Altro consueto appuntamento qui su TSD è quello con i commenti dei lettori con cui condividiamo una lettura al mese. A Settembre abbiamo letto insieme “Il resto di niente” di Enzo Striano.
Vediamo cosa se ne è detto.
Mara Altomare
Questo libro è stato per me un’”esperienza”: è un testo al quale non mi sarei mai avvicinata da sola. E da sola non lo avrei apprezzato fino in fondo… grazie alla condivisione sono entrata dentro ad un romanzo veramente potente e impegnativo. Per me è stata un’occasione di approfondimento di un periodo storico che conoscevo poco, e che si è rivelato in tutta la sua portata e il suo fascino. Con il gruppo ho condiviso e superato le difficoltà della lettura, in termini non solo di lingue e dialetti, ma anche di narrazione, spesso forbita e complessa, un testo veramente alto, a tratti difficile, un’opera che non si può leggere tutta d’un fiato, ma che va diluita, assaporata … ogni pagina di questo libro ci ha dato il La per spalancare finestre sulla storia, la letteratura, le città, le curiosità e anche per dei momenti di leggerezza e divertimento. Questo libro mi ha donato paesaggi, voci, odori, musica e una bella compagnia.
E mi ha donato LEONOR, che pur così lontana nel tempo ho percepito in tutta la sua modernità! Donna illuminata, intelligente, colta, coraggiosa a oltranza, ma anche sfortunata e ferita; nonostante la sua grandezza ci mostra la sua sofferenza e la sua umanità, ci mostra il dolore dal quale si rialza grazie alla forza della sua arma più potente, la penna, risorgendo dalle sue ceneri come una fenice.
Nel salutarla per sempre leggendo l’ultima pagina del libro, mi piace ricordarla nell’immagine di lei bambina: l’ultima sera a Roma, prima di partire, con tutta la sua curiosità verso la vita e il futuro… quando pensò che “a Napoli esisteva un re, chissà che faccia aveva” … ma papai le aveva detto: “il nuovo re è un bambino” … e allora allegramente si disse che le sarebbe piaciuto correre con questo bambino re per un giardino… O giocare a volano… Lo immaginò con una corona di latta dorata in testa, che gli traballava e poi gli cadeva in terra con rumore. “E tutti e due scoppiarono a ridere, fragorosamente”
Donatella Palli
Era da tempo che volevo leggerlo e sono contenta di averlo proposto per la condivisa di settembre.
Il resto di niente di Enzo Striano è un romanzo storico bellissimo, così intenso e ricco da coinvolgere il lettore in modo completo. Ogni singola pagina è così densa e piena di suggestioni da richiedere un approfondimento. La vita di Eleonora de Fonseca e di tutta la società che le gravita intorno, la politica, la poesia, le tante anime che credettero nella capacità salvifica della Rivoluzione francese realizzando una Repubblica Napoletana animata da grandi ideali che non riuscì nel suo intento di educare le masse, i lazzari, le donne misere dei vicoli sfiancate dalle tante gravidanze.
Credo che i napoletani abbiano potuto apprezzare meglio le bellissime descrizioni della città ma il quadro d’insieme è stupendo. Certo è un libro di spessore che va letto a piccole dosi e può sembrare pesante in alcuni passi ma oltre a Lenor e ai suoi amici emerge l’estrema vitalità delle città di Napoli, con i lazzari che tornano accaldati da una giornata di mare e vanno a godersi lo spettacolo del patibolo. Striano, profondo conoscitore del periodo, ha ridato vita alla figura di Eleonora Pimentel de Fonseca in tutta la sua grandezza di donna colta e antesignana di una consapevolezza che va oltre la sua epoca eppure amata e rispettata dai suoi simili. Quest’anno ho letto un altro bellissimo romanzo di un napoletano, La vera storia di Martia Basile di Maurizio Ponticello. Che grandi autori!!
