti.
L’esercito, chiamato la Banda Rossa in ossequio allo stemma dei Sanvitale, casata a cui appartiene il suo capitano, Pier Brunoro di Sanvitale – per tutti solo Brunoro – è annoiato, rilassato, ozioso: se arrivassero i veneziani ora farebbero una strage. Ecco l’idea, dunque: organizzare un torneo che coinvolga anche i valligiani, di modo che i soldati si possano ridestare dal torpore e riprendere addestramenti e marce. A una prova di tiro con arco un giovane valligiano, a tutti sconosciuto, batte il più bravo tiratore dell’esercito – Brunoro, appunto, per poi, ritirato il premio, dileguarsi nel nulla.
I due sfidanti, però, sono destinati a reincontrarsi, di lì a poco. Brunoro vedrà la sua vita salvata da quello stesso giovane che gli ha sottratto il bottino e la dignità del torneo. La sua destrezza, il suo coraggio, la sua freddezza porteranno Brunoro a proporgli di unirsi alla sua compagnia e promettergli ricchezze dai saccheggi, onore in battaglia. Eppure, sotto quel caschetto mal tagliato e dietro quegli occhi verdi qualcosa sta per spiazzare Brunoro: si trova al cospetto di una donna, Bona Lombardi. Nonostante questa scoperta, lui la vuole nella sua compagnia. Perchè Brunoro è convinto che la guerra riprenderà. Non sa ancora, invece, che a Ferrara è stato fatto l’accordo di pace; non sa che nel castello Estense tutti i maggiori esponenti delle famiglie italiane si sono riuniti per siglare la pace tra Venezia e Milano.
E questa è la parte più succulenta e interessante, dove assistiamo a un vero e proprio quadro della situazione politica dell’epoca. Qui attraverso ambasciatori di terzo livello, attraverso i pettegolezzi, si ricostruisce – e si capisce – come tutto sia già stato stabilito, guerra e pace.
La diplomazia è fatta di pettegolezzi, anzi: ci si fonda. Le intese si fanno in fretta, il più delle volte la guerra le ha già scritte. Non ti scordare che la politica, di questi tempi, la fa solo soltanto la spada. Sono i pettegolezzi, da ascoltare o riferire, a far andare le cose per le lunghe.
I soldati sono mercenari e un’altra guerra è già stata decisa, e loro sono pronti a combattere sotto un altro vessillo: Venezia muove verso il papa. Brunoro gioisce: potrà rivedere Bona, e mantenere con lei la promessa fattale: Bona non sarà una amazzone, ma un soldato vero, un guerriero, anzi, una guerriera.
Non le importava di mostrarsi come donna. Di indossare vesti preziose, acconciarsi i capelli in elaborate terzolle, vivere mansueta e al sicuro nella speranza di trovare un marito e mettere al mondo dei figli. Non era disposta ad accettare di essere una debole. Non voleva essere un cerbiatto costretto a dipendere dai lupi.
Difficile leggere di Bona e non pensare a Giovanna d’Arco a cui indirettamente l’autore rende omaggio attraverso un altro personaggio storico, Elisabetta De Pollye, la badessa del monastero di Chelles che, secondo alcuni storici, la pulzella d’Orleans difese dai saccheggi inglesi.
Tuttavia, spesso il cambio di schieramento e di casata sotto i cui vessilli combattere, viene interpretato come un tradimento, e questo va pagato con la vita. Non è sui campi di battaglia che Bona e Brunoro vedranno a rischio le loro vite, ma nella maglie di intrighi, ossessioni, delazioni e potere.
Guerriera. L’incredibile storia di Bona Lombardi, è un romanzo di guerre e guerrieri, di uomini che fanno accordi per il dominio di territori e per rimettere in sesto il proprio casato e il proprio potere.
È il romanzo di donne contrapposte: Bona Lombardi e Bianca Maria Visconti (e con lei tutte le donne di casato nobile). La prima, cresciuta dal padre come una guerriera affinché non si debba sottomettere a nessun uomo, che sceglie e forgia il suo destino, le passioni da seguire, anche quando queste sono di guerre e di morte; la seconda allevata come pedina di scambio affinché qualcuno combatta la guerra che lo riporti in alto, che crede nel matrimonio come unione d’amore ma che deve poi scontrarsi con la realtà; di donne senza alcuna alternativa se non quella di essere mogli-pedine, spose di stemmi più che di uomini, o votate a Nostro Signore.
Troppe donne usate, umiliate, ferite e calpestate, illuse e poi immolate sull’altare della superiorità che gli uomini avevano assegnato agli uomini e che l’Onnipotente, anch’egli uomo, aveva benedetto.
