Recensione a cura di Maria Marques
“Ma di questo è fatta la vita: perdite, assenze, vuoti incolmabili, rimpianti, solitudini”.
La morte arriva dal mare, scende irruenta dalle galee, sconvolge i paesi dell’Elba, devastando, depredando e uccidendo. Questo scopre Lucero assistendo impaurito e impotente allo sbarco dei corsari turchi del comandante “Barbarossa”, su una spiaggia.
Al termine dell’incursione, per Lucero non ci sarà più nulla. La casa poche pietre arroccate e annerite dall’incendio in cui è perita la madre, la sorella Angiolina rapita dai turchi e, soprattutto, il ragazzino deve fare i conti con la coscienza di non aver saputo proteggere chi amava. Da quel momento Lucero, devastato dal dolore e arso da una brama di vendetta, amplierà i suoi orizzonti.
L’Elba è un puntino in mezzo al mare, per arrivare “al suo nemico” deve lasciarla, nulla più lo trattiene e, soprattutto, deve imparare a difendersi e ad attaccare. È il 1544 e il ragazzo dopo aver appreso i primi rudimenti dell’arte del duello in cui dimostra di essere un diamante grezzo, raggiungerà Bologna e la scuola del maestro d’armi, Achille Marozzo. Divenuto un eccellente spadaccino, Lucero si metterà al servizio di chi gli offrirà l’opportunità di scontrarsi, in qualunque modo con i turchi. L’elbano errante è dapprima un ragazzo, poi un uomo che, per circa trentacinque anni, percorrerà infaticabile gran parte dell’Italia, dell’Europa e, quasi la geografia conosciuta non fosse in grado di contenerlo, anche il Nuovo Mondo con le foreste lussureggianti, facendo tesoro delle sue mille avventure e delle persone che incontrerà.
Lucero si muoverà tra gente comune vessata dai soprusi, battaglie che lasceranno tracce indelebili sul suo corpo, una trama di cicatrici che si aggiungerà a quella più nascosta nel cuore; le sale della corte di Cosimo I a Firenze, il palazzo di Marcantonio Colonna a Roma, risuoneranno dei suoi passi. La bellezza del golfo di Napoli, dove conoscerà Miguel de Cervantes, lascerà spazio all’assolata Spagna su cui la Santa Inquisizione stende la sua cappa di orrore con i roghi dei Quemaderos e poi il Nuovo Mondo devastato dai Conquistadores, dove vescovi, isolati e illuminati, cercano di preservarne la cultura e le genti. L’animo di Lucero si riempirà di orrore e di poesia, di domande e dubbi.
Lucero è un assassino. Nulla può negare questa sua attività, questo suo essere al soldo di qualcuno, quel suo accumulare denaro che deposita in un banco genovese. Ombra e luce, quasi fossero la sua stessa natura, ma in quel suo essere figlio di un secolo in cui si combatteva, in cui le spade si sguainavano facilmente, Lucero ha un codice di comportamento che lo guida in ogni sua azione, un codice in cui il bene non sempre corrisponde a quello che ci si aspetterebbe ma, che risponde invece a un dovere morale. Dove è impossibile fermare il mondo, si può intervenire sempre a favore di qualcuno, una goccia in un mare, che calma l’animo inquieto e sconvolto e fa riaffiorare i ricordi più dolci, conservati con cura e con devozione.
L’elbano errante, Lucero, percorre sospinto dal destino innumerevoli strade, ma la vendetta lo guida sempre anche là, dove sembra che per l’amore di una donna, l’abbia messa in secondo piano. Un sentimento che distrugge, che lascia poco spazio al costruirsi un’esistenza
“La vendetta è un’ossessione che si nutre di sé stessa, ignora i mutamenti costanti della realtà e sugge linfa dalla memoria degli eventi che l’hanno ingenerata. E’ un sentimento inesauribile, una passione malsana, impossibile da scalfire o incrinare. E’ cieca, insensibile e gelida…”.