Costanza Marzucchi
Non ho mai letto i libri di questo autore e personalmente conoscevo poco il personaggio di Eleonora Fonseca Pimentel. Questo romanzo, di conseguenza, si è rivelato una vera e propria scoperta, sotto ogni punto di vista. “Il resto di niente” è la storia romanzata di questo straordinario personaggio ma occorre dire che dietro Eleonora Fonseca Pimentel c’è un’altra protagonista che merita di essere ricordata: la città di Napoli di Ferdinando e Carolina, con il suo caos apparente e le sue infinite contraddizioni che rendono la città dinamica e statica allo stesso tempo. La vita di Eleonora si muove nei meandri di questa capitale, che diventa la sua patria. Confesso che non è stata una lettura semplice. Nella narrazione convivono il dialetto napoletano, il portoghese, il francese e il tedesco, che creano una vera e propria babele linguistica, una scelta che ho apprezzato ma che ha reso la lettura ostica in più occasioni. Malgrado ciò, il libro merita sicuramente perché dimostra la grande maestria dell’autore nel ricostruire le atmosfere e gli umori di una città difficilmente descrivibile come Napoli. Raccontare Napoli, racchiuderla nello spazio narrativo, è quasi impossibile. Enzo Striano ci riesce, costruendo una prosa raffinata e complessa che da sola rappresenta una valida ragione per leggere questo romanzo.
Eliana Corrado
Per me si è trattato di una rilettura. Dopo più di 20 anni torno a questo libro che per me è una pietra miliare della letteratura e della Storia, in particolare della Storia di Napoli. La protagonista sembrerebbe essere Eleonora Fonseca Pimentel, una giovane nobile di origine portoghese che approda a Napoli negli anni precedenti alla rivoluzione del 1799 e quell’aria respira, di Napoli, dei suoi contrasti, della sua cultura, della sua fervida vita intellettuale – fatta di un mix di culture e di idiomi, francese in primis, si nutre e ci cresce. Se da un lato resta sempre lontana dai lazzari, di cui non sposa la mentalità fatta di superstizione, dall’altro guarda a essi con la voglia e la consapevolezza che possono essere “educati”. Sposerà, invece, la causa rivoluzionaria, che a sua volta era cresciuta all’ombra di quella francese, e di quella rivoluzione napoletana ne resterà vittima.
Ma se questa donna, con la sua storia sicuramente importante, potrebbe sembrare l’unica protagonista del libro, in realtà, a mio avviso, la protagonista vera del libro di Striano è la città di Napoli, città della quale lo scrittore non nasconde nulla, anzi, la mette in mostra a 360°, ne l’idioma (nell’uso abbondante, ma azzeccato, del dialetto), i colori, i profumi (e gli olezzi), la profonda dicotomia da sempre esistita tra plebe e gente benestante, e di questi due strati sociali ne fa un affresco in ogni dove, li rappresenta nei vari personaggi (come la serva di Lenòr e i vari intellettuali), nelle loro diversissime mentalità, aspirazioni, incapacità. E per questo “Il resto di niente” è il romanzo che più di tutti fa capire Napoli (a chi la vuole capire), fa comprendere retaggi che, per fortuna e purtroppo, si sono incistati nel tessuto sociale, politico e geografico di una città ostile al Regno, ma incapace di costruire una vera Rivoluzione, una Repubblica che duri nel tempo, troppo infiammati dalla pancia e dal fuoco tutto partenopeo, e poco dalla testa; che non trova una giusta commistione tra le due…
“Il resto di niente” è un vero capolavoro!
Martina Sartor
Un romanzo molto complesso, ricco di personaggi, spunti storici, riferimenti da sviscerare, descrizioni minuziose di luoghi e persone. Ricco anche nel linguaggio. Striano non esita ad usare più lingue, dal portoghese, al francese, al napoletano, per far parlare e rendere più vividi i suoi personaggi: con il francese non ho avuto problemi, né col portoghese di cui ho un’infarinatura sufficiente, ma col napoletano spesso mi sono trovata in difficoltà.
Il grande pregio di questo libro è stato farmi conoscere una donna, un personaggio di cui non avevo mai sentito parlare: Lenor Fonseca. E un avvenimento storico, la Repubblica partenopea, a me quasi sconosciuto.
Luigia Amico
Mi spiace ma io non sono riuscita a finirlo. I capitoli letti sono stati per me pesanti e abbastanza noiosi. I dialoghi in lingua francese mi hanno messo in difficoltà ma è la storia in sé che proprio non mi ha preso. Forse non era il momento giusto per affrontare una lettura sicuramente particolare, ho preferito lasciare piuttosto che andare avanti e leggere con disattenzione e noia.
Natascia Tieri
Arriva la pecora nera: perdonate il mio sincero e personale parere ma non riesco ad essere falsa.