È il romanzo dell’Italia del 400, dove tutti combattono contro tutti e fanno accordi con tutti. È il romanzo di Francesco Sforza Sforza, figlio di Muzio Attendolo, e del duca di Milano Filippo Maria Visconti, pronti a farsi la guerra tra loro, o a darsi figlie in spose e nominare l’uno legittimo erede dell’altro; è il romanzo di Alfonso d’Aragona, che cerca nelle sante reliquie la legittimazione a sedere sul trono del Regno di Napoli, e per trovarle è disposto a sborsare denaro e sacrificare vite.
E in questo l’autore riesce perfettamente a dare l’idea di cosa fosse l’Italia, e non solo, all’epoca, di come fossero i principali attori sulla scena politica, le loro passioni e i loro timori. Di quanto un tradimento, reale o sospettato, potesse in un colpo solo cambiare le sorti di stati, ducati, regni e persone.
È, su tutti, il romanzo di Bona Lombardi e Brunoro Sanvitale, amici, guerrieri, mercenari, amanti, sposi, figli e genitori, che hanno fatto della guerra, dell’onore e dell’amore la loro ragione di vita.
Personaggi che nella Storia hanno avuto un ruolo non da poco, che hanno contribuito, a tante vittorie, al consolidamento di questo o quell’altro ducato e casata, ma che dalla Storia sono stati lasciati nell’ombra. È giusto che un romanzo giunga a ridar loro il posto che meritavano.
È però anche il romanzo delle battaglie – diverse descritte minuziosamente – della violenza – troppa e a volte anche inserita in maniera forse un po’ gratuita, per pagine la cui presenza nulla aggiunge e nulla toglie.
Il romanzo è ricchissimo di fatti storici, aneddoti, dettagli sui personaggi, molto ben documentato e narrato. Procede un po’ per quadri che, come in una galleria, si susseguono a ricreare la scena storica italiana del 400. Ma dove, tuttavia, ci sono poche macchie di colore che li fanno brillare, ed emerge invece un affastellamento di personaggi che finiscono con il soffocare le scene (e con esse il lettore).
È il romanzo, dunque, anche del troppo: troppe cose, troppi intrecci, troppi personaggi, troppi nomi (alcuni inutili).
Pro: lo spaccato storico, poco battuto dai narratori contemporanei; i personaggi, molto ben caratterizzati e raccontati, nei loro vizi, ossessioni, sentimenti
Contro: Il tono freddo, che come un velo appiattisce un po’ tutto, finendo per calare pure sul lettore.
Un libro da rileggere? Forse sì: con la oramai acquisita – e magari approfondita – conoscenza degli avvenimenti storici, forse lo si gusterebbe di più.
Trama
La guerra non è faccenda da donne, eppure nel sanguinoso scacchiere dell’Italia del Quattrocento può accadere di tutto, anche che una fanciulla venga addestrata a combattere come un uomo. Il suo nome è Bona Lombardi, ma fra i mercenari della Banda Rossa agli ordini del generale Francesco Sforza tutti la conoscono con il nome di Gabrio. Cuore puro e occhi verdi come pietre di fiume, nel suo sangue scorre la ribellione: contro il destino che spetta alle donne, contro i soprusi degli uomini, contro chi ti attende nell’ombra per strapparti la vita o la dignità. Così, mentre il perverso duca di Milano Filippo Maria Visconti cerca di riportare il proprio dominio con le armi sulle sue terre affidandosi allo Sforza, le imprese di Bona diventano celebri, quanto quelle della quasi contemporanea Giovanna d’Arco. Con la sua astuzia, la guerriera piegherà gli avversari più bellicosi. Con il suo coraggio scenderà nei sotterranei di un oscuro castello della Bretagna, alla ricerca di una preziosa reliquia per conto del re Alfonso d’Aragona, segretamente alleato del Visconti. E con la sua tenacia, Bona difenderà a ogni costo l’amore che la lega a Brunoro di Sanvitale, comandante della Banda Rossa. Attraverso lo sguardo di una guerriera indomita come la Camilla cantata da Virgilio, e ingiustamente dimenticata dalla Storia, Luigi Barnaba Frigoli disegna un affresco avvincente delle trame di potere nell’Italia del XV secolo, teatro di grandi ambizioni e piccole meschinità. Un mondo di guerrieri che celebra unicamente le vittorie degli uomini, nel quale solo uno spirito straordinario come quello di Bona Lombardi può trovare la forza di reclamare il posto che gli spetta.