Avaro di sentimenti ma sincero, sempre presente per gli amici fidati, Lucero troverà in Rodrigo, un capitano di ventura affascinante, un mentore e poi un compagno d’armi e in Miguel de Cervantes, l’autore del Don Chisciotte de la Mancia, un’anima affine cui porre a voce alta i dubbi che spesso attanagliano il suo animo. Un’intesa perfetta con un morello andaluso che lo accompagnerà in molte avventure, cui sceglie provocatoriamente di imporre il nome di Satanas e i libri, i moltissimi libri che riempiono le pause del suo agire, sono il mondo di Lucero. Battaglie famose, altre meno si alternano nelle pagine del romanzo da quella di Scannagallo del 1554, al celebre assedio di Malta del 1565, all’assedio di Szigetvar del 1566, alla battaglia di Lepanto del 1571, in tutte Lucero e i suoi amici si troveranno coinvolti, aiutandosi l’un l’altro anche quando parrebbe impossibile.
Se, non vi lascerete spaventare dalla mole del romanzo, vi troverete trasportati nel mondo di Lucero e di Angiolina. Angiolina o Aisha che, favorita del signore di Algeri, intelligentemente saprà costruirsi un ruolo in una corte, in cui sarà lei stessa il bersaglio contro cui scatenare le vendette. Le storie dei due fratelli si alternano, ma quella dedicata all’elbano errante è più corposa e fa da elemento di raccordo per quella che riguarda Angiolina. Si ritroveranno i due fratelli? Poco importa, lasciatemelo dire, perché durante la lettura si rimane travolti e ammaliati dal personaggio di Lucero.
Dosando sapientemente le informazioni storiche, soprattutto all’inizio dei capitoli, Pino Cacucci, l’autore, dimostra una conoscenza vastissima del periodo storico sotteso al romanzo, scegliendo di concentrarsi specialmente sui rapporti e sugli scontri che coinvolsero gli stati europei e l’Impero Ottomano e, se utilizza qualche compromesso narrativo, è lui stesso a evidenziarlo nelle pagine di appendice al termine del romanzo.
Non vi resta quindi che abbandonarvi al flusso della Storia, magistralmente narrata da Cacucci e dopo un poco, forse, vi sentirete avvinti dalla narrazione e dai personaggi che, attraverso dialoghi perfetti svelano con poche parole, molto dell’epoca in cui vissero, inclusi i sogni e i sentimenti che continuiamo a condividere con loro, perché universali. “…Perché no Miguel? Non sarà una gran storia, ma tu poi metterci un po’ della tua fantasia, no?”.
Trama
Isola d’Elba, 1544. I corsari turchi, al comando di Khayr al-Din detto Barbarossa, sbarcano nottetempo su una spiaggia accanto a Longone – l’odierna Porto Azzurro – dove Lucero e sua sorella Angiolina si preparano alla pesca dei calamari. Lucero viene ferito, Angiolina rapita. Il mondo si apre, la storia comincia. Lucero, guidato da un indomabile sentimento di vendetta, si trasforma – anche grazie all’incontro con il capitano Rodrigo, compagno e mentore – in un “duellante imbattibile” e in un soldato di ventura. Angiolina entra nel talamo del Signore di Algeri: cambia nome in Aisha, dà un figlio al sovrano della città-stato corsara, e ne diventa la Favorita. Ignari l’uno dell’altra, l’Elbano errante e Aisha, la “puttana cristiana”, fanno mulinare spade, macchinazioni, sogni e avventure dentro il teatro del mondo. Per mari e per terre, Lucero si muove come se la sua vita fosse una continua frontiera, come se fosse travolto dalla fantasia di un Ariosto, fra la sua isola e Bologna, Firenze, Siviglia, Napoli, Malta, l’Ungheria, Venezia e, al di là dell’Oceano, la Nueva España, il Messico flagellato dai Conquistadores. Quando si arruola nei Tercios, la fanteria ispanica, incrocia il poco più che ventenne Miguel de Cervantes Saavedra, futuro autore del “Don Chisciotte”: forti del comune amore per i romanzi cavallereschi, avviano un’amicizia suggellata dalla partecipazione alla “battaglia delle battaglie”, a Lepanto. Giunge intanto notizia di Angiolina, viva, ad Algeri. È passata una vita, anzi sono passate molte vite, ma il finale è ancora tutto da scrivere. Pino Cacucci mette in moto una grande macchina narrativa che macina peripezie, storia, poesia, navi, armi, amori, condottieri, concubine, veleni, fedi religiose, battaglie, massacri e sentimenti, dipingendo un complesso affresco del secolo che chiamiamo “Rinascimento”. Come non mai si avverte la gioia sensuale del racconto, l’avvicendarsi maestoso di fantasia e realtà, di voci e personaggi. Tutto diventa sfida al tempo e – sintesi dello spirito del romanzo – avventura.