Ho avuto difficoltà a leggere il libro: pesante dall’inizio, troppo descrittivo soprattutto nella parte iniziale e non sono riuscita a leggere la parte francese, lingua che, personalmente, non apprezzo (preferisco altre lingue). In poche parole, ho trovato il libro piuttosto noioso
Valentina Ferrari
Una bellissima scoperta questo romanzo. Notevole lo stile di scrittura dell’autore, particolare e molto ben riuscita la scelta di mescolare idiomi diversi, dal portoghese, al francese al dialetto napoletano, scelta che dà verosimiglianza alle sequenze dialogate e ai personaggi che, alla fine del Settecento e in quegli ambienti, si esprimevano proprio così. Ricostruzione del contesto storico magistrale: finalmente credo di avere capito perfettamente che cosa fu la Repubblica napoletana, quali ideali e valori, quali uomini e donne la fondarono e animarono. Ottima anche la ricostruzione del sostrato culturale della Rivoluzione del 1799: l’illuminismo napoletano e i suoi protagonisti. Interessantissimo scoprire il ruolo che alcune donne, come la protagonista Lenor, ricoprirono, per esempio il suo fondamentale contributo alla pubblicazione del Monitore napoletano. Stupende e poetiche le descrizioni degli ambienti e dei personaggi della Napoli del tempo: vivide, vere, fotografiche! Una delle letture più belle che ho fatto negli ultimi anni: grazie a Roberto per averla proposta e a tutti i lettori della condivisa per aver pubblicato approfondimenti storici e considerazioni personali.
Raffaellina Di Palma
Nel febbraio 1778 si unì in matrimonio con Pasquale Tria de Solis. Nello stesso anno ebbe un figlio che morì otto mesi dopo e resterà l’unico a causa dei maltrattamenti che subì dal marito. Lei è la marchesa Eleonora de Fonseca Pimentel, la protagonista del romanzo di Enzo Striano, “Il Resto di Niente”. Enzo Striano, descrive la mentalità e il clima dell’epoca anche attraverso le esperienze di vita e dell’infelice matrimonio della giovane Lenor, data in sposa a un uomo rozzo, violento e manesco. Pur di posizione elevata, infatti, era un capitano dell’esercito, (14° Reggimento Sannio), esso rappresentava il simbolo di vita e di pensiero più nefasti di quell’epoca: poiché era una normale prassi trattare una donna come un oggetto di proprietà e usarla a piacimento; una condizione, questa, perdurata nei secoli. Ma Eleonora era molto avanti per i tempi in cui viveva, la sua profonda cultura la rendeva conscia che esistevano altri modi di pensare per definire una identità personale, per vivere autonomamente la propria esistenza, sia moralmente che materialmente: soprattutto per una donna. Le sue battaglie più forti furono proprio quelle che fece per liberare le donne da quelle catene, per favorire la loro alfabetizzazione. Eppure, quando fu arrestata, insieme con i suoi amici, lungo il tragitto verso le carceri, fu denigrata e offesa proprio da quelle donne che lei aveva difeso strenuamente. Il periodo storico di quel fine 1700 è poco conosciuto alle gande pubblico, quello della nascita nel nostro paese, in piena monarchia, di una società alla deriva reazionaria, originata dai venti rivoluzionari napoleonici: si potrebbe descrivere come la prima repubblica socialista; una repubblica liberale, democratica, alla quale aderirono con entusiasmo gli intellettuali più importanti della città di Napoli, in effetti ne furono gli artefici. Furono loro, gli “istruiti”, coloro che crearono i presupposti e con i loro scritti e con le loro idee favorirono l’avvento, in piena aristocrazia, di un evento tanto appassionante quanto breve, dell’ordine di pochi mesi, tanto durò la Repubblica Napoletana e fu un solenne fallimento della filosofia e della civiltà. L’interesse di Eleonora puntava sempre e soltanto a una possibile rieducazione pubblica e civile dei lazzari i quali vivevano per strada, privi di governo, privi di una vera e propria integrazione con la società napoletana e questo creò una insanabile frattura di ideali in un popolo diviso, che rievoca in un certo qual modo, una società a noi molto vicina. “Il Resto di Niente ” non è una lettura facile, ma lo stile di scrittura arguto, rapido e multilinguistico, arricchito da frasi in francese, spagnolo, napoletano, aiuta a definire quella realtà eterogenea e intricata che è la Napoli che viene implicata, esplicitamente o implicitamente, in avvenimenti storici con la sfrenata voglia di mutare il mondo. Questo libro è chiarificatore per chi vuole conoscere Napoli e la sua storia e capire le radici profonde e dei suoi “indomabili” problemi sociali.
Antonella Giuffrida
Alla fine del libro un velo di tristezza mi assale.
Nel mio cuore avrei desiderato una conclusione diversa!
Lenor: giornalista, colta, matura, responsabile, orgogliosa, rivoluzionaria.
Il libro ha alternato parti scorrevoli e coinvolgenti a parti statiche e, a volte, dispersive.
In ogni caso un romanzo da leggere per conoscere a fondo la storia di Lenor, una delle tante donne che hanno desiderato la libertà, l’uguaglianza… sulla scia francese.
Una donna che ha attuato la rivoluzione attraverso la sua penna, le sue parole, attraverso la cultura e il suo giornale.
Una donna con una ideologia ben precisa: un esempio per tutti, in questo nostro momento storico in cui è difficile trovare persone che portano avanti i propri ideali, sempre e nonostante tutto. Lenor porta avanti le sue idee sapendo a cosa va incontro.
Grazie a Enzo Striano per aver messo alla luce un personaggio così eclettico, profondo e da portare come esempio. Mai abbattersi ma lottare, andare avanti!
E poi la storia di Napoli durante la rivoluzione, le strade di Napoli: ho fatto un viaggio virtuale lungo via Toledo, via Caracciolo….usi, costumi, profumi, musica, cucina e tutto ciò che di bello offre questa storica e meravigliosa città.
Insomma, questa lettura condivisa ha arricchito di storia, di arte ma anche spiritualmente.
Un poco pesante… ma ne è valsa la pena!
Maria Bellus
Sicuramente un ottimo romanzo storico con due protagonisti principali Napoli e Leonor .
Napoli è descritta in modo superbo sembra di camminare per le sue strade insieme ai napoletani con il loro folclore. Leonor ci accompagna attraverso lo scorrere della sua vita con i suoi dolori, i suoi amori e le sue idee rivoluzionarie.
Una bella trama ma ho avuto non poche difficoltà a finire il romanzo per me ci sono troppi dialoghi in francese e napoletano che hanno rallentato la lettura non riuscendo facilmente a capirne il senso.
Giovanni Nocella
Il romanzo ricostruisce la vita di uno dei personaggi più emblematici di quella che è stata la Repubblica Napoletana del 1799.
Striano lo fa a modo suo, con una prosa diretta, a volte stringata nelle sue espressioni, mescolando la lingua italiana con espressioni in portoghese e francese, ma soprattutto in napoletano. Un testo a volte difficile da seguire, che chiede attenzione, ma che apre uno sguardo profondo sulla Napoli dell’epoca, soprattutto a chi non la conosce.
La narrazione segue essenzialmente il punto di vista della protagonista delineandone sentimenti, paure, angosce fra cui emergono un profondo orgoglio di appartenenza, l’intima disperata consapevolezza del ruolo riservato alla donna in quell’epoca, la sua voglia di ribellione e soprattutto il suo amore per la città che l’ha ospitata, nel bene e nel male. La sua figura viene esaltata dalla sua semplicità, dal suo modo di soffrire e rinnovarsi continuo che la fa apparire una di noi, fino al suo inconscio ed irrinunciabile eroismo.
Il protagonista di fondo di tutto il romanzo si rivela, però, a poco a poco, capitolo dopo capitolo: è il Popolo di Napoli, con le sue brutture e i suoi umori, le sue nefandezze e i suoi slanci. Striano ci svela quella filosofia di vita che lo permea da sempre, ancor oggi: quei vivi e lascia vivere, quel tira a campà che l’autore sintetizza nel titolo e ricorda più volte nel testo: “il resto di niente”.
Roberto Orsi
Un romanzo molto particolare. La storia e l’ambientazione sono meravigliose, c’è poco da dire. Il periodo della Repubblica di Napoli è stato una scoperta per me. Non lo avevo mai affrontato nei tanti romanzi storici letti, almeno non in questi termini. Il racconto di vita della protagonista permette a Enzo Striano di riportare un’intera stagione, un periodo incredibile di stravolgimenti, in Italia e non solo. A partire dalla Rivoluzione Francese e dai suoi sospiri che giungono nella città di Napoli con le sue contraddizioni e le sue pulsioni più intime. Alta borghesia, circoli culturali, digressioni filosofiche, si scontrano con il mondo dei lazzari, quel mondo più povero che vive di espedienti. Eleonora, li vive entrambi, il suo racconto fa da trait d’union tra i due.
La scrittura di Striano è evocativa, particolare, non è fluida, bisogna entrare nella sua musicalità e farla propria mentre si procede nella lettura. Ecco che ne deriva una certa difficoltà, nei passaggi in dialetto napoletano stretto, in lingua portoghese o francese. Ammetto di essere andato a “senso” e “istinto” in talune situazioni, cercando di comprendere il contesto più ampio possibile e lasciandomi trasportare dagli eventi.
Ho apprezzato, per gusto personale, maggiormente la seconda parte; dal momento dello scoppio della rivoluzione e dell’arrivo dei francesi in sud Italia. L’esperienza della Repubblica, l’aria di libertà e rinnovamento che si respira nelle riunioni dei protagonisti e nei loro profondi dialoghi.
Un punto di favore le descrizioni meravigliose dei luoghi, sia interni che esterni. La città di Napoli vive all’interno di questo romanzo, non poi tanto lontana da quella che è oggi.
Matilde Titone
Un libro non facile, per diversi motivi, tra i quali la lingua o meglio l’utilizzo di lingue diverse, dal francese al portoghese al napoletano, a volte non proprio comprensibili, sia per la rapidità con cui cambia le scene, sembra di stare a teatro e mentre assapori una scena si chiudono le quinte e ne arriva un’altra. A tratti mi sono persa, ed è stata una rilettura, perché lo avevo letto tanti anni fa, ma ero una ragazza. Forse l’ho capito e amato di più in questa seconda lettura. Striano è uno scrittore molto particolare, chi lo conosce sa che anche gli altri suoi libri non sono di facile lettura, forse non vuole essere letto facilmente, è un modus scribendi anche questo. L’uso di tempi diversi nello stesso periodo per dare alla narrazione ritmo, come fosse una musica, sale, scende, riprende, si appiattisce e poi si impenna. Così ci si dipana Napoli in tutta la sua magnificenza nel bene e nel male, ci appare la nobiltà partenopea, borbonica e austroungarica, le idee rivoluzionarie che circolano e piano piano prendono piede in quel circolo di illuminati dove Lenor si colloca con posizioni di primo piano, per una donna di quei tempi. Senza entrare nella storia che tutti abbiamo letto, il libro è come un quadro, a tratti di Salvator Rosa a tratti caravaggesco, a tinte forti, scure, pieni di ombre e a tratti limpido e intriso della bellezza di Napoli del Vesuvio e del suo mare. Confesso ho fatto un po’ di fatica, mai quanta ne feci con il libro della Bellonci, ma faticoso e a volte eccessivamente descrittivo, ma ne consiglierei la lettura senza ombra di dubbio. La Repubblica napoletana è un tratto di storia molto breve ma estremamente interessante per capire quello che poi fu l’annessione del regno delle due Sicilie all’Italia, per capire le ragioni dei neoborbonici le ragioni dei fautori dell’Unità d’Italia. Tanti gangli fondamentali si intrecciano proprio in quel momento e con Re Ferdinando e Maria Carolina, con gli Inglesi sempre pronti a mettere le mani in pasta, I lazzari, i Sanfesdisti, i difensori del Re a tutti i costi, chissà poi perché, forse per quello strano legame che si crea tra carceriere e vittima. Interessante è il colloquio cui Lenor assiste tra Primicerio, mi pare, e un lazzaro per le strade di Napoli. Colpisce come Striano sia entrato dentro il personaggio femminile, sentendone anche i battiti del cuore, e dove si rivela il grande scrittore è proprio lì, quando entra in un personaggio lo fa suo, inventa molto probabilmente le emozioni ma senza essere fuori luogo, ridicolo o chiaramente falso. Bel libro, proprio un gran bel libro. Un vero romanzo storico.
Ivana Tomasetti
È difficile parlare di trama: stiamo leggendo un affresco che si dipana e che mostra la voce di un’epoca come si dice nell’introduzione. In primo piano la vita di Eleonora Fonseca Pimentel e sullo sfondo che diventa talvolta più importante della protagonista, una Napoli invadente e degradata, che per questo viene amata e difesa dalla nostra eroina che napoletana non è, ma che vive il suo impegno civile. “Si battevano per la patria… è così bello che un uomo abbia una patria da amare su ogni cosa fino al punto da morire per essa…” (parte 1 cap. 4) I personaggi sono pieni di filosofia e di illuminismo: nei salotti i loro discorsi ne sono intrisi… pensano a come liberare la città dal governo del re, non si accorgono che i lazzari sono una popolazione che vive in un mondo a parte, in cui nessuno può entrare e che non comprendono le finezze della libertà, perché si accontentano di ciò che hanno, il resto di niente. Anche la protagonista sembra essere sospinta dagli avvenimenti, dalle persone che incontra. Non è una trascinatrice di folle, declama poesie davanti al re prima di trovarsi dalla parte opposta. Che cosa resterà di lei si chiede lo scrittore, come se fosse nella sua testa, il resto di niente. Il lettore invece non può essere d’accordo con questa visione gotica della città, dei cittadini (sudditi), dei nobili. Si domanda se dietro questa apparenza non si nascondano veri sentimenti di rivoluzione che la Napoli ostentatamente orrenda ci vuole nascondere. La forza dell’originalità del romanzo sta nella sua provocazione: l’uso quasi continuo della parlata napoletana mette in difficoltà un lettore non esperto, vi sono dialoghi in francese, in portoghese, accenni all’inglese… La diversità delle lingue sottintende diversità di linguaggi che rendono realistici i personaggi, ma non aprono la porta al lettore. Un vocabolario ricercato e spesso aulico fa sì che la lettura debba essere masticata. Migliore l’ultima parte che raccoglie i pensieri di Eleonora e anche quelli dello scrittore. L’uso del tempo presente rende il ritmo narrativo incalzante.
Ho trovato frasi molto attuali:
“Ricordati che quand’uno entra a far parte di un’organizzazione… come individuo è finito…” (parte 4 cap.2)
“nessuno di noi ha realizzato il bene proprio, allora ci occupiamo di quello altrui. È assai più facile, più comodo…” (parte 4 cap. 3)
Ne consiglio la lettura. Se ne possono ricavare riflessioni e approfondimenti storici.
Laura Pitzalis
Un libro spettacolare, un autore, Enzo Striano, pazzesco. Un romanzo che ci guida in un panorama storico e sociale interessantissimo, rendendo giustizia a una delle intellettuali più rilevanti del Settecento europeo, Eleonora de Fonseca de Pimentel, raccontando la sua vita dall’adolescenza sino alla sua drammatica conclusione nel 1799, facendone emergere la cultura, la passione e la forza battagliera di cambiare un mondo sbagliato. Una grande protagonista di un periodo storico-politico, che portò alla fondazione della Repubblica Napoletana e all’inizio di una bellissima utopia, alla quale non si è dato molto risalto, destino questo che l’accomuna a Striano, semisconosciuto fino alla pubblicazione di questo romanzo, un anno prima della sua morte.
Ma attenzione, non è una biografia né un inno alla protagonista ma molto di più, perché c’è un’altra protagonista principale nel romanzo: la città di Napoli, con il suo Vesuvio e il suo splendente mare in cui tutto si riordina e si calma. Striano riesce in modo geniale a intrecciare gli elementi biografici della vita di Lenòr con un’analisi che entra nel profondo di una Napoli del ‘700: un’immagine valida oltre il periodo e su cui ci fa riflettere.
L’incontro – scontro tra questi due protagonisti, Lenòr con i suoi intellettuali e il popolo napoletano con i suoi lazzari e le sue tradizioni, è la vera essenza, il vero nocciolo di questo romanzo.
Da una parte prima l’idea, sull’onda delle emozioni trasmesse dalla Rivoluzione francese, poi la proclamazione di una Repubblica Napoletana, che potremo definire la prima “repubblica socialista”, alla quale aderirono entusiasti il fior fiore degli intellettuali locali, che in verità ne furono gli artefici. Cosa insolita per quei tempi, dove le rivoluzioni le faceva il popolo, a Napoli furono loro, i nobili, gli intellettuali, gli istruiti, i pensatori di larghe vedute, coloro che prepararono il terreno.
Il popolo napoletano, sferzato dalla povertà, dall’ignoranza, dalle malattie, sottomesso ai nobili, ai potenti, agli ecclesiastici, non vuole la Repubblica, non vuole la libertà perché è scomoda, è difficile da gestire e perché significherebbe rinunciare alla protezione del Re che permette loro di continuare a vivere così come viene, alla giornata: nessuno, nulla può modificare il corso delle cose. Come dice Don Vincenzo/Pulcinella: “ca ll’uommene se credono de fa’ chesto, de fa’ chello, de cagna’ lo munno, ma non è vero niente. Le cose cambiano faccia, non sostanza: vanno sempre comme hanno da ì. Comme vo’ lo Padrone”. Così deve andare, tu non ce puoi fa niente. Il resto di niente.
Striano era un giornalista e questo suo romanzo ha il “taglio” di una cronaca, realistico, appassionante, sincero. Un libro scritto con stile e forma originali, che lo rende un po’ impegnativo e in apparenza non di facile lettura per i molti termini desueti e per uno stile di scrittura multiforme e multilinguistico, corredato di frasi in francese, spagnolo, portoghese e dalle colorite espressioni dialettali. Confesso che in effetti anch’io ho avuto una momentanea confusione iniziale ma poi sono impazzita per questa scrittura “striana” che mi ha catturato in toto.
Come sono rimasta affascinata dall’abilità descrittiva di Striano, descrizioni accurate di una Napoli dai due volti: quella ricca, nobile, istruita, con il suo maestoso Vesuvio, gli eleganti edifici che si affacciano sul golfo, le colline del Vomero, Posillipo, il porticciolo di Mergellina. E quella ignorante, sporca, con il suo rigagnolo melmoso e puzzolente, i vicoletti stretti e mal odoranti. Un caleidoscopio di mercati affollati, nobili in carrozza, laboriosi bottegai, lazzari, i veri padroni, che scorrazzano spensierati da una parte all’altra, feste di piazza e feste di corte, gente brulicante per strade, vicoli, piazze che ride, mangia, prende il fresco, vive. E noi lettori siamo immersi talmente tanto in questa atmosfera che diventiamo componenti stessi della narrazione vivendola con tutti e cinque i sensi.
Un piccolo capolavoro con un finale che ritengo essere di una sublimità infinita con Eleonora sul patibolo che
“Alza gli occhi, verso il mare, che s’è fatto celeste tenero. Come il cielo, come il Vesuvio grande e indifferente. Un piccolo sospiro di rimpianto. Non osa chiedere: vorrebbe, però. Ritrovarli tutti nell’abbraccio di Dio sarebbe bello. Così, invece, che rimane? Niente. Il resto di niente.”
Isabella Novelli
Un libro bellissimo e appassionante nella sua narrazione. La storia di una donna colta e moderna sotto tutti i punti di vista. Una donna con una vita travagliata ,costellata di tragedie (tra le quali il carcere e la perdita di un figlio in tenera età). Lenor affronta tutto con coraggio, attorniata da amici che condividono con lei le difficili scelte politiche e rivoluzionarie atte a cambiare per sempre il volto della sua città d’adozione, Napoli.
In una città di cui si sentono odori e sapori, si scandaglia ogni angolo, Lenor compie la sua rivoluzione che avrà un tragico epilogo. E’ stata una lettura intensa, che mi ha coinvolto tantissimo, talvolta con qualche difficoltà data dalle frasi in dialetto ed in francese, ma senza dubbio interessante per come restituisce le vicende e le varie contraddizioni dell’epoca. Un libro assolutamente da leggere per il suo modo particolare di narrare la Storia e di restituirla sulla carta in maniera unica ed emozionante.
Daniele Chiari
Il resto di niente è un romanzo corale, un vero romanzo storico, pienissimo di spunti e stimoli per approfondimenti e ricerche sugli argomenti più svariati.
Il racconto della vita di Eleonor Pimentel Fonseca, interessantissima figura dell’universo femminile del 1700, nobile con una grande passione politica e visione straordinariamente aperta e moderna dei diritti umani, è il filo conduttore di mille scorci su musica, letteratura, moda, costumi.
Ho trovato particolarmente accurata e coinvolgente la prima parte del romanzo, con la descrizione perfetta di Roma nel 1700, capace di trasmettere immagini e persino odori della vita quotidiana della gente comune, nonché il viaggio della protagonista da Roma a Napoli, con il suo stupore all’arrivo e i goffi tentativi di comprendere e riuscire a formulare le espressioni più tipiche del gergo dialettale partenopeo.
Bellissima e commovente anche la parte finale del libro, con la nascita e il rapido declino della Repubblica Napoletana, ricca di descrizioni sul clima caotico e i tumulti di popolo, anche in questo caso piena di stimolanti rimandi alla stretta attualità.
Da sottolineare anche la scrittura elegante e originale, con dialoghi in portoghese, francese, inglese, romano e soprattutto napoletano (che, attenzione, non è un dialetto ma una lingua!).
Sullo sfondo la città di Napoli, con i suoi colori, i suoi suoni e i suoi profumi, la gente del popolo, i préveti, i lazzari, i nobili, e le mille espressioni della saggezza popolare che fanno parte della nostra cultura e rimangono scolpiti indelebilmente nei fortunati lettori.
Giudizio complessivo: ottimo.
Fabiana Del Bianco
Un libro per me mediocre, molto belli le descrizioni ma un racconto che non mi ha affascinato, non mi ha preso insomma.
Maria Marques
Eleonora Pimentel de Fonseca è un personaggio poco noto della storia, una di quelle persone della cui esistenza si conosce più che altro il nome senza saperla collocare fisicamente in un luogo né attribuire una particolare caratteristica, passandola sotto il termine di “intellettuale” e meno che mai conoscerne la vicenda umana con la drammatica fine. Il romanzo di Enzo Striano ricostruisce Eleonora nella sua possibile vita non pubblica, dalla infanzia a Roma sino al suo trasferimento a Napoli, città che le entrerà nel cuore e non abbandonerà mai. Donna intelligente,colta scrive versi e legge gli autori più importanti del suo tempo, frequentando i salotti dove si aggirano Cimarosa, Genovesi, Filangieri e intrattiene una corrispondenza con il poeta Metastasio. La vicenda personale la vede figlia devota e poi sposa a un uomo che non potrebbe mai essere più lontano da lei finchè non riesce a liberarsene. In questo suo momento di libertà, vive con entusiasmo gli eventi che stanno avvenendo in Francia, condividendo con altri nobili e borghesi napoletani l’idea di cambiare il regno. Il loro sogno sarà quello di creare una Repubblica che avrà breve vita, pagando in prima persona la reazione del sovrano.
Striano descrive la vicenda umana di Eleonora e la colloca nella sua Napoli, che irrompe dalle pagine, inondando il lettore con il sole caldo, i rumori , i mercati e la gente. Una Napoli antica, vecchia, arroccata nelle sue tradizioni, nella ignoranza, che non comprende la parola libertà, e soprattutto non la vuole perché difficile da gestire.
Romanzo di non facile approccio e lettura, almeno per le prime pagine, successivamente poco per volta ci si abitua allo stile personalissimo di Striano, al suo vocabolario ricercato, aulico e le pagine fluiscono abbastanza rapidamente. Il romanzo presenta un utilizzo molto ampio del dialetto napoletano e del francese oltreché di intercalari in portoghese, lingua d’origine della protagonista e questo, limite mio lo riconosco, non mi è piaciuto.
Difficile poter affermare che il romanzo mi abbia coinvolto e emozionato. Le pagine finali hanno un crescendo emotivo splendido, maggiormente sentito per la sorte che accomunò il gruppo di cui faceva parte Eleonora, che non ho riscontrato nella parte precedente. Un romanzo, il cui titolo magnificamente esprime quella rassegnazione e desiderio di non cambiamento che spesso ci coglie. “Tu non ce può fa’ niente. Il resto di niente”.
Anna Maria Viola
Una lettura non semplice, almeno per me: ho iniziato con entusiasmo ma non sono subito “entrata” nella storia. Mi ha preso a poco a poco. Non conoscevo queste vicende storiche né la protagonista e quindi sono contenta di aver letto questo libro, che regala anche un mirabile affresco di Napoli. Avrei desiderato un finale diverso ma la Storia non si può cambiare. “Non osa chiedere: vorrebbe però…” Che resta da dire? Nulla, anzi il resto di niente. Grazie a chi ha proposto questa lettura
Patrizia Cafarelli
Sono ancora in lettura ma non posso che applaudire la scelta… romanzo avvincente, scritto benissimo , “vivadio” una buona lettura!
Fabiola Madaro
Purtroppo non sono riuscita a terminare in tempo la lettura, a causa dei molti impegni e della lettura un po’ impegnativa. Il personaggio di Eleonora non lo conoscevo affatto, ma proseguirò con la lettura per conoscerla perché mi sta affascinando lei e tutto il contorno del romanzo. Un’ambientazione davvero bella. Al momento non posso dire di più e mi dispiace.
Trama
Portoghese di origine ma napoletana d’adozione, Eleonora de Fonseca Pimentel fu poetessa, scrittrice e una delle prime donne giornaliste in Europa. Amica di intellettuali e rivoluzionari, da Vincenzo Cuoco a Guglielmo Pepe, ebbe un ruolo di primo piano negli sfortunati moti partenopei del 1799. “Il resto di niente” indaga con straordinaria forza evocativa e con rigore da storico la sua parabola di donna e di rivoluzionaria: l’impegno politico, ma anche il matrimonio infelice, la scomparsa prematura dell’unico figlio, gli amori di gioventù e quelli della maturità, la fede, l’amicizia, le passioni, fino alla tragica fine. A far da sfondo all’incredibile avventura intellettuale di Eleonora c’è un’intera città, la Napoli di fine Settecento.